La Cassazione ribadisce la regula iuris in tema di mantenimento del figlio maggiorenne sulla base del principio di autoresponsabilità

di Avv. Chiara Curculescu

IL CASO. La Corte d’Appello di Roma con decreto del 14.7.2022 accoglieva parzialmente il reclamo proposto da un padre avverso il decreto del Tribunale di Roma con il quale era stata rigettata la sua domanda di revoca o modifica delle condizioni stabilite nella sentenza di divorzio pronunciata nel 1997.  La domanda di modifica aveva ad oggetto l’assegno di mantenimento da versarsi alla figlia, nata nel 1990, originariamente quantificato in Lire 1.100.000,00. Mentre il giudice di primo grado aveva disposto unicamente che il pagamento di tale assegno avvenisse direttamente in favore della figlia, la Corte prevedeva anche che il versamento diretto venisse ridotto ad € 400,00.

Avverso la pronuncia di appello il padre proponeva ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi. Con i primi tre motivi veniva denunciata la violazione o falsa applicazione di alcune norme: dell’art. 337- septies c.c. primo comma, con riferimento ai principi dettati dalla giurisprudenza in tema di funzione educativa del mantenimento e di autoresponsabilità; dell’art. 560 comma 7 c.p.c. e dell’art. 495 c.p.c., stante la statuizione della permanenza dell’obbligo di mantenimento posto a carico del padre considerate le sue condizioni economiche; dell’art. 115 c.p.c., visto l’omesso esame della documentazione comprovante lo svolgimento di attività lavorativa da parte della figlia. Con il quarto motivo veniva infine rilevato l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, cioè l’attuale situazione reddituale del ricorrente.

LA DECISIONE. Con ordinanza n. 8630 del 2.4.2024 la Suprema Corte, ritenuta la fondatezza di tutti i motivi proposti, ha accolto il ricorso e cassato la sentenza di secondo grado, rinviando la causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

Secondo la Corte, infatti, non può condividersi la decisione del giudice di secondo grado in relazione al permanere dell’obbligo di mantenimento a favore della figlia trentatreenne, essendo la stessa in età lavorativa. Più nello specifico, l’obbligo dei genitori di mantenere la prole deve essere affermato tenendo conto dei parametri previsti dal codice civile e, quindi, non solo delle esigenze dei figli, ma anche delle risorse patrimoniali dei genitori, dei tempi di permanenza presso gli stessi e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. E nel caso esaminato non è stato dato rilievo né all’età né all’autonomia della figlia: non è stato sostanzialmente tenuto in debito conto il principio di autoresponsabilità e l’onere della prova che ne deriva in capo alla richiedente.

Sul punto, allora, la Corte di Cassazione ribadisce quella che viene definita una regula iuris divenuta ormai diritto vivente:  “in tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il "figlio adulto" in ragione del principio dell'autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa”.

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli