Per una scuola bullyng free. Riflessioni psicopedagogiche a margine di pratiche normative scolastiche e interventi istituzionali

di prof. Michela Possamai, già Dirigente Scolastico e Amministrativo USR Veneto, Docente IUSVe, Presidente ISRE

 

Per intenderci: sul fenomeno.

Digitando bullismo e cyberbullismo sui principali motori di ricerca, non mancano quotidiani report su fatti ed episodi che coinvolgono adolescenti, studenti, non solo minori, sia vittime che bulli, talora potenziali autori di reato. Oltre che suscitare il nostro sdegno e sconcerto, tali situazioni ci richiamano insieme alle responsabilità per il cattivo utilizzo dei social network che, anche come adulti, ci vedono talora coinvolti.

Le prevaricazioni tra pari nella fattispecie di atti di bullismo e cyberbullismo sono un problema che riguarda infatti gli adulti, nelle loro stesse relazioni. La rete è ovunque e nessuno esclude. Le condotte a rischio che possono derivare dal suo uso scorretto si vestono di aspetti più visibili come dare pugni, schiaffi, danneggiare o distruggere cose d’altri, rubare beni personali ad altre meno come insultare, minacciare, denigrare; pressare anche con allusioni sessuali; provocare l’isolamento sociale e l’esclusione dal gruppo; diffondere maldicenze, bugie sul conto della vittima e simili.

Taluna di queste azioni e condotte assume un profilo giuridico anche se bullismo e cyberbullismo non hanno ancora una definizione stretta in tal senso. Entrambi i fenomeni sono studiati come forme di devianza giovanile, includendovi anche ciò che socialmente si intende per criminalità; nella molteplicità delle loro manifestazioni, sia il bullismo che il cyberbullismo consistono in atti di prevaricazione dell’uno o degli uni, consolidati in gruppo, sull’altro.

Nella dinamica dell’iperconnessione costante, caratteristica della realtà virtuale e di ciò che di negativo ne può derivare come danneggiamento on line, non c’è più un luogo dove rifugiarsi: un tempo, le vittime delle cattiverie vissute a scuola, rientrando a casa, trovavano lì un posto sicuro ove proteggersi dai soprusi e dalle offese ricevute. Oggi questo non si realizza più perché “la tecnologia permette ai bulli di infiltrarsi nelle case delle vittime, di materializzarsi in ogni momento della loro vita, perseguitandole con messaggi, immagini, video offensivi, inviati con i video-telefonini o pubblicati, su qualche sito, con l’ausilio di internet” (Pisano, Saturno, 2008).

Le prevaricazioni, oltre che essere modificate nelle loro manifestazioni (off e on line), sono connotate da un aspetto di contaminazione reciproca e di insana continuità tra ciò che si verifica nella realtà e ciò che poi si estende nel contatto virtuale. 

Il vocabolario di queste forme di prepotenza si è arricchito in modo esponenziale in questi ultimi anni, andando dalle battaglie verbali on line (flaming) all’invio di messaggi, testi e/o immagini sessualmente espliciti, principalmente tramite il telefono cellulare o tramite altri mezzi informatici (sexting); dal violare l’account di altri, spesso sottratto, all’usare la loro “identità” in rete (impersonation), all’esclusione intenzionale di una persona tramite mezzi elettronici all’interno di un gruppo o accedendo dagli indirizzari di posta elettronica condivisi (bannare). Solo per citarne alcuni.

Il “bullismo” è:

- un fenomeno complesso che presenta delle criticità nella spiegazione dei meccanismi psicologici: la loro illustrazione potrebbe sembrare giustificativa, e questo è un rischio;

- presenta dei tratti inquietanti per i ragazzi: è difficile da capire, facile da giudicare e allo stesso tempo difficile da affrontare. Alla fine, trasmette impotenza: sembra non si possa far niente. È un fenomeno difficile da cogliere, sotterraneo, che si manifesta negli interstizi degli spazi di socialità: durante la ricreazione, nel cambio dell’ora tra insegnante e insegnante, nel bus che porta a casa da scuola o prima di entrare a scuola o su Whatsapp, Facebook, e sui social media in genere nella sua moderna versione di “cyberbullismo”;

- è una galassia, un contenitore che raccoglie fenomeni differenti e di peso specifico diverso, alcuni lesivi al punto da essere anche inquadrabili come criminali, altri subdoli e nocivi, perché mandati a segno per ferire senza l’uso della violenza fisica o verbale, magari di per sé apparentemente innocui.

La definizione del fenomeno in sé riveste delicata e non semplice competenza, educativa in primis, quando se ne parla in contesti scolastici, e non prettamente di lettura clinica o giuridica dei soggetti in esso coinvolti e dei comportanti a loro riferibili.  

L’atto di bullismo è sempre un atto ìmpari e depistante: spesso ha un significato apparente diverso da quello sottostante; anche se sembra uno scherzo o scatena la risata, in fondo non diverte nessuno; mira a coinvolgere in primo piano un bersaglio umano che, in realtà, si vuole isolare o escludere dall’orizzonte sociale. In questo senso possiamo dire che si tratta di condotte più sofisticate di quelle apprezzabili “semplicemente” come delittuose; rubare una merenda o insultare una ragazza su Instagram, minacciare un compagno o divulgarne i segreti o le immagini più intime possono essere atti variamente percepiti a seconda del contesto o della relazione, della sensibilità e delle dinamiche affettive in gioco, di conseguenza risolversi in uno scherzo o in un reato. Certe volte in entrambe le cose.

Il denominatore comune della miriade di gesti di bullismo è la volontà, più o meno evidente, di prevaricare, umiliare, ridicolizzare la vittima allo scopo di isolarla, indebolirla, tormentarla, ferirne la sensibilità, farla sentire esposta, debole. Possibilmente creando un effetto artificiale di scherzo, di scherno goliardico, di atmosfera cinico gaudente, che ha il doppio effetto di sedurre ed intimidire chi assiste o condivide passivamente l’operazione.

L’assunto che ci vede coinvolti tutti, come adulti, ugualmente, negli atti educativi di propria competenza, ci riporta all’origine stessa del fenomeno che non è più (e solo) giudiziario, perché ogni comportamento di violenza, fisica, morale o psicologica, può essere ricondotta ad un’ipotesi di reato o ad un evento di danno ingiusto. Il problema, quindi, è di regole, di rispetto, di civiltà. Di competenza di cittadinanza e di convivenza sociale e civica tra pari e tra adulti. In egual misura, poiché l’una contamina l’altra per definizione. 

Il fenomeno si manifesta in tutti quei contesti dove è assente una presenza vigile, attenta, responsiva, degli adulti significativi: genitori, insegnanti, allenatori. Esso si insidia proprio nei momenti in cui questi adulti dovrebbero lavorare, come interiorizzazione di valori, di esperienze personali, nella mente degli adolescenti. Il bullismo fa rilevare come in questi momenti l’interiorizzazione del senso di responsabilità, come senso del dovere, come aspettativa morale, come principio etico siano carenti.

 

Da che parte cominciare (e continuare).

Cosa sono bullismo e cyberbullismo se non pericolose espressioni di violenza e distonia comunicativa?

Su cosa concentrarci al fine di “arrivare per tempo” ad impedire prevenendo da simili forme di devianza anche nelle nostre comunità scolastiche?

Riconoscere i sintomi e le caratteristiche, rilevanti anche sotto il profilo giuridico, aiuta per certo a leggere un disagio che può potenzialmente riguardare tutti, anche noi adulti. Questi fenomeni coinvolgono soggetti, bulli e vittime, che vivono in una situazione di forte criticità e che richiedono particolari attenzioni; minori ed adolescenti che necessitano dell’azione coordinata della comunità educante, almeno in alcune fasi del loro percorso scolastico.

Una comunità che nell’alleanza educativa scuola - famiglia – territorio osserva, analizza, ascolta e progetta i cambiamenti atti a correggere, modificare, migliorare i vari aspetti. In questa prospettiva, il contrasto al disagio diviene soprattutto “prevenzione del disagio” e dunque primariamente promozione del benessere.

Prevenire il tema del bullismo e del cyberbullismo, infatti, vuol dire immergersi nel nucleo del messaggio educativo che la scuola deve offrire, vuol dire educare alla gestione delle emozioni, all’autostima, all’empatia, all’alterità, alla dignità della persona umana, all’efficacia e alla serenità delle relazioni, alla prosocialità, alla resilienza, ecc. Vuol dire, insomma, puntare al cuore della mission della scuola: formare l’uomo e il cittadino.

In questa società fluida, in cui i nostri studenti sono tempestati da messaggi contraddittori e spesso diseducativi, da informazioni non verificate, ai nostri ragazzi multitasking, immersi in un oceano fluttuante di valori e disvalori, va proposta una coerenza educativa, condivisa da tutta la comunità.

Per prevenire il bullismo bisognerebbe dare piena efficacia all’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, come immaginato dalla l.n. 169/2008 e dalla c.m. n. 86/2010 in cui si precisa che: “’insegnamento/ apprendimento di Cittadinanza e Costituzione è un obiettivo irrinunciabile di tutte le scuole”; che “è un insegnamento con propri contenuti, che devono trovare un tempo dedicato per essere conosciuti e gradualmente approfonditi”; e che tale insegnamento implica sia una dimensione integrata, ossia interna alle discipline dell’area storico-geografico-sociale, con ovvie connessioni con filosofia, diritto ed economia (dove sono previste), sia una dimensione trasversale, che riguarda tutte le discipline, in riferimento a tutti i contenuti costituzionalmente sensibili e suscettibili di educare la personalità degli allievi in tutte le dimensioni.

Una coesione che deve calarsi nel curricolo disciplinare ed evidenziarsi particolarmente nella trasversalità di “Cittadinanza e Costituzione” ed ora nell’applicazione didattica della l.n. 92/2019 che ha introdotto, nel primo e secondo ciclo di istruzione, l'insegnamento trasversale dell’educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado, avviato nell’a.s. 2020/21.

Ciò significa che nella letteratura, nel pensiero filosofico, nella ricerca scientifica, spirituale, nella storia e nella geografia, lo studente dovrebbe cogliere come il motore del percorso di vita individuale sia la ricerca della felicità attraverso la relazione, pur difficile, con l’altro e come la storia dell’umanità vada interpretata come la costante, ardua, ricerca dei popoli di una possibile convivenza in questo pianeta.

Apparirà chiara l’importanza della Costituzione e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approdi fondamentali nel mare della storia che disegnano gli spazi di libertà di ognuno, nessuno escluso. Va posta particolare attenzione all’educazione all’assertività e a volgere in positivo la circolarità della relazione, senza aver paura di “perdere tempo”, in classe e in ogni disciplina (almeno per sommi agganci culturali), per parlare di tematiche difficili da trattare, ma fondamentali, come problematiche giovanili, idealità, sogni, relazioni, felicità, libertà, per leggere e raccontare di storie che creino empatia, atteggiamenti pro-sociali, competenze per la vita.

Tutta la cultura curricolare, oggi più che mai nella società complessa, non può avere senso se non all’interno di una educazione “integrata” alla convivenza (Genta, “Bullismo e cyberbullismo: Comprenderli per combatterli. Strategie operative per psicologi, educatori ed insegnanti”, Milano, 2017. La pubblicazione riporta l’esperienza positiva dell’approccio sistemico della scuola spagnola per contrastare il bullismo, basato sul miglioramento della qualità del vivere a scuola con l’apporto di tutti i membri della comunità educativa: formazione e educazione più che controllo e repressione).

 

Per intervenire, nella scuola.

Oltre (ed insieme) a questo assunto culturale di base, il Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca (MIUR) ha presentato nel 2015 il primo documento in materia, detto “Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo”.

Il documento prevede, fra l’altro, una “riorganizzazione della governance”, con il trasferimento delle funzioni attualmente svolte dagli Osservatori regionali ai Centri territoriali di supporto (CTS) dei vari Uffici Scolastici. In particolare, la scuola è stata chiamata alle seguenti azioni:

  • la prevenzione del bullismo, ma anche l’utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media sono fra gli obiettivi formativi individuati come prioritari per le scuole (art. 1, co 7, lett. h) e l) l.n. 107/2015);
  • l’azione di prevenzione può “sfruttare” l’offerta formativa, anche curricolare: ad es. l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” (art. 1 della l.n. 169/2008);
  • creare momenti ad hoc, quali gli “sportelli”, centri di ascolto e consulenza, incontri con operatori ed interviste con rappresentanti della Polizia postale, referenti dei servizi.

A investire ulteriormente la scuola di responsabilità e compiti, si è aggiunta la successiva l.n. 71/2017 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, che ribadisce il ruolo del Dirigente e del docente referente di Istituto, la necessità della formazione dei docenti e la centralità della promozione del ruolo attivo degli studenti e dell’educazione alla legalità per combattere il fenomeno.

A distanza di sei anni dalla sua emanazione, la comunità scolastica ed educativa conviene che bullismo e cyberbullismo sono fenomeni appartenenti ad una più ampia emergenza educativa, cui il legislatore ha prestato attenzione con l’emanazione della l.n. 71/2017, provvedimento da inserire nel contesto normativo della l.n. 107/2015, c.d. “Buona Scuola”, che, in particolare, ha individuato all’art. 1, comma 7 lett. d, e, h, le competenze da implementare e potenziare nell’attività didattica, tra cui:

  • la competenza civica attraverso il recupero del senso della legalità e della responsabilità civica;
  • la competenza informatica per un uso consapevole degli strumenti informatici del web;
  • la competenza dell’inclusività nella diversità.

L’intervento diventa organico e acquista l’aderenza piena allo sviluppo di competenze per la cittadinanza attiva e responsabile nelle giovani generazioni, con il riferimento particolare alla competenza civica così come esposta nella l.n. 92/2019 e nelle Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica, adottate in applicazione della legge stessa.

È in questo corpus organico che si inseriscono tutte le azioni formative e si devono collocare tutte le progettualità della scuola.

Le istituzioni e la comunità scolastica, nella sua interezza, sono chiamate ad una progettualità coordinata ed integrata finalizzata alla prevenzione ed al contrasto del bullismo e cyberbullismo, attraverso strategie formative, informative e partecipative a tutela della dignità della persona.

La l.n. 71/2017 non crea nuove responsabilità o aggravio di compiti in capo alle istituzioni scolastiche, ma li specifica in riferimento al fenomeno bullismo e cyberbullismo. Il corretto adempimento di quanto richiesto dalla predetta legge consente di tutelare le scuole da eventuali richieste risarcitorie che potrebbero essere avanzate in riferimento a comportamenti omissivi, o non pienamente rispondenti ai dettati della legge, da parte degli Istituti e degli organi preposti: la c.d. responsabilità omissiva.

Come affermato nelle Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyber bullismo del 2021: “Le azioni di formazione e prevenzione sono attuate dalla scuola in collaborazione con la comunità educante di riferimento in rete anche con professionisti esterni (tecnici, forze dell’ordine, magistratura, prefetture, società ordinistiche e scientifiche). Non si potrà, inoltre, prescindere dalla responsabilità e/o corresponsabilità di tutti i componenti del contesto scolastico, dei genitori e dei ragazzi (secondo la giurisprudenza vigente) e, nello specifico, di tutti gli interlocutori quali dirigenti, docenti e personale ATA, nonché di tutte le figure presenti nella quotidianità della scuola”.

In particolare, nei contesti educativo e scolastici, si parla di bullismo e cyberbullismo in riferimento ai minori.

CHE COS’E’ IL BULLISMO: il bullismo è un comportamento aggressivo teso ad arrecare danno ad un’altra persona; è rivolto ad uno stesso individuo, si ripete nel tempo e spesso la vittima non riesce a difendersi. Implica un’interazione dinamica e prolungata tra attore e vittima; abuso sistematico di potere tra pari; INTENZIONALITÀ a ferire e soggiogare; RIPETIZIONE delle azioni nel tempo; SQUILIBRIO DI POTERE, volontà di imporre un dominio sulla vittima.

Il bullo cerca tra le sue vittime la persona fragile che possa facilmente alimentare la propria esigenza di potere sull’altro. Manifestazioni di bullismo: FISICO: prendere a pugni o calci, prendere o maltrattare gli oggetti personali della vittima; VERBALE: insultare, deridere, offendere; INDIRETTO: fare pettegolezzi, isolare, escludere dal gruppo. Il bullismo è anche discriminatorio: omofobico, razzista, contro i disabili.

COSA NON È IL BULLISMO? Non è uno scherzo: nello scherzo l’intento è di divertirsi tutti insieme, non di ferire l’altro. Non è un conflitto fra coetanei: il conflitto, come può essere un litigio, è episodico, avviene in determinate circostanze e può accadere a chiunque, nell’ambito di una relazione paritaria tra i ragazzi coinvolti.

Sul versante dei comportamenti cosiddetti “quasi aggressivi”, si riscontrano situazioni in cui i ragazzi fanno giochi turbolenti, lotta per finta o aggressioni fatte in modo giocoso. Questi comportamenti sono particolarmente frequenti nell’interazione fra i maschi, dal secondo ciclo della scuola elementare fino ai primi anni delle superiori. Quasi sempre questi comportamenti sono di natura ludica e non presentano il carattere di aggressione e di asimmetria che possiamo rintracciare nel bullismo.

Secondo l’art. 1, comma 2, della l.n. 71/2017, il cyberbullismo è il bullismo realizzato per via telematica: “per cyberbullismo si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on-line aventi a oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.”

La norma identifica gli elementi essenziali del fenomeno perché si possa facilmente individuare e circoscrivere la tipologia, per non ricomprendere nella fattispecie tutti quei comportamenti che, pur rientrando nella sfera della più o meno ironica presa in giro, non possono tuttavia essere considerati per gravità, ampiezza e divulgazione rientranti nell’universo del cyberbullismo e quindi anche del bullismo.

Il cyberbullismo non conosce limiti spaziali o temporali. I cyberbulli hanno la libertà di poter fare online ciò che non potrebbero fare nella vita reale e ciò favorisce la deresponsabilizzazione. Chiunque, anche chi è vittima nella vita reale, può diventare un cyberbullo. I cyberbulli possono rendersi “anonimi”, in modo che non si sappia con chi si sta interagendo.

VIOLAZIONE DEI PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA COSTITUZIONE

Articolo 2 Cost.:

Le condotte di bullismo e cyberbullismo ledono i diritti inviolabili dell’uomo di cui all’art. 2 Cost., vale a dire i diritti della personalità quali il diritto alla vita, all’integrità fisica, al nome, all’onore, all’immagine; tali diritti sono riconosciuti e garantiti dallo Stato sia alla persona come singolo che nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità. Il dovere inderogabile di solidarietà sociale impone a tutti comportamenti e atteggiamenti di rispetto verso chiunque e di responsabilità, finalizzati ad un agire comune in difesa dei più deboli.

Articolo 3 Cost.:

Le condotte di bullismo e cyberbullismo violano il principio di uguaglianza formale attraverso la discriminazione e l’intolleranza nei confronti di chi appartiene a diverse etnia e religione, ha caratteristiche psico-fisiche differenti, particolari realtà familiari. Compito di tutte le Istituzioni e della scuola, è di proporre e realizzare azioni concrete e sinergiche con finalità educative, per prevenire e contrastare situazioni di disagio e malessere, per impedire la diffusione di atteggiamenti di prevaricazione o vittimismo che, se non sconfitti in ambito scolastico e familiare, diverranno tipici della società civile.

Articolo 30 Cost.:

Delle condotte di bullismo e cyberbullismo sono civilmente responsabili i genitori del figlio minorenne; sui genitori incombe la responsabilità di non avere impartito ai figli un'educazione adeguata (c.d. culpa in educando), e di non aver esercitato una vigilanza funzionale all'età e finalizzata a correggere comportamenti scorretti (c.d. culpa in vigilando). Articolo 34 Cost.: la scuola è aperta a tutti, le condotte di bullismo e cyberbullismo, quando inducono gli studenti che ne sono bersaglio all’assenteismo e all’abbandono scolastico, sono causa della violazione del diritto fondamentale allo studio di tutte e di tutti.

Come già approfondito nell’ambito dei paragrafi specificamente dedicati, bullismo e cyberbullismo sono, inoltre, comportamenti che possono configurare illeciti civili, fonte di eventuali obblighi di risarcimento del danno, oltre a concretare fattispecie di reato.

In tutti i casi in cui il reato sia procedibile d’ufficio, i pubblici ufficiali, tra questi i dirigenti scolastici ed i docenti, hanno obbligo di denuncia ex art. 331 c.p.p. che scatta per il solo fatto di aver conosciuto direttamente o di essere venuto a conoscenza di una notizia di un fatto che potrebbe identificare una fattispecie di reato procedibile d’ufficio. E’ un obbligo personale cioè ricade direttamente su chi ha appreso la notizia, a cui corrisponde il reato di omissione di denuncia ex art. 361 c.p..

Sia la querela che la denuncia vanno inoltrate al Pubblico Ministero presso la Procura del Tribunale Ordinario o del Tribunale dei Minori, a seconda che si tratti di maggiorenne o minorenne, direttamente o per tramite di un Ufficiale di Polizia Giudiziaria: Polizia di Stato o Carabinieri

La legge afferma che i docenti ed i dirigenti scolastici sono pubblici ufficiali, non solo durante le lezioni ma anche durante le attività preparatorie, gli incontri con i genitori ed in ogni altra occasione di permanenza all’interno dell’Istituto.

L’articolo 7 della l.n. 71/2017 disciplina la procedura dell’ammonimento prevista dall’art. 8 del d.l. n. 11/2009, estendendola anche ai casi di cyberbullismo come strumento di dissuasione e di recupero del cyberbullo: “Fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594, 595 e 612 del codice penale e all'articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, è applicabile la procedura di ammonimento di cui all'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazioni. Ai fini dell'ammonimento, il questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale. 3. Gli effetti dell'ammonimento di cui al comma 1 cessano al compimento della maggiore età”.

 

Gli obblighi e le responsabilità della comunità scolastica per la prevenzione ed il contrasto del bullismo e del cyberbullismo.

Tutte le azioni di contenimento del fenomeno da porre in essere sono inscrivibili in un contesto educativo di contrasto e di prevenzione, non di mera vigilanza e repressione. La Scuola è chiamata a contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela e educazione nei confronti dei minori coinvolti, siano essi vittime o responsabili degli illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di età nell’ambito delle istituzioni scolastiche.

Questo monito ed obbligo si traduce:

  • nella promozione dell’educazione all’uso consapevole della rete internet e alla conoscenza dei diritti e doveri connessi all’utilizzo delle tecnologie informatiche, quale elemento trasversale alle diverse discipline curriculari, anche attraverso attività progettuali aventi carattere di continuità tra i diversi gradi di istruzione o di progetti elaborati da reti di scuole in collaborazione con enti locali, servizi territoriali, organi di polizia, associazioni ed enti;
  • nella condivisione tra tutti i soggetti coinvolti nell’esperienza educativa: dirigente scolastico, referente/i per il bullismo e cyberbullismo, team bullismo/team emergenza, Consiglio d’Istituto, Collegio dei docenti, docenti, le studentesse e gli studenti, con particolare riguardo al ruolo della Consulta provinciale degli studenti e delle rappresentanze, le famiglie, i collaboratori scolastici e gli assistenti tecnici, ove presenti (vedi la pubblicazione nata dal progetto “Contrasto al Bullismo” dello U.A.T. di Belluno, negli a.s. 2015/2016 e 2016/2017, in collaborazione con gli studenti della Consulta provinciale degli studenti (raccolta questionari e redazione), il Centro territoriale di supporto di Belluno (formazione studenti e docenti), a cura della scrivente prof. Michela Possamai, Dirigente U.A.T. IV di Belluno, e del prof. Franco Chemello, docente referente per le politiche giovanili e per la C.P.S. di Belluno presso U.A.T. IV di Belluno).

Quanto ai documenti, l’obbligo e l’opportunità trovano luogo in:

  • P.T.O.F. e documento epolicy;
  • Regolamento di Istituto;
  • Patto educativo di corresponsabilità.

Secondo le Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo: La scuola punta alla costruzione di un’etica civile e di convivenza grazie alla quale ogni ragazzo/ragazza conosca e comprenda il significato delle parole dignità, riconoscimento, rispetto, valorizzazione. Per questo motivo, la prima azione di contrasto al bullismo e al cyberbullismo è la cura della relazione con l’Altro, estesa a ogni soggetto della comunità educante, accompagnata da una riflessione costante su ogni forma di discriminazione, attraverso la valorizzazione delle differenze e il coinvolgimento in progetti e percorsi collettivi di ricerca e di dialogo con il territorio”.

Tali finalità devono trovare adeguata corrispondenza nel P.T.O.F. che deve definire:

  • l’approccio alle tematiche legate alle competenze digitali, alla sicurezza on line e all’uso positivo delle tecnologie digitali nella didattica, anche attraverso la stesura di apposito “Epolicy”, documento programmatico, volto a descrivere l’approccio specifico della scuola alle tematiche legate alle competenze digitali, alla sicurezza online e a un uso positivo delle tecnologie digitali nella didattica;
  • le norme comportamentali e le procedure per l’utilizzo delle tecnologie di informazione e comunicazione in ambiente scolastico, in sintonia con le disposizioni anche del Regolamento d’Istituto;
  • le misure per la prevenzione anche attraverso un coinvolgimento attivo degli studenti (“peer education”) e in collaborazione con le Consulte provinciali degli studenti nelle istituzioni scolastiche di II grado) e i rappresentanti degli studenti;
  • la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti.

Inoltre, i regolamenti (ex art. 4, comma 1, d.P.R. n. 1998/249) e il Patto educativo di corresponsabilità (ex art. 5-bis ibidem) devono essere integrati con specifici riferimenti a condotte di cyberbullismo, individuando le misure di intervento immediato del dirigente (ex art. 5, comma 1, l.n. 71/2017) e prevedendo sanzioni disciplinari commisurate alla gravità degli atti compiuti ed interventi di natura educativa e di prevenzione (a seguire il procedimento disciplinare).

La l.n. 71/2017 invita a definire azioni di prevenzione le azioni volte a promuovere e a preservare lo stato di salute e ad evitare l’insorgenza di patologie e disagi. Nel nostro caso, secondo l’OMS, la prevenzione si articola su tre livelli:

1. prevenzione primaria o universale, le cui azioni si rivolgono a tutta la popolazione. Nel caso del bullismo, esse promuovono un clima positivo improntato al rispetto reciproco e un senso di comunità e convivenza nell’ambito della scuola;

2. prevenzione secondaria o selettiva, le cui azioni si rivolgono in modo più strutturato e sono focalizzate su un gruppo a rischio, per condizioni di disagio o perché presenta già una prima manifestazione del fenomeno;

3. prevenzione terziaria o indicata, le cui azioni si rivolgono a fasce della popolazione in cui il problema è già presente e in stato avanzato. Nel caso del bullismo la prevenzione terziaria/indicata si attua in situazioni di emergenza attraverso azioni specifiche rivolte ai singoli individui e/o alla classe coinvolta negli episodi di bullismo. Gli episodi conclamati sono anche definiti “acuti”. Le azioni di prevenzione terziaria/indicata vengono poste in essere da unità operative adeguatamente formate dalla scuola, i team antibullismo e i team per l’emergenza, che includono, ove possibile, figure professionali ed esperte (psicologi, pedagogisti, personale dell’ambito socio-sanitario. 

Nello specifico, la progettazione proporrà attività per promuovere la consapevolezza e la responsabilizzazione tra gli studenti, nella scuola e nelle famiglie, indirizzando le iniziative ad:

  • accrescere la diffusa consapevolezza del fenomeno del bullismo e delle prepotenze a scuola attraverso attività curriculari incentrate sul tema (letture, film, video, articoli, ecc.);
  • responsabilizzare il gruppo classe attraverso la promozione della consapevolezza emotiva e dell’empatia verso la vittima, nonché attraverso lo sviluppo di regole e di “politiche scolastiche”;
  • impegnare i ragazzi in iniziative collettive di sensibilizzazione e individuazione di strategie appropriate per la prevenzione dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo, come, ad esempio, Hackathon (a diversi livelli, d’istituto, di rete, provinciali, regionali) che hanno la capacità di mobilitare le migliori energie dei ragazzi, facendo loro vivere esperienze positive di socializzazione, con la contestuale valorizzazione delle competenze di cittadinanza e della loro creatività;
  • organizzare dibattiti sui temi del bullismo e cyberbullismo, per sollecitare i ragazzi ad approfondire con competenza i temi affrontati e a discuterne, rispettando le regole della corretta argomentazione.

Nei contesti a maggiore rischio sociale, a forte contrasto e flusso migratorio, piuttosto che in assenza di servizi alle famiglie o risorse per le politiche giovanili, la legge prevede azioni di intervento preventivo di II livello, raccomandando di predisporre sia una valutazione accurata dei problemi (incidenza dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo e di altri segnali di disagio personale e familiare), sia un piano di intervento in collaborazione con i servizi del territorio, che coinvolga i ragazzi, gli insegnanti e le famiglie con un approccio sistematico, al fine di promuovere un percorso di vicinanza e ascolto e intercettare precocemente le difficoltà.

Nei casi di particolare ed intensa incidenza di fattori di rischio, è importante che la scuola attivi un sistema di segnalazione tempestiva.

È utile, inoltre, una valutazione approfondita in funzione della gravità del problema, attraverso quattro specifici passaggi:

  • raccolta della segnalazione e presa in carico del caso;
  • approfondimento della situazione per definire il fenomeno;
  • gestione del caso con scelta dell’intervento o degli interventi più adeguati da attuare (individuale, educativo con il gruppo classe, di mantenimento e ripristino della relazione, intensivo e a lungo termine, di coinvolgimento delle famiglie);
  • monitoraggio della situazione e dell’efficacia degli interventi.

La Scuola tutela le vittime ma non lascia indietro, direbbe don Milani, gli autori di comportamenti intimidatori e violenti: quando si verificano episodi acuti di bullismo, la prima azione deve essere orientata alla tutela della vittima, includendo, successivamente, il bullo/prevaricatore e il gruppo classe.

Fermo che, in caso di rilevanza penale del comportamento, è obbligo della scuola segnalare l’evento all’autorità giudiziaria, in caso di segnalazione di episodi cyberbullismo, il dirigente scolastico ha l’obbligo di informare tempestivamente anche la famiglia, come indicato nella l.n. 71/2017.

Si consiglia, in ogni caso, una preventiva consultazione con il team antibullismo e il team per l’emergenza al fine di concordare al meglio le comunicazioni ed eventuali strategie d’intervento.

La norma citata suggerisce di seguire il seguente schema di intervento:

  • colloquio individuale con la vittima;
  • colloquio individuale con il bullo;
  • possibile colloquio con i bulli insieme (in caso di gruppo);
  • possibile colloquio con vittima e bullo/i se le condizioni di consapevolezza lo consentono;
  • coinvolgimento dei genitori di vittima e bullo/i.

Essendo ogni situazione di bullismo differente in termini di modalità, è opportuno valutare di volta in volta quale sia l’ordine più efficace e, da lì, ripartire per ricostruire la relazione educativa, secondo i seguenti steps:

PREVENIRE

Step1: sviluppare un clima di empatia nel gruppo dei pari (scuola/classe/ gruppo): imparare a mettersi nei panni dell’altro;

Step 2: sviluppare il dialogo costruttivo e rispettoso nel gruppo;

Step 3: imparare a non voltarsi dall’altra parte e ad interessarsi attivamente degli altri e delle cose che ci circondano: metterci la faccia, insieme, per cambiare quello che non va!

Step 4: conoscere ed essere consapevoli del fenomeno e delle sue conseguenze.

CURARE

Step 5: dimostrare solidarietà e sostegno alla vittima;

Step 6: coinvolgere e convincere gli altri pari o le rappresentanze o gli studenti più grandi: chiedere aiuto, anche agli adulti (indispensabile per situazioni gravi);

Step 7: attivare i bystanders;

Step 8: disinnescare i complici;

Step 9: recuperare il bullo;

Step 10: coltivare e mantenere un clima positivo nella classe!

La lotta contro il bullismo ed il cyberbullismo non riguarda però il solo corpo docente, ma coinvolge la Scuola ad ogni livello, compreso il gruppo classe.

È, dunque, importante che gli alunni conoscano le strategie per aiutare un compagno che sia vittima di un problema legato ad internet.

Si vedano in tal senso i consigli pubblicati sulla pagina Aiuta un amico”, nell’ambito del progetto “Safer Internet Centre - Generazioni Connesse, co-finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma “Digital Europe e coordinato dal M.I.U.R.:

Ascolta più che parlare

Poniti in una posizione di ascolto.

Evita di dare giudizi o di dire troppo la tua: lo aiuterà ad aprirsi di più. Sfogarsi è già un modo per stare meglio.

Chiedi consiglio a un adulto

Non sentirti sotto pressione o incapace, se non sai che fare. Fatti aiutare anche tu. Chiedere aiuto a un adulto può essere proprio il modo migliore per aiutare il tuo amico.

Non forzare nessuno a parlare

Se non vuole, non insistere all’infinito. Fagli sapere che tu sarai sempre disponibile ad ascoltare e che non lo giudicherai, potrebbe cambiare opinione in futuro.

Fagli sapere cosa ti preoccupa

Se inizi tu la conversazione, perché hai visto che qualcosa non va, fagli sapere cosa ti preoccupa. E che gli stai parlando solo perché ci tieni a lui, non per giudicarlo o altro.

Se c’è un pericolo concreto... agisci!

Se capisci che la situazione è molto rischiosa, agisci chiedendo aiuto a un genitore o a un insegnante o direttamente alla polizia, anche contro la volontà della vittima. Un giorno ti ringrazierà.

Consiglia di salvare i messaggi

Se la persona in difficoltà è vittima di un cyberbullo o di un tentativo di adescamento, possono essere una prova.

 

Per una scuola bullying free e a misura di questo nostro mondo, c’è bisogno dell’intelligenza, della volontà e del cuore davvero di tutti.

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