La parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura e l’onere della relativa prova è a suo carico

14 OTTOBRE 2018 | Successioni e donazioni

Con sentenza 12.7.2018 n. 18363 la Corte di Cassazione ha sancito il principio secondo cui la parte che contesta l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura e l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo, grava sulla parte stessa, non trovando applicazione il disposto dell’art. 216, secondo comma, c.p.c..

IL CASO. Tizia aveva convenuto avanti il Tribunale di Roma il fratello Caio per l’accertamento della propria qualità di erede legittima della madre, in conseguenza della nullità del testamento olografo attribuito a quest’ultima. Il Tribunale di Roma, adito in primo grado, ha respinto la domanda dell’attrice in quanto all’esito della consulenza grafologica espletata, il testamento era risultato attribuibile alla defunta.

I Giudici di secondo grado hanno rigettato l’impugnazione proposta da Tizia, ritenendo corretta la valutazione svolta dal Giudice di prima istanza con riferimento ai presupposti per la declaratoria di nullità del testamento olografo e richiamando altresì quanto stabilito dalla sentenza della Cassazione Sezioni Unite n. 12307/2015 sul corretto riparto dell’onere probatorio in caso di azione di accertamento negativo.

Tizia ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

LA SENTENZA. Con l’indicata sentenza i Giudici della Suprema Corte hanno respinto il motivo di ricorso relativo alla violazione ed alla falsa applicazione dell’art. 216, secondo comma, c.p.c..

La ricorrente Tizia sosteneva infatti che, in caso di domanda di accertamento negativo, vi sarebbe comunque l’obbligo preventivo, in capo all’erede testamentario, di dichiarare di volersi avvalere della scrittura privata ovvero del testamento olografo, così come previsto dall’art. 216,  secondo comma, c.p.c. in relazione all’istanza di verificazione.

Secondo la ricorrente, in mancanza della suddetta dichiarazione di volersi avvalere della scrittura ovvero del testamento, verrebbe meno l’interesse all’accertamento della falsità del testamento ed andrebbe invece solo accertata la qualità di erede legittimo in capo alla parte che ha impugnato la scheda testamentaria.

La Corte di Cassazione ha respinto detto motivo di ricorso, conformandosi a quanto avevano stabilito le Sezioni Unite con la sentenza n. 12307/2015, secondo cui è onere della parte che contesti l’autenticità del testamento olografo proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura e darne la relativa prova.

Colui che intenda ottenere la declaratoria della nullità del testamento olografo e l’apertura della successione legittima è quindi tenuto a porre una questio inexistentiae volta a rimuovere il titolo della successione e pertanto a disconoscere gli effetti del testamento olografo falso.

Non vi è invece alcun onere sulla parte convenuta in giudizio di dichiarare preventivamente di volersi avvalere del testamento olografo che la designa erede.

La Corte di Cassazione ha altresì precisato che chi contesta l’autenticità del testamento olografo è onerato della prova indipendentemente dalla posizione processuale rivestita. Di contro, non sussiste alcun onere della parte contro cui l’azione è proposta di dichiarare di volersi avvalere dell’atto né quale autonomo requisito dell’azione di impugnativa negoziale, né attraverso il richiamo analogico ai principi dettati in tema di verificazione di disconoscimento delle scritture private.

Il richiamo all’onere contemplato dall’art. 216, II comma, c.p.c. riguarda regole valevoli sul piano dell’efficacia sostanziale del trattamento processuale per le scritture private che sono  inapplicabili all’azione di accertamento negativo della falsità del testamento olografo.

In conclusione, il testamento olografo non è contestabile attraverso il procedimento previsto per le altre scritture private, così non trovando applicazione il disposto della norma invocata dalla ricorrente.

L’intervento delle Sezioni Unite ha infatti ben chiarito come tale negozio, pur rientrando nell’alveo delle scritture private, non può comunque essere equiparato ad una qualsivoglia scrittura proveniente da terzi.

 

 

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