Per la Cassazione entrambi i coniugi devono contribuire al pagamento del mutuo. Il coniuge che ha pagato il mutuo per l’intero ha diritto alla restituzione della metà
Il trasferimento infraquinquennale dell’immobile in favore di un terzo non comporta la decadenza dai benefici “prima casa” se avviene nell’ambito degli accordi di separazione o divorzio
Corte di Giustizia dell'Unione Europea: le tutele della lavoratrice autonoma che cessa l'attività per la nascita del figlio
La prova della costituzione di una famiglia di fatto fa venir meno il diritto all’assegno divorzile e può essere data con la deposizione di un investigatore privato
Diverso è il regime di trascrizione dei matrimoni omosessuali a seconda che riguardino anche cittadini italiani o solo cittadini stranieri
Scioglimento dell’unione civile: la comunicazione all’Ufficiale dello Stato Civile non è condizione di procedibilità del ricorso giudiziale
Lo Stato è responsabile della mancata trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni omosessuali di cittadini italiani celebrati all’estero
Nel contrasto tra i genitori sulla scelta della scuola pubblica o privata decide il Giudice senza ascoltare il minore
Il Tribunale per i Minorenni italiano è competente nei procedimenti di decadenza della responsabilità genitoriale su un minore straniero residente abitualmente in Italia
Nei procedimenti de potestate la difesa tecnica delle parti è solo eventuale e la tutela del superiore interesse del minore è garantita dalla partecipazione del PM
Il Tribunale dei Minorenni di Caltanissetta utilizza l’art. 25 del RD 1404/34 per disporre il monitoraggio di un giovane utilizzatore di wa anche al fine di verificare le capacità educative e di vigilanza della madre
Il collocamento di un minore in struttura si attua attraverso l’esecuzione forzata degli obblighi di fare
L’ex marito che non paga l’assegno di mantenimento e minaccia il coniuge da cui ha divorziato va condannato al risarcimento dei danni morali
Sulla decadenza dalla responsabilità genitoriale decide il Tribunale (per i minorenni o ordinario) adito per primo
Per la Cassazione l’omesso ascolto della minore dodicenne determina la nullità del procedimento avente ad oggetto il riconoscimento di paternità
Ammissibilità dell'impugnazione del riconoscimento del figlio naturale tra favor veritatis e interesse del minore
Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 291 c.c. permette di ridurre il divario di età previsto per l’adozione di maggiorenni
Il decreto di rimpatrio del minore sottratto (Convenzione dell’Aja 25 ottobre 1980) è revocabile in caso di sopravvenuto mutamento della situazione di fatto che lo ha originato
Accesso agli atti: il Consiglio di Stato rileva un conflitto in seno alle sue Sezioni e rimette la questione all’Adunanza plenaria
L’abbandono della casa coniugale non è motivo di addebito della separazione se il matrimonio è già in crisi
Irrilevante ai fini dell’assegno di mantenimento un aumento solo temporaneo dei redditi del marito separato
Provvedimenti in tema di mantenimento del coniuge e dei figli: quali limiti per la loro impugnabilità in Cassazione?
Condannato a risarcire il danno il padre che ostacola il rapporto tra il figlio e la moglie separata (che però non è senza colpe, e ne paga le conseguenze)
Deroghe all'affido condiviso per i figli nati fuori dal matrimonio: quando è possibile ridurre il diritto/dovere alla bigenitorialità
Il diritto del genitore al rimborso delle spese di mantenimento del figlio da parte dell’altro genitore inadempiente
L’assegnatario della casa familiare è tenuto al pagamento di tutte le spese correlate al suo utilizzo
Il minore è parte sostanziale del processo che lo riguarda ed ha diritto ad esser ascoltato, ma non è necessaria la sua partecipazione formale al processo
La residenza abituale dei minori, da valutare ai fini della giurisdizione, è un quid facti che dipende anche da indici di natura proiettiva e non muta in caso di temporaneo soggiorno in un altro Paese
La validità del vitalizio alimentare è condizionata dalla sussistenza dell’alea (che dev’essere valutata in concreto)
Secondo il GT del Tribunale di Vercelli può disporsi l’inserimento del beneficiario di ADS in una residenza sanitaria assistenziale nonostante il suo dissenso
Nessun obbligo di pagare le rette dei malati di Alzheimer per i familiari: lo conferma il Tribunale di Monza
Amministrazione di sostegno e capacità di donare: il G.T. del Tribunale di Vercelli solleva questione di legittimità costituzionale
La diffamazione via internet integra l’aggravante dell’aver commesso il fatto col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità
Per la Cassazione non viola il diritto di difesa la nomina del difensore di fiducia effettuata dall’amministratore di sostegno espressamente autorizzato dal Giudice Tutelare
L’ex marito che non paga l’assegno di mantenimento e minaccia il coniuge da cui ha divorziato va condannato al risarcimento dei danni morali
Obbligo informativo del medico, danno da “nascita indesiderata” e possibile conflitto di interessi tra genitori e figlio minore
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Per la Cassazione al prodigo, anche se non infermo di mente, può essere nominato un amministratore di sostegno, ma per il Tribunale di Modena non è così
Non può pronunciarsi la decadenza dalla responsabilità genitoriale nonostante le risultanze della CTU (favorevoli al genitore) e senza motivare adeguatamente in ordine all’interesse del minore
La Corte Costituzionale: il porto d’armi è un’eccezione al divieto di portare le armi, non un diritto
Mediazione obbligatoria, è dovuto il compenso al difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio?
Protezione per lo straniero con deficit cognitivo che si è integrato nella struttura di accoglienza in Italia
La prova del danno è indispensabile per il risarcimento del pregiudizio da responsabilità genitoriale
La prosecution del mercy killing e del suicidio assistito nel sistema inglese: una questione di public interest?
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Il valore preminente della disabilità in tema di mantenimento del figlio maggiorenne portatore di handicap
Nessun obbligo di pagare le rette dei malati di Alzheimer per i familiari: lo conferma il Tribunale di Monza
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In tema di prova della simulazione della donazione e di condizione di procedibilità del giudizio di divisione
L’acquisto del legato, con godimento dei beni, non implica la rinuncia a far valere i diritti del legittimario
L’azione del legatario in sostituzione di legittima con facoltà di chiedere il supplemento è qualificabile come actio in personam e non come azione di riduzione
Sottrazione di un minore dalla casa – famiglia: non può proporre querela il legale rappresentante della struttura
La proposta di legge governativa diretta ad abbassare l’imputabilità penale a 12 anni si confronta con la realtà
Il 6 aprile 2018 entra in vigore l'art 570 bis cp : violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio
Anche il genitore (già convivente more uxorio) che non versa l’assegno per il figlio minore è penalmente responsabile
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L’art. 570 bis c.p. riguarda anche gli obblighi di natura economica nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio
Commette reato chi usa le credenziali d’accesso a Facebook del coniuge per fotografare una chat privata
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Nuovo Processo di nullità del matrimonio: la Santa Sede apre agli avvocati non graduati in Diritto Canonico
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Il divorzio-lampo rumeno non è contrario all’ordine pubblico (ma la Cassazione dimostra di ignorare i Regolamenti europei sull’unificazione del diritto internazionale privato)
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I provvedimenti stranieri di affidamento in kafalah sono riconoscibili in base alle norme sulla protezione dei minori
Solo il creditore degli alimenti può scegliere di applicare la legge dello Stato di residenza abituale del creditore in alternativa a quella del proprio Stato di residenza abituale
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I provvedimenti stranieri di affidamento in kafalah sono riconoscibili in base alle norme sulla protezione dei minori03 AGOSTO 2018 | Affidamento dei figli | Diritto della famiglia transnazionale | Rapporto di filiazione | Libera circolazione delle persone e degli status familiariIl caso in commento, deciso con decreto del Tribunale di Mantova, ufficio del giudice tutelare, del 10 maggio 2018, prende le mosse dalla richiesta formulata dai Servizi Sociali al Tribunale di Mantova, in funzione di Giudice tutelare, di pronunciarsi sull’affidamento e sulla tutela di una minore algerina che alla nascita era stata abbandonata dalla madre appena quindicenne ed era stata affidata in kafalah ad una donna cittadina italiana (e verosimilmente anche algerina, ma il decreto non lo precisa) e coniugata con un cittadino italiano. Nell’anno 2018 la coppia si è trasferita con la bambina in Italia, dove è stata aperta la pratica per l’affidamento della minore. La questione riguarda l’istituto della kafalah, conosciuto in alcuni Paesi di tradizione giuridica islamica (Marocco, Libia, Algeria, Tunisia, Egitto) diretto a garantire la protezione dei minori in situazioni di disagio e abbandono. La kafalah istituisce un obbligo di educazione e mantenimento in capo ad un soggetto (denominato kafil) nei confronti di un minore (denominato makful) che viene affidato fino al raggiungimento della maggiore età o, per le donne, fino al matrimonio. La kafalah non dà luogo ad un rapporto di filiazione perché per il Corano (testo sacro dell’Islam e principale fonte del diritto islamico) il vincolo di filiazione può instaurarsi solo attraverso il rapporto biologico e, limitatamente alla linea paterna, solo se avvenuto in costanza di matrimonio. La rilevanza della kafalah nell’ordinamento italiano si pone principalmente con riguardo alle richieste di ricongiungimento familiare del minore (makful) all’affidatario (kafil). Talvolta il ricongiungimento viene concesso nel superiore interesse del minore, talvolta invece viene negato ritenendosi che la kafalah sia contraria all’ordine pubblico, in quanto costituirebbe un modo per aggirare le norme sull’adozione. Il Tribunale di Mantova ha ritenuto che il provvedimento di affidamento in kafalah della bambina pronunciato dal Tribunale algerino di Khenchela poteva essere riconosciuto in Italia ai sensi degli artt. 65 e 66 della l. 218/1995. Dopo diremo se e in che misura tali disposizioni erano applicabili. Intanto può essere utile ricordare che l’art. 65 della l. 218/1995 stabilisce che “hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all'esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all'ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa”. Tale disposizione prevede dunque che il riconoscimento dei provvedimenti stranieri relativi a rapporti di famiglia avvenga in maniera semplificata rispetto al procedimento stabilito in generale per le sentenze dall’art. 64, imponendo solo di verificare che il provvedimento sia stato adottato dall’autorità dello Stato la cui legge è applicabile e che non produca effetti contrari all’ordine pubblico. In quanto determina un’interferenza con la disciplina di conflitto volta ad individuare la legge applicabile, questa forma di riconoscimento si chiama internazionalprivatistico. L’art. 66 si occupa dei provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione, stabilendo che essi sono riconoscibili alle stesse condizioni previste dall’art. 65, cioè se sono stati adottati dall’autorità dello Stato la cui legge è applicabile e non producono effetti contrari all’ordine pubblico, aggiungendo l’ulteriore condizione che essi siano stati adottati da un’autorità che sarebbe competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell’ordinamento italiano. Più precisamente, la disposizione in parola stabilisce che "i provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 65, in quanto applicabili, quando sono pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato ancorché emanati da autorità di altro Stato, ovvero sono pronunciati da un'autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento italiano”. Il Tribunale ha ritenuto: - che il provvedimento di affidamento in kafalah era riconoscibile in base agli artt. 65 e 66 della l. n. 218/1995; - che siccome in base alla legge algerina “l’affidamento legale conferisce al beneficiario la tutela legale e gli dà diritto alle medesime prestazioni famigliari e scolastiche di un bambino legittimo”, non vi era “luogo a provvedere in ordine alla richiesta di nomina di un tutore, ex artt. 343 e ss. c.c., in favore della minore, essendo già attribuita all’affidataria, la “tutela legale” e quindi la rappresentanza legale della stessa, in forza dell’ “Atto di affidamento” emesso dal Tribunale di Khenchela (Algeria), avente diretta efficacia in Italia, e della legge algerina applicabile”. La decisione del Tribunale di Mantova non precisa tuttavia come doveva essere individuata la legge applicabile alla costituzione della kafalah da cui, come abbiamo visto, dipendeva il riconoscimento del provvedimento di affidamento in kafalah. L’individuazione della legge applicabile presuppone preliminarmente la qualificazione dell’istituto della kafalah. Il problema è che né la legge 218/1995, né le convenzioni internazionali cui il nostro Paese partecipa contengono norme di conflitto specifiche in materia di kafalah. E’ quindi necessario ricondurre tale istituto nell’ambito delle norme di conflitto esistenti. La questione è se esso vada considerato come una forma di adozione o piuttosto di protezione dei minori. A nostro avviso, il fatto che il minore affidato in kafalah non tronchi i suoi rapporti con la famiglia di origine e non acquisti diritti ereditari, unitamente alla circostanza che il vincolo della kafalah è temporaneo (cessa con la maggiore età), ci pare escluda che la kafalah possa essere ricondotta ad una forma, seppure anomala, di adozione, e induca invece ad una qualificazione non nell’ambito del diritto di famiglia, ma sub specie di istituto di protezione degli incapaci. Tale interpretazione è confermata dal fatto che la Convenzione dell’Aja del 1996 sulla protezione dei minori ricomprende la kafalah nel proprio ambito di applicazione. Anche il Tribunale di Mantova sembra ricondurre l’istituto nell’ambito della protezione dei minori, in quanto lo qualifica come “l’unico strumento a protezione dei minori in stato di abbandono negli ordinamenti islamici” e sostiene che l’art. 121 del Codice di Famiglia dell’Algeria che lo prevede “attiene alla tutela della minore”. Chiarito quindi che la kafalah va considerata una forma di protezione dei minori, resta da domandarsi in base a quali norme vada effettuato il riconoscimento della decisione algerina. Si occupano del riconoscimento delle decisioni in materia di protezione di minori sia il Reg. Bruxelles II bis, sia la Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione del minore, ratificata dall’Italia e resa esecutiva con l. 101/15. Le norme del Reg. Bruxelles II bis in materia di riconoscimento, tuttavia, trovano applicazione solo quando la decisione da riconoscere è stata adottata dall’autorità di uno Stato membro dell’Unione europea, requisito che naturalmente non si verificava con riferimento alla decisione algerina. Anche le norme sul riconoscimento della Convenzione dell’Aja del 1996 si applicano solo quando la decisione da riconoscere è stata adottata dall’autorità di uno Stato che partecipa alla Convenzione, mentre l’Algeria non vi partecipa. Restano quindi le norme interne sul riconoscimento. Il Tribunale di Mantova ha menzionato gli artt. 65 e 66 della l. 218/1995. Probabilmente ha preso in considerazione anche l’art. 66 per l’ipotesi che quello algerino fosse un provvedimento di volontaria giurisdizione. A nostro avviso, invece, l’art. 65 non doveva trovare applicazione perché concerne solo i provvedimenti in materia di rapporti di famiglia (oltre ad altri che qui non rilevano), mentre si è detto che è preferibile qualificare la kafalah come istituto di protezione dei minori piuttosto che non come istituto familiare. Poteva invece trovare applicazione l’art. 66, in quanto verosimilmente il provvedimento algerino era un provvedimento di volontaria giurisdizione. L’art. 66 prevede innanzitutto che la decisione straniera sia riconosciuta quando proviene dall’autorità dello Stato la cui legge è applicabile. La legge applicabile in materia di protezione dei minori va individuata in base alle norme di conflitto contenute nella Convenzione dell’Aja del 1996. In questo caso non rileva che l’Algeria non abbia sottoscritto la Convenzione perché, per gli Stati contraenti, le norme di conflitto convenzionali sono erga omnes, cioè si applicano anche alle fattispecie collegate con Stati non contraenti (art. 20). In linea generale la Convenzione prevede la coincidenza tra forum e ius, nel senso che designa la legge dello Stato cui appartiene l’autorità competente in base alle norme sulla giurisdizione (art. 15.1). Come si vede, la Convenzione individua la legge applicabile presupponendo che essa sia applicata dal giudice di uno Stato parte della Convenzione. Nel nostro caso la situazione è diversa perché dobbiamo utilizzare la disciplina di conflitto della Convenzione non per determinare la legge che dovrà essere applicata dal giudice competente in base alla stessa Convenzione, ma ai fini del riconoscimento in base alle norme interne. Un’ipotesi prevista solo dalla legge italiana e che i redattori della Convenzione certamente non potevano prevedere. Il problema è che la Convenzione non individua la legge applicabile, come normalmente avviene, attraverso un particolare criterio di collegamento, ricollegandola piuttosto alla competenza del giudice, una situazione che non può sussistere aldifuori dell’ambito di applicazione della Convenzione medesima. Se, nonostante questa difficoltà, si ritiene ugualmente applicabile l’art. 66 della l. 218/1995, bisognerà farlo tenendo conto delle circostanze del caso concreto, quindi rinunciando all’interpretazione letterale della regola a beneficio del principio che si desume da essa. Il principio che si trae dalla Convenzione è che in materia di protezione dei minori - il giudice competente è quello della residenza abituale del minore e - il giudice competente deve applicare la propria legge, cioè ancora quella della residenza abituale del minore. Anche se la questione non ha costituito oggetto della pronuncia, visto che la minore era cittadina algerina residente in Algeria, è verosimile che il giudice algerino fosse competente a pronunciarsi sull’affidamento in kafalah in forza dei due criteri di collegamento più diffusi in materia di protezione dei minori, cittadinanza e residenza del minore. Il giudice algerino del luogo di residenza abituale della minore ha applicato la legge algerina, verificandosi quindi quella coincidenza tra forum e ius prevista dalla Convenzione dell’Aja del 1996 in punto legge applicabile. Visto che le norme sulla giurisdizione della Convenzione dell’Aja attribuiscono la competenza al giudice della residenza abituale del minore (art. 5) si verifica anche l’ulteriore presupposto previsto dall’art. 66 l. n. 218/1995, e cioè che la decisione da riconoscere sia stata adottata da un giudice competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell’ordinamento italiano (che ha recepito la Convenzione dell’Aja con la legge di ratifica). Pertanto si può dire che ai sensi dell’art. 66 della l. n. 218/1995, la decisione era riconoscibile in Italia, come affermato dal Tribunale di Mantova, perché emessa dall’autorità dello Stato la cui legge era applicabile in base alle norme di diritto internazionale privato vigenti in Italia e perché adottato da un organo competente in base a criteri di giurisdizione corrispondenti a quelli italiani. In ogni caso, la decisione sarebbe riconoscibile in base all’art. 64 della l. 218/1995, che è alternativo rispetto agli artt. 65 e 66, essendo rispettati tutti i requisiti posti dalla disposizione in parola. Dato che la decisione algerina sull’affidamento in kafalah era riconoscibile, e che la legge applicabile, cioè quella del foro, prevedeva che l’affidatario avesse la tutela e la rappresentanza legale del minore, correttamente il Tribunale di Mantova ha disposto il non luogo a procedere per l’apertura della tutela. Allegati Tribunale Mantova 10 maggio 2018
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