Modalità per la configurazione della c.d. captazione e prova ai fini dell’impugnativa del testamento ex art. 624 c.c.

24 DICEMBRE 2022 | Successioni e donazioni

di avv. Alessandra Buzzavo

Con la sentenza n. 30424 del 17.10.2022 la Cassazione si è pronunciata in tema di annullamento del testamento per incapacità di intendere e di volere del testatore sotto il profilo della fattispecie della c.d. captazione ex art. 624 c.c..

IL CASO. La Corte d’appello di Genova, accogliendo l’appello proposto da Tizio e Caio e riformando la sentenza del Tribunale di Savona, ha annullato i testamenti olografi di Caia, datati 29.11.2009, 8.12.2009 e 31.3.2010 che istituivano erede universale la badante di Caia.

La Corte d’appello ha evidenziato che la CTU aveva concluso, in relazione al periodo di tempo delle prime schede testamentarie provenienti da Caia (quelle datate 29.11.2009 e 8.12.2009), che in questa fase iniziale del quadro demenziale le funzioni cognitive della testatrice non fossero completamente compromesse, sussistendo una ridotta conservazione della capacità di intendere, e che tuttavia questo stato di infermità generava uno stato di ansia con una conseguente vulnerabilità psichica che rendeva Caia influenzabile e tendente ad agire sotto la pressione di terzi.

Ciò comportava una grave riduzione delle capacità di comprendere appieno il significato delle sue disposizioni testamentarie ed una ancora più grave riduzione delle sue capacità di autodeterminarsi.

L’esito delle prove testimoniali aveva rivelato l’insussistenza di uno stato di incapacità ai fini dell’annullamento dei testamenti per incapacità della testatrice, ma la Corte d’appello ha ritenuto fondata la domanda di annullamento ex art. 624 c.c. per coartazione della volontà di Caia e per circonvenzione da parte della convenuta, esclusiva beneficiaria delle disposizioni testamentarie.

I Giudici di secondo grado si sono, infatti, discostati dalla decisione del Tribunale di primo grado, traendo elementi di convincimento dalle sommarie informazioni, dalle perizie e dagli atti di indagine del processo penale a carico della badante, così ritenendo dimostrata la dedotta captazione in danno della testatrice ad opera della stessa.

In particolare, i Giudici di secondo grado hanno accolto la domanda di Tizio e Caio alla luce dei seguenti elementi: (i) stato di minorata difesa della de cuius che a partire dal 2007-2008 aveva iniziato a presentare la patologia del disturbo mentale; (ii) controllo del patrimonio ed ingerenza nelle scelte di natura economica subiti dalla de cuius ad opera della badante a partire dall’anno in cui l’aveva conosciuta ovvero il 2008; (iii) condotta della badante ai fini dell’isolamento della de cuius dai rapporti con i nipoti; (iv) dichiarazioni nei testamenti tutti di contenuto analogo, sicuro indice di una pressione; (v) scarsa conoscenza della badante da parte della de cuius quando aveva redatto il primo testamento; (vi) esito del giudizio penale con condanna non definitiva della badante per il reato di cui all’articolo 643 c.p..

LA SENTENZA. La badante ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello per violazione degli artt. 2697, 2727, 2729 e 624 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c.. Con il secondo motivo di ricorso veniva dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c..

La Corte di legittimità ha esaminato i due motivi di ricorso congiuntamente, ritenendoli inammissibili.

Secondo gli Ermellini il testamento - ai sensi dell’art. 624 c.c. - può essere annullato quando è l’effetto di violenza, di errore ed anche di errore sul motivo se risulta che sia stato l’unico ad aver determinato il testatore.

In particolare, in tema di dolo e violenza, occorre la prova che i fatti di induzione in errore o di violenza abbiano indirizzato la volontà del testatore in un modo diverso da quello che avrebbe potuto normalmente determinarsi.

Il dolo può consistere anche nella c.d. captazione che non si concreta in una qualsiasi influenza esercitata sul testatore attraverso blandizie, richieste e suggerimenti, seppur interessati, ma deve consistere in veri e propri artifici o raggiri o in altri mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all’età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito del testatore, siano stati idonei a trarlo in inganno suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata.

In tema di captazione, inoltre, l’idoneità dei mezzi usati deve essere valutata con criteri di larghezza nel caso in cui il testatore per le sue normali condizioni di spirito e di salute sia più facilmente predisposto a subire l’altrui volontà.

La Corte si è poi pronunciata sull’asserita violazione delle norme di cui all’art. 2697 c.c., palesando che detta violazione si configura soltanto nell’ipotesi in cui il Giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate dalla norma. Ha altresì escluso la violazione dell’artt. 115 e 116 c.p.c..

Ha poi chiarito che, essendo i due motivi di ricorso entrambi volti a contestare l’accertamento operato dai Giudici di secondo grado circa la sussistenza dell’alterazione della volontà della testatrice, va ricordato che il Giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposto a suo vaglio, ma ha solo facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito.

La valutazione delle prove, il giudizio sull’attendibilità dei testi, la scelta di opportunità di fare ricorso a presunzioni e la selezione - tra varie risultanze istruttorie - di quelle più idonee a sorreggere la motivazione sono apprezzamenti di fatto riservate al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando i dati che ritiene più attendibili.

Non può, infine, negarsi al giudice civile di merito, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, di avvalersi delle risultanze derivanti da un processo penale per circonvenzione di incapace ancora pendente, al fine di trarne indirizzi idonei a fornire utili elementi di giudizio valutati nella loro convergenza globale, come fatto dalla Corte d’Appello di Genova con un apprezzamento sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico giuridico, e pertanto non sindacabile in sede di legittimità.

La Corte di Cassazione ha, quindi, enunciato il seguente principio di diritto:

la disposizione testamentaria può dirsi effetto di dolo, ai sensi dell’art. 624 c.c., comma 1, allorché vi sia prova dell’uso di mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all’età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito del testatore, siano stati idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata; l’idoneità dei mezzi usati deve essere valutata con criteri di larghezza nei caso in cui il testatore, affetto da malattie senili che causano debolezze decisionali ed affievolimenti della consapevolezza affettiva, sia più facilmente predisposto a subire l’influenza dei soggetti che lo accudiscono o con cui da ultimo trascorrono la maggior parte delle sue giornate. Dette valutazioni costituiscono comunque apprezzamenti di fatto non sindacabili in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”’.   

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