I genitori del minore sono litisconsorti necessari nel procedimento di adottabilità, anche in appello

IL CASO. La Corte d’appello di Caltanissetta, sezione per i minorenni, ha rigettato i gravami proposti dalla nonna materna e dal padre di una minore nei confronti della quale era stato dichiarato lo stato di adottabilità da parte del Tribunale per i minorenni di Caltanissetta. Il Giudice dell’impugnazione ha quindi confermato la valutazione negativa data dal Tribunale per i Minorenni riguardo al contesto familiare, ritenuto pregiudizievole per la crescita della bambina.
Avverso tale sentenza la nonna materna e il padre della minore avevano proposto separati ricorsi per cassazione, i cui primi motivi erano di tenore sostanzialmente analogo. La nonna lamentava la violazione degli artt. 8 e 17 della legge n. 184/1983 e la violazione degli artt. 162 e 291 c.p.c., stante la mancata notifica del decreto di fissazione dell’udienza al Sindaco del Comune di Leonforte, quale tutore della minore, notifica alla quale avrebbe dovuto provvedere, secondo la ricorrente, la Cancelleria della Corte d’Appello. Il padre, invece, denunciava la violazione dell’art. 15 co. 3 della legge n. 184/1983 e dell’art. 331 c.p.c., chiedendo la rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c..

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione ha esaminato congiuntamente i predetti motivi, rigettandoli, ma riconoscendo la violazione del principio del contraddittorio (seppure per una ragione diversa da quella sollevata dai due ricorrenti) e quindi la nullità del giudizio d’appello.
Quanto alla notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, la Suprema Corte ha ribadito che è onere della parte che promuove il giudizio di impugnazione provvedervi entro il termine ordinatorio assegnato dal giudice. In mancanza, e sempre che la parte resistente non si sia comunque costituita, deve necessariamente esserle assegnato un termine perentorio entro il quale eseguirla, in analogia con quanto previsto dall’art. 291 c.p.c..
Ha osservato, poi, la Corte che il contraddittorio si era correttamente instaurato anche nei confronti della Curatrice della minore, alla quale il ricorso era stato notificato, senza che rilevasse la possibilità per il tutore della minore, nominato nella persona del Sindaco, di influire sulle scelte inerenti al processo, stante “la dissociazione della rappresentanza della bambina nel presente processo dalla funzione di cura della sua persona e di rappresentanza della stessa in tutti gli atti civili”, attribuita appunto al tutore.
Tuttavia, come detto, nonostante i rilievi mossi circa i primi motivi di ricorso proposti dalla nonna materna e dal padre della minore, la Corte di Cassazione ha ravvisato la violazione del principio del litisconsorzio necessario a causa della mancata partecipazione, al giudizio d’appello e a quello di legittimità, della madre della minore.
La Suprema Corte ha, infatti, affermato che

la legge n. 184/1983, titolo secondo, ha conferito ai genitori  del minore “una legittimazione autonoma […] atta a fare assumere loro la veste di parti necessarie e formali dell’intero procedimento di adottabilità e, quindi, di litisconsorti necessari pure nel giudizio di appello, quand’anche in primo grado non si siano costituiti, con conseguente necessità di integrare il contraddittorio nei loro confronti, ove (come nella specie) non abbiano proposto il gravame”.  


Mentre non è sufficiente, ai fini dell’integrazione del contraddittorio, la sola notifica del decreto di fissazione dell’udienza effettuata d’ufficio, perché questa impedisce al genitore di conoscere il contenuto del ricorso e quindi limita il suo diritto di difesa.

 

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