La natura giuridica dell’ascolto del minore

di Avv. Massimo Osler

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3456/2023 di data 11.12.2023, nell’ambito di un procedimento di responsabilità aquiliana tra i genitori, conclusosi con la condanna, confermata in grado di appello, di un genitore al risarcimento dei danni da privazione del rapporto genitoriale a favore dell’altro, chiarisce l’ambito di applicabilità dell’istituto dell’ascolto del minore e la sua funzione.

Nel procedimento di primo grado, il Tribunale aveva ritenuto superflua la richiesta audizione del minore, a fronte delle prove già acquisite in atti.

Il quesito, dunque, cui risponde la Corte non riguarda la legittimità o meno dell’audizione del minore sotto il profilo probatorio, trattandosi, tra l’altro, di accertamento di merito insindacabile, ma se l’ascolto del minore fosse obbligatorio, in quanto il figlio non poteva non considerarsi parte sostanziale nel procedimento tra i genitori.

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione precisa quale sia la natura giuridica dell’ascolto del minore, anche a seguito della recente Riforma Cartabia, delimitando i procedimenti in cui è obbligatorio.

Invero, se è evidente la sua obbligatorietà nei procedimenti in cui il minore è formalmente parte, occorre stabilire un criterio per individuare in quali procedimenti il minore si possa ritenere tale, anche se solo in senso sostanziale, al fine di applicare anche ad essi l’istituto dell’ascolto.  

Nel giudizio di legittimità, infatti, la ricorrente sosteneva che il Giudice di merito non potesse omettere l’ascolto del figlio, in quanto il medesimo deve sempre essere ascoltato in tutti i procedimenti in cui sia coinvolto, anche solo indirettamente, per almeno due ragioni.

Anzitutto sotto il profilo dell’accertamento della responsabilità, considerato che la richiesta di risarcimento trovava la sua fonte proprio nel comportamento del minore, il quale “avrebbe sostanzialmente escluso il padre dalla propria vita, rifiutando il rapporto genitoriale con esso”; di conseguenza, il medesimo, in quanto parte sostanzialmente responsabile, avrebbe dovuto essere ascoltato. In ogni caso, anche a voler prescindere dal piano della responsabilità, per la medesima ricorrente sussisteva comunque “il diritto [del minore] ad essere ascoltato su una vicenda giudiziale che lo vede(va) come protagonista diretto delle vicende narrate, e che richiedeva altresì la protezione dei suoi interessi quale parte sostanziale del procedimento giudiziario”.

La Corte di Cassazione, quanto al primo profilo relativo all’accertamento della responsabilità, conclude subito, come anzidetto, che la decisione della Corte territoriale, che aveva escluso l’audizione del minore in quanto “del tutto superflua”, era incensurabile, essendo stata frutto di motivato apprezzamento di merito.

Quanto, invece, alla questione in iure, ovvero in quali procedimenti il minore debba essere sempre ascoltato, per la Corte anche gli artt. 473-bis.4 e 473-bis.5 cpc, introdotti dalla Riforma Cartabia, confermano il noto precetto normativo secondo cui il minore - ultra-dodicenne o comunque capace di discernimento - è ascoltato nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano

Dunque, la natura giuridica dell'istituto dell'ascolto è “il riconoscimento del diritto fondamentale dello stesso ad essere informato ed esprimere la propria opinione e le proprie opzioni nei procedimenti che lo riguardano, integrando una forma di partecipazione alle decisioni concernenti la sua sfera individuale e uno strumento di tutela e conseguimento del suo interesse nell'ambito del procedimento (Cass. n. 6129/2015)”.

Si tratta, quindi, di un diritto soggettivo che si applica a tutti i procedimenti in cui il minore, pur non essendo parte in senso formale, è tuttavia da considerarsi “parte in senso sostanziale (in quanto portatore di propri interessi, diversi e persino contrastanti con quelli delle altre parti)”.

In tali casi, la legge impone sul piano processuale che al minore sia assicurato, quale strumento di tutela, il diritto al contraddittorio, che si realizza mediante l'ascolto: “il mancato ascolto, pertanto, integra una violazione del diritto al contraddittorio, la quale vizia il provvedimento giudiziale sul piano sostanziale, perché la decisione viene emessa pretermettendo il dato essenziale della valutazione delle opinioni del minore (Cfr. Cass. n. 16410/2020)”.

Per tale ragione, l’ascolto del minore non sarà obbligatorio in tutti quei procedimenti in cui il petitum non riguardi decisioni importanti per la sua vita, la sua crescita o la tutela dei suoi interessi.

È vero, come sostiene la ricorrente, che il minore ha diritto di essere ascoltato anche nei procedimenti in cui è parte solo in senso sostanziale, ma ciò accade solo nelle ipotesi in cui il minore sia “soggetto portatore, nell'ambito del procedimento, di interessi comunque diversi da (quando non addirittura contrapporti a) quelli dei genitori e in quanto il provvedimento giudiziale è in grado di incidere concretamente su tali interessi (Cass.30/07/2020, n. 16410)”.

Tra tali procedimenti rientrano, da ultimo, i nuovi procedimenti civili in tema di violenza domestica o di genere di cui agli artt. 473-bis.40 e ss. cpc, anche se il minore non sia la vittima primaria degli abusi o delle violenze e quindi parte formale del procedimento (art. 473.bis.45 cpc).

Seguendo tale interpretazione dell’istituto, che ne evidenzia la funzione strumentale, la Corte esclude quindi che il minore possa rivestire la qualità di parte in senso sostanziale in un giudizio risarcitorio, come quello in esame, di responsabilità aquiliana da privazione del rapporto genitoriale, in quanto esso è “destinato a culminare in una pronuncia che non avrebbe toccato in alcun modo la sfera giuridica del minore - né prodotto alcuna modificazione sul piano delle situazioni giuridiche soggettive inerenti al rapporto di filiazione con ciascuno dei genitori - e non avrebbe pertanto inciso sui suoi specifici interessi”.

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