Il giusto limite tra necessità di protezione e libertà di autodeterminazione della persona “fragile"

di Avv. Cristina Arata e dott.ssa Fiorella Guidolin

Con la sentenza resa lo scorso 6 luglio, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha accertato la violazione da parte dell’Italia dell’art. 8 della Convenzione nei confronti di una persona anziana, soggetta ad amministrazione di sostegno, ricoverata in una struttura residenziale (RSA) contro la sua volontà, e sottoposta ad un particolare regime di isolamento per decisione dell’AdS e del G.T.

La questione è stata portata all’attenzione della CEDU con il ricorso n. 46412/21, proposto il 20 settembre 2021 dal cugino in nome e per conto dell’interessato, in cui veniva lamentata la violazione da parte dello Stato italiano degli articoli 5 e 8 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.

La vicenda traeva origine nel 2017 dall’iniziativa della sorella dell’anziano che adiva il tribunale di Milano chiedendo la nomina di un amministratore di sostegno a favore del fratello.

Nell’ambito dell’istruttoria il GT accertava che l’anziano viveva secondo la regola francescana, prediligendo una vita semplice e donando le sue ricchezze a quanti avevano bisogno, e che non appariva in grado di gestire i limiti di questa pratica: l’eccessiva prodigalità lo poneva in una condizione di vulnerabilità.

Nominava, quindi, un amministratore di sostegno, con il compito di gestire le risorse economiche e il patrimonio del beneficiario.

Successivamente l’anziano veniva sottoposto (sia nell’ambito nella procedura di ADS sia su richiesta dei servizi sociali) ad una serie di perizie psichiatriche e psicologiche.

In una pima fase (anni 2017- 2018) veniva accertato che l’anziano non soffriva di alcuna psicopatologia e che i processi cognitivi e motivazionali necessari alla realizzazione degli atti quotidiani ordinari e straordinari erano conservati.

Il 6 novembre 2018, la sorella unitamente al fratello beneficiario chiedeva quindi al GT di porre termine alla misura di protezione, adducendo l’intervenuta modifica delle condizioni che avevano portato alla sua applicazione.

Tuttavia nella relazione presentata dai servizi sociali al GT veniva evidenziata la necessità della misura di protezione: l’anziano era rattristato per non poter gestire il suo patrimonio come soleva fare, per la sua condizione di soggezione rispetto alle decisioni del GT; non comprendeva di essersi esposto a dei rischi a causa della sua generosità, rifiutava di essere aiutato con riguardo alle condizioni insalubri del luogo in cui viveva, si spostava in bicicletta nonostante fosse quasi cieco. In conclusione, i servizi sociali chiedevano che venisse effettuata una nuova perizia psichiatrica.

Il GT, rilevato che la sicurezza fisica e il benessere del beneficiario erano gravemente compromessi, e che aveva rilasciato dichiarazioni confuse e contraddittorie, nel maggio 2020 estendeva i poteri dell’ADS a tutti gli aspetti concernenti la persona dell’anziano e la sua cura.

In particolare autorizzava l’ADS ad occuparsi, in nome dell’interessato (e quindi con poteri sostitutivi) di tutti gli affari che lo riguardavano, compreso decidere la soluzione abitativa più adeguata alle sue esigenze, e assicurarsi che ricevesse le cure e i trattamenti tenendo conto delle sue necessità ed aspirazioni. Il giudice precisava, altresì, che poteva essere previsto, se necessario, il collocamento in un istituto di cura e di ricovero idoneo, e che spettava quindi all’amministratore formulare il relativo consenso in luogo dell’interessato.

La perizia medica redatta nel giugno del 2020 specificava che il beneficiario aveva conservato la capacità di giudizio e che non era stato constatato alcun deterioramento mentale o cognitivo. Una seconda perizia realizzata il 24 settembre 2020 chiariva che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno manifestava un disturbo ossessivo-compulsivo della personalità.

Il 26 ottobre 2020, l’AdS otteneva dal GT l’autorizzazione ad inserire l’anziano in casa di riposo ricorrendo all’intervento della forza pubblica, specificando che l’assistito non aveva più un medico di medicina generale e che era stato incardinato un procedimento penale nei confronti dei suoi collaboratori domestici per circonvenzione di incapace.

Così l’AdS, accompagnato da un medico e dai carabinieri, si presentava al domicilio del beneficiario: quest’ultimo, informato della decisione di collocarlo in casa di riposo, manifestava tutta la sua contrarietà. Ritrovata la calma accettava poi di sottoporsi a controllo medico, consentiva di entrare temporaneamente in una casa di cura in vista del successivo rientro a casa. Due giorni più tardi iniziava a rifiutare il cibo, ad eccezione del pane e dell’acqua, per protestare contro la sua collocazione.

Il 21 novembre 2020 l’anziano intratteneva un colloquio telefonico con il cugino, alla presenza di un assistente sociale ed in tale occasione dichiarava di essere ben assistito ma di desiderare il rientro nella propria abitazione.

Qualche giorno prima, il 17 novembre 2020, la troupe di un noto programma televisivo aveva realizzato un servizio sulla situazione dell’anziano trattenuto nella casa di riposo contro la sua volontà: la vicenda diveniva di pubblico dominio. L’AdS decideva di impedire qualsiasi comunicazione diretta tra il beneficiario ed i terzi, ad eccezione del Sindaco del paese di residenza dell’anziano.

Il 26 novembre 2020, il GT confermò la decisione dell’ADS perché diretta a proteggere il beneficiario dalla divulgazione della sua storia personale e dalle ripercussioni mediatiche, vietando a sua volta qualsiasi incontro e conversazione telefonica con i terzi.

Il 7 dicembre 2021, il cugino e la sorella chiedevano al GT l’autorizzazione a far visita all’anziano nella casa di riposo; qualche giorno più tardi venivano informati del rifiuto della visita da parte dell’interessato, che aveva scritto una lettera nella quale esprimeva nuovamente il desiderio di rientrare a casa, specificando che voleva incontrare i suoi familiari nella sua abitazione.

Il 18 marzo 2021 il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute inviava una raccomandazione alla procura del Tribunale di Lecco, invitandolo a considerare l’opportunità di domandare al GT una rivalutazione completa del contesto di vita dell’anziano e a porre termine al suo confinamento nella casa di cura. Sollecitava, altresì, la Procura a rivedere le misure adottate per la sua tutela e la predisposizione un sistema di protezione più adeguato.

Il 3 maggio 2021, il Garante nazionale si recava nella casa di riposo verificando che il collocamento era stato deciso contro la volontà dell’interessato e che limitava fortemente la sua libertà personale: chiedeva quindi di attenuare l’isolamento e di assicurare l’uscita dalla struttura a breve in vista del ritorno al suo domicilio.

Il 18 ottobre 2021, il GT ordinava una nuova perizia psichiatrica: l’esperto constatava un miglioramento delle condizioni fisiche, rilevava che partecipava volentieri a tutte le attività proposte, e che persisteva nel chiedere di rientrare a casa. Raccomandava quindi l’attribuzione di piccoli compiti per motivare e premiare l’anziano in modo che si sentisse utile ed importante all’interno della RSA, così come l’organizzazione di uscite in luoghi di suo interesse. Concludeva che si poteva prevedere un ritorno progressivo dell’anziano al suo domicilio grazie all’accompagnamento di un educatore e di uno psicologo, precisando che il progetto doveva implicare l’intervento dei servizi sociali, essere progressivo nel tempo e costantemente monitorato.

Il 18 dicembre 2021, il Garante tornava nella RSA constatando l’attenuazione delle misure di isolamento ma raccomandava la messa in atto di un progetto adeguato ai suoi specifici bisogni.

Il 12 febbraio 2023, il Garante effettuava una terza visita: incontrava il sindaco, il vicesindaco e il dirigente dei servizi sociali per discutere sulla necessità di una pianificazione efficace a garantire il necessario equilibrio tra il bisogno di protezione dell’anziano e le sue aspirazioni personali.

Il PM non dava seguito alla raccomandazione del Garante. Veniva anzi avviato un procedimento penale per violazione di domicilio a carico di una persona sospettata di essere entrata nella RSA e di aver incontrato il beneficiario senza l’autorizzazione dell’ADS.

Avanti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, lo Stato italiano contestava la possibilità per il cugino di agire in nome e per conto del parente.

La Corte riteneva invece ricevibile il ricorso: in presenza di circostanze eccezionali, un terzo può agire senz’altro in nome e per conto di una persona vulnerabile, se sussiste il rischio che i suoi diritti siano privati di effettiva tutela e a condizione che il ricorrente e la vittima non si trovino in condizione di conflitto di interessi (Lambert et autres c. France, n. 46043/14).

I ricorsi introdotti da privati per conto di una o più vittime di violazioni degli artt. 2,3 e 8 della Convenzione, attribuite alla autorità nazionali, possono essere dichiarati ricevibili nonostante l’assenza di una valida procura. In tali situazioni, infatti, è accordata un’attenzione particolare sia alle possibili cause di vulnerabilità - quali l’età, il sesso o una menomazione tali da impedire a determinate vittime di presentare il loro caso alla Corte – sia ai legami tra la vittima e il ricorrente (Lambert et autres, précité).

L’anziano si trovava in una situazione che non gli permetteva di adire direttamente la Corte, dato che l’AdS disponeva di poteri sostitutivi della sua volontà, e che la doglianza principale riguardava proprio le restrizioni che lo stesso professionista aveva disposto con l’avvallo del GT.

Il ricorrente lamentava, infatti, di essere stato collocato in casa di riposo dal 2020 e l’impossibilità di tornare al suo domicilio e di ricevere visite senza il consenso dell’AdS. e del GT. Tutto ciò veniva percepito come una violazione del diritto ad avere una vita privata.

Per il Governo italiano la decisione di collocare l’anziano nella RSA rappresentava l’unica in grado di salvaguardare gli interessi patrimoniali e personali dell’interessato. L’ingerenza attuata dalle autorità era quindi rimasta entro i limiti del loro margine di discrezionalità.

Il ragionamento della Corte Europea parte, invece, dall’assunto che l’attivazione di una misura di protezione giuridica è sempre potenzialmente suscettibile di integrare un’ingerenza nella vita privata del beneficiario: privare una persona della sua capacità d’agire, anche se solo parzialmente, è una misura grave che dev’essere limitata a circostanze eccezionali (Ivinovic c. Croatie, n. 13006/13).

La limitazione del diritto individuale al rispetto della vita privata viola l’art. 8 se non è prevista dalla legge, se non persegue uno o più degli scopi legittimi di cui al paragrafo 2, e soprattutto se non è proporzionale rispetto agli obiettivi perseguiti.

Nel caso concreto l’apertura dell’amministrazione di sostegno è stata ritenuta proporzionata e volta a perseguire il fine legittimo (ai sensi del secondo paragrafo dell’art. 8 della Convenzione) di garantire la protezione del beneficiario, in un primo tempo contro il rischio connesso all’eccessiva prodigalità e, a partire dal 2020, per il peggioramento delle sue condizioni fisiche e mentali.

In tal senso, per la Corte, non può che essere riservato un margine di discrezionalità alle autorità nazionali (Maurice c. France, n. 11810/03), che varierà in funzione del diritto interessato, della sua importanza per la persona e della natura delle attività limitate, il tutto in funzione dello scopo perseguito mediante le restrizioni (A.-M.V. c. Finlande, n. 53251/13).

Tuttavia andava considerata la circostanza che la decisione di nominare un ADS non era stata basata su di un’alterazione, accertata dai medici, delle facoltà mentali dell’anziano: la decisione del GT era fondata sul fatto che il beneficiario non era consapevole delle conseguenze della sua prodigalità, che soffriva di un disturbo della personalità ossessivo-compulsivo accompagnato da aspetti depressivi, che viveva in condizioni di povertà e trascurava la sua igiene. Aspetti che tuttavia non intaccavano la consapevolezza e competenza sufficienti a determinarsi nelle scelte di vita quotidiana, se adeguatamente supportate. Errata invece l’attribuzione ad altri di poteri integralmente sostitutivi.

Né è condivisibile per la Corte la decisione dell’AdS di sottoporre il beneficiario ad uno stretto regime di isolamento, ignorando la sua richiesta di rientrare al proprio domicilio, di privarlo di tutti i contatti con l’esterno (salvo autorizzazione di AdS o GT), e questo non appena l’anziano era entrato nella RSA, e quindi anche prima della diffusione sui canali nazionali della trasmissione televisiva.

Inoltre, sebbene gli esperti avessero previsto già da 2021 la possibilità di un ritorno progressivo al suo domicilio, questa misura non era mai stata attuata, disattendendo anche le plurime denunce e indicazioni del Garante nazionale.

Se per la Corte, ai sensi dell’art. 5 della Convenzione, in determinate circostanze il benessere di una persona affetta da disturbi psichici può costituire un fattore aggiuntivo da considerare nel valutare il possibile collocamento in istituto, tuttavia il bisogno oggettivo di assistenza sociale non può condurre automaticamente all’imposizione di misure restrittive della libertà. Tutte le misure di protezione adottate nei confronti di una persona fragile, ma capace comunque di esprimere la sua volontà, devono riflettere per quanto possibile i suoi desideri: spetta al giudice valutare tutti i fattori pertinenti in applicazione del principio di proporzionalità della misura da adottare.

Restringere i contatti sociali è stata una scelta non ponderata e contraddittoria con le indicazioni degli esperti in favore delle uscite dell’anziano in luoghi di aggregazione. Né sono state predisposte misure per il ritorno al  domicilio, anche se il collocamento era stato deciso in via provvisoria. Pur non essendo stato dichiarato né incapace né interdetto, il beneficiario si è trovato totalmente soggetto alle decisioni dell’AdS in tutti i settori di vita e senza limite di durata.

Per la Corte, nel caso esaminato, le autorità hanno abusato della flessibilità dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, per perseguire obiettivi che il diritto italiano assegna, entro limiti rigorosi, solo alla misura del T.S.O.; e posto in essere un’elusione del quadro normativo dell’istituto e della sua ratio.

Sottolinea la Corte che già nel rapporto pubblicato nel 2022 dal Comité europeén pour la prévention de la torture et des peines ou traitements inhumains ou dégradants era stata espressa preoccupazione in relazione alla situazione nelle RSA visitate: con le restrizioni associate al Covid 19 (privazione dell’accesso all’aria aperta e riduzione delle attività di passatempo e delle visite dei famigliari) gli ospiti si trovavano di fatto privati della loro libertà. Il CTP rilevava che tali restrizioni poste in essere in maniera continuativa da febbraio 2020 nelle RSA avevano avuto un effetto pregiudizievole sulla salute mentale e psicosomatica degli anziani.

Di qui la raccomandazione a visite periodiche da parte dei GT ai residenti delle RSA sottoposti alla misura dell’amministrazione di sostegno.

La Corte constata infine, con inquietudine, che la rappresentanza sostitutiva del beneficiario quanto alle decisioni di vita continua ad essere largamente praticata nell’ambito dell’amministrazione di sostegno. E invita le autorità statali ad abrogare le leggi che autorizzano questo tipo di sostituzione decisionale e ad adottare meccanismi di supporto decisionale, anche attraverso la formazione di professionisti della giustizia, della sanità e dei servizi sociali.

Nel caso esaminato, sebbene l’ingerenza perseguisse l’obiettivo legittimo di tutelare il benessere più ampio del beneficiario, non è stata proporzionata e adeguata alla situazione della persona, alla luce delle possibili alternative che le autorità potevano adottare: pertanto non è rimasta entro i limiti del margine di discrezionalità di cui godono le autorità giudiziarie.

Viste le circostanze, la Corte ha concluso statuendo la sussistenza della violazione da parte dell’Italia dell’art. 8 della Convenzione.

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