Incapacità naturale del testatore ed onere della prova secondo la Cassazione

18 NOVEMBRE 2019 | Successioni e donazioni

Con l’ordinanza n. 26873/2019 del 22 ottobre 2019, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema sempre attuale relativo alla prova dell’incapacità naturale del de cuius al momento della redazione del testamento.

IL CASO. Tizio conveniva in giudizio Caia e Sempronia, rispettivamente coniuge e figlia del de cuius, affermando che il de cuius lo aveva nominato erede universale con un primo testamento olografo del 31.1.2003, poi confermato da un secondo testamento olografo del 27.2.2003, avente il medesimo contenuto.

L’attore chiedeva quindi accertarsi la validità dei due testamenti in suo favore.

Tizio chiedeva altresì al Tribunale di accertare la nullità e l’inefficacia, per incapacità naturale del disponente, di due atti compiuti in vita dal de cuius relativi a delle polizze.

Infine, Tizio chiedeva la ricostruzione del patrimonio ereditario ai fini dell’accertamento delle quote di legittima spettanti al coniuge ed alla figlia.

A fondamento della domanda di incapacità naturale, allegava che: (i) il de cuius aveva subito un primo ricovero ospedaliero il 2.4.2003 con diagnosi di “demenza senile”; (ii) successivamente era stato nuovamente ricoverato il 18.4.2004 con diagnosi “episodio confusionale in paziente affetto da encefalopatia vascolare cronica”.

Le convenute si costituivano in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande attoree. In particolare Sempronia faceva valere un testamento pubblico 12.5.2004 che la designava unica erede universale. Le convenute formulavano anche domande in via riconvenzionale.

L’attore chiedeva, alla prima udienza, l’accertamento della nullità o comunque l’annullamento del testamento pubblico fatto valere dalla convenuta per incapacità di intendere e di volere del testatore.

Il Giudice ammetteva i capitoli per testi dedotti dall’attore e disponeva altresì consulenza medico legale sulla capacità del testatore con riferimento a tutte le date rilevanti in relazione alle contrapposte domande delle parti: la data dei due testamenti olografi in favore di Tizio; la data degli atti di disposizione sulle polizze posti essere in vita dal defunto ed impugnati da Tizio; la data del testamento pubblico fatto valere dalla figlia del de cuius.

A chiusura dell’istruttoria, il Tribunale di Trento, con sentenza non definitiva, annullava il testamento pubblico 12.5.2004 per incapacità naturale del testatore e rimetteva la causa in istruttoria per il prosieguo.
Con sentenza definitiva, lo stesso Tribunale rigettava la domanda di nullità o annullabilità per incapacità naturale dell’atto di riscatto di una polizza; accoglieva l’analoga domanda con riferimento alla modifica del beneficiario di un’altra polizza, e disponeva altresì la riduzione delle disposizioni testamentarie, riconoscendo al coniuge ed alla figlia del testatore la quota di legittima prevista dalla legge.

Le convenute proponevano appello contro la sentenza non definitiva, quanto al capo che disponeva l’annullamento del testamento pubblico per incapacità naturale del testatore, e, successivamente, contro la sentenza definitiva, quanto al capo che aveva accolto le domande attoree relative alle polizze.

La Corte d’appello di Trento disponeva un nuovo accertamento medico legale. In base alla nuova consulenza, i Giudici di secondo grado stabilivano che: (i) il de cuius era affetto da “demenza vascolare” e che tale patologia aveva avuto il suo esordio il 18.4.2004; (ii) l’esordio della malattia, di per sé, non poteva farsi coincidere con una condizione di stabile e permanente incapacità del soggetto; (iii) la malattia era certamente sfociata in una condizione di stabile demenza alla data del 29.6.2004.

Nel contempo la Corte di merito riteneva, in considerazione del decorso della malattia, che non ci fossero elementi tali da far presumere che essa avesse raggiunto, già al momento del testamento pubblico, un livello tale da compromettere totalmente la capacità del testatore.

La Corte d’appello rigettava, quindi, la domanda di annullamento del testamento pubblico.

Tizio promuoveva quindi il ricorso per cassazione.

LA SENTENZA. Il ricorrente, con il primo motivo, denunciava violazione e falsa applicazione dell’art. 591, comma II, e degli artt. 2697 c.c. e 2729 c.c.. Egli lamentava, in particolare, che gli esiti delle indagini cliniche avrebbero dovuto indurre la Corte a fare applicazione del principio dell’inversione dell’onere della prova ovvero che non era l’attore a dover provare l’incapacità del testatore al momento di relazione del testamento pubblico, spettando alla parte che sosteneva la validità della scheda testamentaria l’onere di provare un’eventuale lucido intervallo nel momento del testamento.

La Corte ha ritenuto fondato detto motivo.

Gli Ermellini hanno evidenziato che, ai sensi dell’art. 591, comma II, n. 3, c.c., la prova dell’incapacità del testatore deve esistere al momento dell’atto e non genericamente al tempo dell’atto. Tuttavia la regola non implica che la prova debba limitarsi a tale momento.

Il Giudice di merito potrà trarre la prova dell’incapacità del testatore dalle sue condizioni mentali in epoca anteriore o posteriore al testamento, sulla base di una presunzione, potendo l’incapacità essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova.

Ricorrendo tale ipotesi spetta alla parte che sostiene la validità del testamento l’onere di provare un eventuale lucido intervallo nel momento della formazione del testamento (Cass. n. 2666/1975, n. 3411/1978, n. 6236/1980).

Secondo la Suprema Corte, era un dato di fatto che il 29.6.2004, data della certificazione redatta dalla commissione preposta alla valutazione dell’invalidità civile del de cuius, quest’ultimo versasse in una condizione di stabile demenza. Ed era altrettanto certo che l’incapacità riscontrata alla fine di giugno non era dovuta ad un fatto acuto, ma rappresentava l’esito di una patologia il cui esordio è pacificamente collocato nel mese di aprile dello stesso anno 2004.

Nella motivazione, gli Ermellini hanno rilevato che la Corte d’appello non aveva disconosciuto, in linea di principio, che l’accertamento di una malattia in data posteriore alla redazione del testamento avrebbe potuto in astratto giustificare una presunzione di incapacità del testatore. I Giudici di secondo grado avevano, invece, negato l’applicabilità del principio al caso concreto, in quanto a loro dire mancava un’evidenza scientifica che consentisse di affermare che il decorso della malattia avesse già raggiunto la fase dell’incapacità al momento della redazione del testamento.

A tale argomento, secondo la Suprema Corte, è facile obiettare che

le condizioni mentali del testatore, siano esse posteriori o anteriori alla redazione del testamento, sono rilevanti non quale prova diretta dell’incapacità al tempo di redazione del testamento, ma perché autorizzano il Giudice a fondare una presunzione in proposito.

Al contrario, secondo gli Ermellini, la Corte d’appello, nonostante il Consulente Tecnico avesse accertato che il 29.6.2004, meno di due mesi dopo la formazione del testamento, la malattia aveva completato il suo naturale sviluppo con il raggiungimento di una condizione di stabile demenza, aveva deciso la lite facendo applicazione della regola della presunzione di capacità.

Diversamente, in base ai principi sopra indicati dalla Corte, tenuto conto del minimo distacco temporale tra il testamento e l’accertamento della Consulenza Tecnica, spettava alla parte che affermava la validità del testamento pubblico, provare che il decorso della malattia non avesse ancora raggiunto lo stadio dell’incapacità al momento del testamenti factio.

La Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto:

“in tema di incapacità di testare a causa di incapacità di intendere e di volere al momento della redazione del testamento, il giudice del merito può trarre la prova dell’incapacità del testatore dalle sue condizioni mentali, anteriori o posteriori, sulla base di una presunzione, potendo l’incapacità stessa essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova; conseguentemente, quando l’attore in impugnazione abbia fornito la prova di una condizione di permanente e stabile demenza del periodo immediatamente susseguente alla redazione del testamento, poiché in tal caso la normalità presunta è l’incapacità, spetta a chi afferma la validità del testamento la prova della sua compilazione in un momento di lucido intervallo”.    

 

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