Il Giudice deve motivare il mancato ascolto del minore che manifesti un disagio nei confronti dei nuovi compagni dei genitori

di avv. Valentina Alberioli

IL CASO. Tizia chiedeva al Tribunale di Torino la modifica delle condizioni di affidamento dei figli Tizietto e Tizietta, nati dall’unione con Caio, già convivente more uxorio, rappresentando che da quando quest’ultimo aveva intrapreso una relazione sentimentale con Sempronia (ex moglie di Mevio, a sua volta nuovo partner di Tizia) i minori avevano cominciato a manifestare un crescente malessere, tanto da rendere necessario un sostegno psicologico, poi effettivamente intrapreso.

In particolare, la ricorrente allegava che Tizietto e Tizietta “erano stati troppo precocemente introdotti dal padre nel nuovo nucleo formato dalla coppia Caio e Sempronia e dalle due figlie di lei, e che il padre li coinvolgeva costantemente nelle dinamiche conflittuali degli adulti”; che “tra le parti Sempronia e Mevio pendeva procedimento di separazione giudiziale in cui era stata disposta CTU, nell’ambito della quale il nuovo nucleo Caio e Sempronia era stato definito preoccupante”; che Sempronia “aveva un condizionamento negativo sui figli” Tizietto e Tizietta e “tendeva a sostituirsi al ruolo educativo materno, oltre a denigrarne la figura”. Chiedeva, quindi, che gli incontri tra i minori e Sempronia fossero vietati o almeno avvenissero solo in presenza del padre.

Si costituiva in giudizio Caio, chiedendo il rigetto della domanda. Faceva presente che Mevio, compagno di Tizia, era stato rinviato a giudizio per maltrattamenti in famiglia, su denuncia della ex moglie Sempronia; negava la convivenza con quest’ultima, la quale abitava in diverso appartamento dello stesso condominio; chiedeva, quindi, che il Tribunale, da un lato, inibisse la frequentazione dei figli con Mevio sino alla definizione del procedimento penale e, dall’altro, ampliasse i tempi della loro permanenza presso di sé, con la previsione del pernottamento la domenica sera nel weekend di sua competenza.

Espletata CTU psicologica, il Tribunale, a parziale modifica delle originarie statuizioni, e fermo l’affidamento condiviso con collocazione prevalente presso la madre, disponeva: che il padre potesse tenere con sé i figli in weekend alternati, dal venerdì all’uscita di scuola sino alla domenica sera, e in due pomeriggi alla settimana, non consecutivi, con pernotto nella settimana in cui i minori trascorrevano il weekend con la madre; che le due settimane di vacanza estiva da trascorrere con il padre non fossero consecutive; che la frequentazione dei minori con la compagna del padre fosse limitata a un pomeriggio alla settimana, in presenza del padre stesso; che proseguisse il percorso psicologico individuale già intrapreso dai minori, raccomandando ai genitori di intraprendere/mantenere un percorso psicologico individuale; che proseguisse il monitoraggio da parte dei Servizi Sociali, in particolare per vigilare sulla corretta applicazione delle nuove condizioni di affidamento; il tutto con compensazione integrale delle spese di lite e con spese di CTU poste definitivamente a carico di entrambe le parti nella misura del 50%.

Avverso tale provvedimento Caio proponeva reclamo alla Corte d’Appello di Torino, chiedendo l’ampliamento del proprio diritto di visita, con pernottamento della domenica sera, la limitazione della possibilità per Mevio di soggiornare in pianta stabile presso l’abitazione di residenza dei minori Tizietto e Tizietta, il ripristino delle condizioni originarie, la libera frequentazione di Sempronia con i di lui figli, una ulteriore CTU psicologica e l’audizione dei minori.

Resisteva Tizia, chiedendo il rigetto delle domande e, in via incidentale, l’imposizione a carico del padre del 50% della spesa per la prosecuzione della terapia psicologica dei minori, l’acquisizione della sentenza penale di assoluzione di Mevio, l’audizione dei mediatori incaricati dal Servizio Sociale; quanto all’audizione dei minori, si rimetteva, aderendo però alla valutazione del Tribunale circa la sua non opportunità; si opponeva, invece, alla CTU, in quanto già espletata.

Acquisita la relazione di aggiornamento dei Servizi Sociali e ritenuta superflua tanto l’ulteriore CTU quanto l’audizione dei minori, la Corte d’Appello, a parziale modifica del provvedimento del Tribunale, invitava Tizia a “non ospitare e a non frequentare [Mevio] e a non consentirgli di occupare in tutto o in parte alcuna stanza della abitazione nei periodi in cui i minori non sono presso il padre”, e poneva a carico di Caio il 50% della spesa per la prosecuzione della terapia psicologica di Tizietto e Tizietta.

Avverso tale provvedimento Caio proponeva ricorso per cassazione, in base a cinque motivi.

In particolare, con il primo motivo denunciava, tra l’altro, la nullità del procedimento per “mancata audizione dei minori ex artt. 315 bis e 336 bis del Codice Civile”.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2001 del 2023, ha rigettato il ricorso, reputando comunque meritevole di autonoma disamina la censura della nullità del procedimento per la mancata audizione dei minori.

Nell’affrontare la questione, il Giudice di legittimità ha, anzitutto, ritenuto opportuno premettere che la fattispecie in esame “resta disciplinata dalle norme di cui si deduce la violazione”, segnatamente l’art. 315 bis, comma 3, c.c. e l’art. 336 bis c.c., non essendo, invece, applicabili ratione temporis le nuove disposizioni sull’audizione del minore dettate dalla recente cd. riforma Cartabia.

Nel caso in esame, i giudici di prime cure avevano ritenuto manifestamente superflua l’audizione dei minori, in quanto essi “avevano manifestato chiaramente il loro pensiero nei colloqui con gli assistenti sociali, esprimendo a questi ultimi … l’esigenza ‘di essere lasciati tranquilli’”.  Lo stesso Tribunale, considerati i “meccanismi fortemente patologici e potenzialmente patogenetici presenti nel nucleo [Caio e Sempronia] (essendo emerso un disturbo borderline di personalità a carico di quest’ultima, ritenuta capace di ‘ingenti strumentalizzazioni agite verso [Tizietto e Tizietta]’)”, aveva peraltro ritenuto che, rispetto alle soluzioni individuate, dovessero “recedere anche eventuali diverse volontà espresse dai minori stessi, evidentemente non in grado di rendersi conto dei complessi meccanismi disfunzionali in cui si trovano a vivere e del rischio psicopatologico che corrono nel rimanere costantemente esposti” ad un “ambiente tanto patologico, anche se da loro amato”.

A medesime conclusioni era giunta anche la Corte d’Appello, facendo propria la relazione di aggiornamento dei Servizi Sociali dove, nel darsi atto degli esiti dell’incontro dapprima avvenuto con i soli genitori e poi esteso ai figli, si era ritenuto che “non fosse opportuno sentire nuovamente i minori per evitare che fossero nuovamente fagocitati da argomenti che gli adulti dovrebbero prima chiarire”, nonché “per evitare di dare adito ad ipotetiche alleanze con loro, desiderosi di apparire e sentirsi ‘il genitore migliore’”. La stessa Corte territoriale aveva, peraltro, attestato di aver puntualmente valutato le “ampie risultanze in atti in ordine alle posizioni assunte” dai minori (id est: “sbobinatura di registrazione e copie dei numerosissimi messaggi di WhatsApp prodotte dal padre”), le quali “consent[ivano] di comprendere chiaramente” la loro volontà. Per tali ragioni, anche il Giudice del secondo grado aveva, quindi, reputato manifestamente superflua una diretta audizione dei figli.

La Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la decisione dei giudici di merito di non procedere direttamente all’audizione dei due adolescenti (che, comunque, erano stati sentiti personalmente nei due gradi di giudizio, in occasione della CTU e tramite i Servizi Sociali), in quanto supportata da una “espressa e specifica motivazione, articolata su vari aspetti (manifesta superfluità, ascolto già effettuato da esperti, contrasto con l'interesse dei minori)”, così come richiesto dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 336 bis c.c. e dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Civ. nn. 1474 del 2021, 1471 del 2021, 16569 del 2021, 16410 del 2020, 23804 del 2021, 9691 del 2022) “per derogare ad un adempimento altrimenti ritenuto essenziale ed ineliminabile”.

La Corte di Cassazione ha, poi, rilevato come tale soluzione fosse in linea altresì con il Regolamento (UE) 2019, 1111 del Consiglio del 25 giugno 2019, in base al quale, pur dovendosi, “quale principio di base, dare al minore oggetto del procedimento e capace di discernimento, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, una possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione e garantire che tale opinione sia presa debitamente in considerazione ai fini della valutazione dell'interesse superiore del minore (...) conformemente all’art. 24, paragrafo 1, della Carta e alla luce dell’art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo”, “tuttavia, il regolamento dovrebbe lasciare al diritto e alle procedure nazionali degli Stati membri la discrezionalità di stabilire chi ascolterà il minore e le modalità dell’audizione”, restando in loro facoltà “stabilire se il minore debba essere ascoltato dal giudice personalmente o da un consulente tecnico che riferisca poi all’autorità giurisdizionale, ovvero se il minore vada ascoltato in aula di tribunale o in altro luogo o con altri mezzi”; inoltre, “pur rimanendo un diritto del minore, l’audizione di quest’ultimo non può costituire un obbligo assoluto, ma deve essere valutata tenendo conto dell’interesse superiore del minore”.

 

 

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