Enunciati i principi di diritto in ordine ai trasferimenti immobiliari nell’ambito delle separazioni consensuali o dei divorzi congiunti

01 SETTEMBRE 2021 | Separazione e divorzio

Nella newsletter del 02.3.2020 abbiamo pubblicato l’ordinanza interlocutoria n. 3089 di data 10.2.2020, con la quale la prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha trasmesso il ricorso al Primo Presidente, chiedendo la rimessione alle Sezioni Unite per verificare se nel nostro ordinamento esiste o meno un principio giuridico per cui gli atti traslativi di diritti reali sono validi solo se effettuati per mezzo di rogito notarile oppure se sia possibile che “tale attività possa essere sostituita da quella di altri operatori tra i quali il giudice”(Cfr. Cass. Civ. n. 3089/2020).

Con la pronuncia in commento (Cfr. Cass. Civ., SS UU, n. 21761/2021), la Corte di Cassazione, dopo aver ripercorso la natura e la validità degli accordi tra coniugi, ha risposto al quesito posto dall’ordinanza di rimessione, affermando i seguenti principi di diritto:

"sono valide le clausole dell'accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento; il suddetto accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale d'udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell'art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 16, che, in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l'omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell'art. 2657 c.c.; la validità dei trasferimenti immobiliari presuppone l'attestazione, da parte del cancelliere, che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis; non produce nullità del trasferimento, il mancato compimento, da parte dell'ausiliario, dell'ulteriore verifica circa l'intestatario catastale dei beni trasferiti e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari".

Come evidenziato nel precedente contributo, la risposta al quesito dipendeva anche dall’interpretazione dell’art. 29 co. 1-bis della Legge 27 febbraio 1985 n. 52, come modificato dall’art. 19 co. 14 del Decreto Legge 31 Maggio 2010 n. 78, convertito nella Legge 30 Luglio 2010 n. 122, il quale prevede che: “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti […] devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.

In sintesi, la citata previsione prevede ai fini della validità dell’atto traslativo la verifica di una conformità oggettiva e di una conformità soggettiva e, secondo alcuni interpreti, proprio la mancata espressa previsione della possibilità di demandare a terzi (rispetto al notaio) la verifica di conformità soggettiva portava alla conclusione di dover ritenere indispensabile il controllo notarile relativo alla validità dell’atto.

Quanto alla prima condizione, la Corte di Cassazione ritiene di chiara evidenza che il tenore letterale della norma fonda la previsione di nullità unicamente sulla mancanza nell'atto: - dell'"identificazione catastale"; - del "riferimento alle planimetrie depositate in catasto"; - della "dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale". Dunque, si tratta di una nullità testuale (art. 1418 c.c.) di carattere oggettivo che, a prescindere dalla esattezza e veridicità degli allegati e della dichiarazione, determina la nullità dell'atto per la sua sola mancanza, a prescindere dal soggetto che compie tale accertamento.

Tanto è vero che, nella prima parte dell'art. 29 succitato, non è indicato alcun soggetto particolare, “ben potendo la nullità stessa verificarsi qualunque sia il soggetto che roga l'atto, sia esso un notaio o anche le parti private nella scrittura privata autenticata” (Cfr. Cass. Civ., SS UU, n. 21761/2021).

Posto, quindi, che non è controverso che al cancelliere (esattamente come al giudice) compete la qualifica di pubblico ufficiale e che la stesura del verbale d’udienza rientra nell'esercizio di una pubblica funzione (cfr. art. 357 c.p.), le pattuizioni, che “operino il trasferimento in favore di uno di essi o di terzi di beni immobili, in quanto inserite nel verbale di udienza, redatto da un ausiliario del giudice e diretto a far fede di ciò che in esso è attestato, devono ritenersi, stipulate nella forma di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2699 c.c. e quindi trascrivibili, ai sensi dell'art. 2657 c.c.” (Cfr. Cass. Civ., SS UU, n. 21761/2021).

Quanto alla conformità soggettiva, la Corte, innanzitutto, precisa che la disposizione succitata non sia applicabile esclusivamente agli atti compiuti con il ministero del notaio, “ma si attagli invece a tutti i trasferimenti immobiliari che, oltre che in forma giudiziale, ai sensi dell'art. 2932 c.c., ben possono essere effettuati anche in un verbale di conciliazione giudiziale o in un verbale di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta” (Cfr. Cass. Civ., SS UU, n. 21761/2021).

La Corte esclude poi che si possa sostenere che il Legislatore abbia inteso dire che la conformità soggettiva (ovvero individuazione degli intestatari catastali e verifica della loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari) possa essere accertata solo dal notaio per diverse ragioni.

In primo luogo, una tale interpretazione avrebbe dovuto comportare “una norma in deroga all'art. 1350 c.c., sia pure limitatamente alle unità immobiliari urbane, mentre nulla ha disposto sul punto, dovendo pertanto ritenersi ancora pienamente lecite, e valide, semplici scritture private, che riportino trasferimenti o costituzioni di diritti reali, o scioglimento delle relative comunioni” (Cfr. Cass. Civ., SS UU, n. 21761/2021).

Ed ancora, la tesi che attribuisce al solo notaio la verifica soggettiva implicherebbe una interpretazione della norma intrinsecamente incoerente, “visto che, da una parte, legittima la possibilità di realizzare atti dispositivi anche con scritture private e, dall'altra, impone la redazione di tali atti da parte del notaio” (Cfr. Cass. Civ., SS UU, n. 21761/2021).

Infine, la violazione della disposizione sulla conformità soggettiva, a differenza della violazione di quella sulla conformità oggettiva, non determina la nullità dell’atto: “sicché, se non vi è nullità, e nessuna altra conseguenza è prevista, diviene difficile sostenere che, in forza di tale norma, solo il notaio possa compiere gli atti in esame” (Cfr. Cass. Civ., SS UU, n. 21761/2021).

Secondo la Corte, dunque, anche tali incombenti relativi alla verifica della coincidenza dell'intestatario catastale con il soggetto risultante dai registri immobiliari - previsti dell’art. 29 co. 1-bis della Legge 27 febbraio 1985 n. 52 - possono essere eseguiti dall'ausiliario del giudice, sulla base della documentazione che le parti saranno tenute a produrre, se del caso mediante un protocollo che ciascun ufficio giudiziario - come accade già in diversi Tribunali - potrà predisporre d'intesa con il locale Consiglio dell'ordine degli avvocati.

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