Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 291 c.c. permette di ridurre il divario di età previsto per l’adozione di maggiorenni

IL CASO. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 27/2017, rigettava il reclamo proposto avverso la sentenza del Tribunale di Modena che aveva a sua volta respinto la domanda di adozione della figlia maggiorenne della convivente del ricorrente, per mancanza del requisito legale dell’intervallo minimo di età tra adottante e adottato previsto dall’art. 291 c.c..

Avverso il provvedimento della Corte territoriale, i reclamanti proponevano ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. 

Col primo veniva denunciata la illegittimità costituzionale dell’art. 291 c.c. nella parte in cui - in violazione degli artt. 2, 3, 20 e 30 Cost. - non consente al giudice di derogare al limite dell’intervallo di età, con ciò determinando una disparità tra le normative sull’adozione dei minorenni e sull’adozione dei maggiorenni.

Col secondo, terzo e quarto motivo i ricorrenti denunciavano la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto per mancata disapplicazione dell’art. 291 c.c., l’omesso esame di un punto decisivo della controversia e, ancora, la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, stante la irragionevole disparità di trattamento tra maggiorenni e minorenni in materia di adozione.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7667/2020 depositata in data 27.2.2020, accolto il terzo motivo del ricorso, rigettato il primo ed assorbito il secondo, ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.

La Suprema Corte, richiamati i principi espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 89/1993, ha anzitutto affrontato la questione della legittimità costituzionale dell’art. 291 c.c., con riguardo all’asserita disparità di trattamento rispetto alla disciplina dell’adozione di minori, evidenziandone l’infondatezza. I due istituti, infatti, hanno struttura, funzione ed effetti diversi e ciò ne giustifica una differente disciplina che consente solo per il caso di adozione di minori il superamento del divario di età ordinariamente richiesto tra adottante e adottato. Inoltre, con riguardo agli altri profili di incostituzionalità sollevati dai ricorrenti, l’art. 291 c.c. risulta suscettibile di interpretazione conforme alle norme costituzionali.

Ciò detto, la Suprema Corte ha ritenuto che, nel caso in esame, il limite della differenza di età sussistente tra adottante e adottanda (che formano un nucleo familiare consolidato e compatto da circa un trentennio), appare “un ostacolo rilevante ed ingiustificato all’adozione dei maggiorenni, un’indebita ed anacronistica ingerenza dello Stato nell’assetto familiare in contrasto con l’art. 8 CEDU, interpretato nella sua accezione più ampia riguardo ai principi del rispetto della vita familiare e privata”. L’istituto dell’adozione di maggiorenni, infatti, negli ultimi decenni “ha perso la sua originaria connotazione diretta ad assicurare all’adottante la continuità della sua casata e del suo patrimonio, per assumere la funzione di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva ed identitaria, nonché di una storia personale, di adottante e adottando, con la finalità di strumento volto a consentire la formazione di famiglie tra soggetti che, seppur maggiorenni, sono tra loro legati da saldi vincoli personali, morali e civili”. 

Proprio il principio della tutela dell’unità familiare, garantita tanto dall’art. 30 Cost., quanto dall’art. 8 CEDU, consente allora di ritenere giustificata - da parte del giudice, e considerate le circostanze specifiche del singolo caso - una deroga alla previsione dell’art. 291 c.c..

E, dunque, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 291 c.c., legittimata dal “diritto vivente” consolidatosi sul punto, consente di superare un’interpretazione puramente letterale della norma, riducendo così il divario di età previsto dalla norma quale limite all’adozione, e di garantire “un riconoscimento formale che suggelli la consolidata comunione di affetti e di vita vissuta” a tutela di quelle situazioni familiari caratterizzate da una “comprovata affectio familiaris”.
 

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