Niente condanna per il padre che corrisponde (quasi) tutto l’assegno di mantenimento

La Corte d’appello di Genova aveva condannato Tizio alla pena di mesi tre di reclusione ed Euro 450,00 di multa, col beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, per il reato di cui all'art. 570 comma 2, n. 2 c.p., “per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore … dal maggio 2012 al febbraio 2013”, mentre lo aveva assolto “dal reato di cui al capo b) previsto dalla L. n. 54 del 2006, art. 3, perché abrogato dal D. Lgs. n. 21 del 2018, art. 7, trattandosi dell'omesso versamento dell'assegno di mantenimento dovuto al figlio da parte di genitore convivente non coniugato”.

Avverso tale decisione Tizio aveva proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi.

Col primo aveva dedotto “cumulativamente la violazione di legge in relazione all'art. 570 c.p., e vizio della motivazione per illogicità e contraddittorietà, perché i parziali versamenti dell'assegno di mantenimento, insieme al pagamento delle rate del mutuo gravante sull'immobile adibito ad abitazione della convivente e del figlio, oltre che delle spese condominiali, escluderebbero la sussistenza dello stato di bisogno del figlio minore, al quale non sono mai mancati i mezzi di sussistenza, sul rilievo dell'errata affermazione da parte del giudice dell'appello che la ex convivente, sig.ra [Caia] ed il figlio avrebbero usufruito dell'abitazione per soli due mesi, a fronte della loro permanenza in quella abitazione per tre anni successivi alla cessazione della convivenza”.

Col secondo motivo aveva, poi, dedotto la “violazione di legge ed il vizio della motivazione in riferimento al mancato accertamento se a seguito del versamento di un assegno di mantenimento di cifra minore rispetto a quella fissata dal giudice al figlio siano mancati i mezzi di sussistenza, avendo il ricorrente versato la rata di mutuo di circa 550 Euro al mese oltre alle spese condominiali pari ad Euro 280 a bimestre, fino alla vendita dell'immobile intervenuta nel febbraio del 2013 in coincidenza della decisione del tribunale per i minorenni che poneva a carico del ricorrente un assegno mensile di Euro 350 per il mantenimento del figlio, provvedendo a versare somme ridotte a causa del suo stato di disoccupazione di circa 200/250 Euro al mese”.

Ancora, col terzo motivo aveva dedotto “la violazione di legge ed il vizio della motivazione in riferimento alla ritenuta nullità della rinuncia al credito del figlio per gli omessi versamenti degli importi dovuti a titolo di mantenimento, sul rilievo che trattandosi di un credito maturato relativo alle prestazioni non corrisposte e non anche alle prestazioni future, si deve ritenere rinunciabile da parte della madre, che fa valere un diritto di credito personale, dovendosi ritenere valido l'atto di conciliazione del 15.12.2015 con la conseguente richiesta di revoca della provvisionale concessa per l'importo di 200 Euro al mese e per 14 mesi dal maggio 2012 al giugno 2013, e delle altre statuizioni civili”.

Infine, col quarto motivo aveva dedotto “la violazione di legge ed il vizio della motivazione in riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, al diniego del beneficio della non menzione”.

La Cassazione penale, con la sentenza n. 26993/2019, ha ritenuto “fondato” il ricorso.

La Corte ha, infatti, affermato che

se è fuori discussione che il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, sussiste anche quando uno dei genitori ometta integralmente la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l'altro genitore, quando vi sia stato, invece, una parziale contribuzione è necessario verificare se al figlio minore siano venuti a mancare i mezzi di sussistenza, per effetto della suddivisione del relativo onere economico che grava su entrambi i genitori”.

Nel caso di specie, “l'affermazione del giudice dell'appello secondo cui il ricorrente avrebbe provveduto al pagamento dell'alloggio per soli due mesi è contraddetta dalla deposizione testimoniale resa dalla madre del minore, come riportata nella sentenza di primo grado, secondo cui il padre avrebbe provveduto alle spese di alloggio pagando le rate del mutuo e le spese condominiali dalla cessazione della convivenza, nel maggio del 2012, fino alla vendita intervenuta nel febbraio 2013, ovvero per tutto il periodo cui si riferisce l'imputazione per la quale è intervenuta la condanna”.

Per tale motivo, la Cassazione ha concluso che “il motivo di ricorso relativo al vizio di motivazione in merito alla mancata contribuzione da parte dell'imputato ad assicurare i mezzi di sussistenza del figlio appar[iva] fondato, essendo immotivato il riferimento al contributo limitato a soli due mesi di alloggio”.

Inoltre, “dalla deposizione resa dalla madre [era emerso] anche che il padre … avrebbe versato mensilmente 200/250 Euro in contanti, nel periodo susseguente alla vendita dell'immobile - oggetto dell'imputazione di cui al capo 2 confermando che il predetto ha comunque fornito un proprio contributo al mantenimento del figlio, seppure inferiore all'importo di 350,00 Euro determinato dal Tribunale per i minorenni a decorrere dal marzo del 2013”.

Sul punto, il Giudice di legittimità ha ricordato che

la violazione dell'obbligo di assistenza per integrare il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, deve essere tale da avere fatto mancare i mezzi di sussistenza al minore, e che diversamente dal delitto di omesso versamento dell'assegno periodico per il mantenimento, l'educazione e l'istruzione dei figli, previsto dall'art. 570 bis c.p., non ricorre solo per effetto del mancato versamento integrale dell'assegno di mantenimento determinato in sede civile”.

Nella sentenza d’appello “è stato erroneamente ritenuto abrogato il reato previsto dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3, per effetto dell'entrata in vigore del D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, che ha introdotto l'art. 570 bis c.p., con la conseguente pronuncia assolutoria per il reato contestato al capo 2”, dovendo “al contrario ribadire … che vi è continuità normativa tra la fattispecie predetta e quella ora prevista dall'art. 570 bis c.p., configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio (Sez. 6, n. 55744, 24/10/2018, Rv. 274943)”.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e rinviato per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, “che procederà a nuovo giudizio facendo applicazione dei principi di diritto sopra enunciati”.

 

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