Secondo il GT del Tribunale di Vercelli può disporsi l’inserimento del beneficiario di ADS in una residenza sanitaria assistenziale nonostante il suo dissenso

IL CASO. L’amministratore di sostegno di una signora di 83 anni, con un cospicuo patrimonio, ma in gravissime condizioni di precarietà e fragilità, che viveva in un piccolo appartamento di servizio rispetto alla propria abitazione occupata sine titulo dalla compagna del figlio deceduto, aveva proposto istanza al GT del Tribunale di Vercelli per ottenere il conferimento dei poteri finalizzati all’inserimento della beneficiaria in RSA.
La beneficiaria, infatti, pur avendo manifestato in più occasioni la sua disponibilità ad essere ricoverata in una struttura per non dover “pesare sugli altri”, in tempi più recenti e a seguito di un aggravamento della propria demenza senile, aveva palesato una decisa contrarietà al ricovero, senza dare alcuna spiegazione in merito al suo dissenso.
Per questo motivo, a seguito dell’istanza dell’amministratore di sostegno e alla luce anche degli esami peritali svolti sulla persona della beneficiaria, il GT si è recato, assieme all’amministratore, presso l’abitazione della signora. In tale occasione, era stato accertato che la beneficiaria trascorreva le sue giornate da sola, chiusa all’interno dell’abitazione (con una chiave probabilmente in possesso di terzi), essendo incapace di deambulare, priva di qualsiasi tipo di assistenza domiciliare e per l’assunzione dei medicinali che le erano stati prescritti.

LA DECISIONE. Il Giudice Tutelare del Tribunale di Vercelli, valutata la situazione della beneficiaria e ritenuta applicabile anche al caso dell’amministrazione di sostegno la disposizione dell’art. 358 c.c. in tema di tutela del minore, con decreto dell’8 marzo 2018, aveva deferito all’amministratore di sostegno “il potere di prestare, in nome e per conto della beneficiaria ex art. 405, comma 5, nr 3) c.c., il consenso all’immediato inserimento in una casa di cura e ricovero a sua scelta”, disponendo inoltre che “il responsabile della struttura individuata, nella persona del direttore pro tempore, inibisca alla beneficiaria le dimissioni dalla struttura in assenza del consenso dell’amministratore e/o sino a nuova determinazione del Giudice tutelare”.
La decisione del GT muove da alcune sintetiche considerazioni sull’istituto dell’amministrazione di sostegno e sulla necessità della prestazione del consenso da parte del beneficiario per il compimento degli atti giuridici.
Anzitutto, come detto, anche per il caso dell’amministrazione di sostegno troverebbe applicazione, in forza dell’ultimo comma dell’art. 411 c.c., l’art. 358 c.c. e quindi la previsione per cui il minore sottoposto a tutela (o l’interdetto) “non può abbandonare la casa o l’istituto al quale è stato destinato, senza il permesso del tutore”. Non dovrebbe per tale motivo neppure ritenersi necessaria la conversione della misura dell’ADS in interdizione, che non farebbe altro che aggravare le tempistiche dell’intervento appropriato.
Inoltre, “il consenso del beneficiario, tanto alla misura di amministrazione di sostegno, quanto al compimento degli atti ad essa relativi, non costituisce condizione indefettibile”.
Ciò per tre fondamentali ragioni: perché l’art. 410 c.c. disciplina specificamente, per il caso di dissenso del beneficiario, il ricorso al GT; perché la giurisprudenza di legittimità (con sent. 22602/2017) ha chiarito che la volontà del beneficiando pienamente lucido deve essere tenuta in debito conto salvo il caso in cui questi “rifiuti il consenso o, addirittura, si opponga alla nomina dell'amministratore di sostegno, (proprio a causa della patologia psichica da cui egli è afflitto, ciò che lo rende inconsapevole del bisogno di essere aiutato e, per tale ragione, riluttante all'ingerenza di altri nella propria quotidianità)”; che la scelta della nomina dell'amministratore di sostegno s'impone allorché non vi siano supporti e “la riluttanza della persona fragile si fondi su un senso di orgoglio ingiustificato, con il rischio di non dare una adeguata tutela ai suoi interessi”.
Infine, secondo il GT del Tribunale di Vercelli,

l’istituto dell’amministrazione di sostegno verrebbe svuotato del suo significato se si dovesse “acriticamente seguire ogni volontà della persona beneficiaria”.


Per tali ragioni, e tenuto conto della necessità della beneficiaria di ADS di essere curata, accudita, seguita nei suoi bisogni primari, di ricevere sostegno e ausilio nelle sue attività quotidiane, il Giudice Tutelare ha conferito all’amministratore di sostegno il potere di esprimere il consenso per l’inserimento in una casa di cura della beneficiaria, nonché per la sua eventuale dimissione.

 

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli