Il creditore del legittimario pretermesso può agire con l’azione di riduzione in via surrogatoria in caso di inerzia del debitore?

Con la sentenza n. 19/16623, depositata il 20.6.2019, la Corte di Cassazione è intervenuta su un tema molto interessante e sul quale vi sono pochi precedenti, concludendo per l’ammissibilità dell’azione di riduzione, in via surrogatoria, da parte del creditore in sostituzione del legittimario pretermesso, rimasto inerte.

IL CASO. Un istituto di credito promuoveva ricorso per ingiunzione, in qualità di creditore di un importo rilevante di denaro, nei confronti di una società semplice di cui erano soci due fratelli, obbligati in solido con la società quali soci illimitatamente responsabili.
Il Tribunale di Sondrio concedeva il decreto ingiuntivo avverso il quale non veniva proposta opposizione.
Al fine di recuperare la somma di denaro dovuta, la Banca provvedeva alla ricostruzione delle vicende successorie che interessavano i due soggetti debitori, scoprendo che con testamento olografo del 1998, regolarmente pubblicato, era stata istituita come unica erede la zia dei due debitori, che pertanto risultavano totalmente pretermessi rispetto ad una successione nella quale erano legittimari.
La banca chiedeva quindi al Tribunale di Cremona di accertare la qualità di eredi legittimari dei due debitori e, per l’effetto, di dichiarare inefficace il testamento olografo nella parte in cui ledeva la quota di riserva loro spettante.
La zia, istituita erede universale dal testamento, formulava domanda riconvenzionale nei confronti dei due nipoti per la restituzione di somme da essi riscosse a vario titolo e ritenute non spettanti.
Il Giudice di primo grado, nel 2007, dichiarava inammissibile, per difetto di legittimazione attiva, la domanda proposta dalla banca nei confronti dei legittimari pretermessi, accogliendo la domanda riconvenzionale della loro zia.
L’istituto di credito impugnava la sentenza avanti la Corte d’Appello di Brescia, che rigettava il gravame, confermando la sentenza di primo grado.
La banca proponeva quindi ricorso per Cassazione.

LA SENTENZA. Con il primo motivo di ricorso, la banca censurava la sentenza impugnata nella parte in cui non aveva considerato ammissibile la trasmissione dell’azione di riduzione agli eredi, escludendo così che il creditore potesse esercitare, in via surrogatoria, l’azione di riduzione in sostituzione del legittimario pretermesso rimasto completamente inerte (non avendo egli mai manifestato una volontà in ordine alle disposizioni testamentarie lesive dei suoi diritti).
La Corte ha dovuto pertanto esaminare la vexata quaestio dell’ammissibilità o meno dell’esercizio, in via surrogatoria, dell’azione di riduzione da parte dei creditori di soggetti legittimari totalmente pretermessi che siano rimasti completamente inerti, cioè non abbiano manifestato alcuna volontà in ordine alle disposizioni testamentarie lesive dei loro diritti.
Secondo i giudici della Suprema Corte, per risolvere la delicata questione è necessario valorizzare il dato testuale dell’art. 557, comma 1, c.c., il quale, nella parte dedicata ai soggetti che possono chiedere la riduzione, stabilisce che la riduzione non può essere domandata, se non dai legittimari e dai loro eredi o aventi causa. Dall’esame della norma risulta pertanto che l’azione di riduzione, quale azione avente natura patrimoniale, è cedibile e trasmissibile agli eredi. E’ invece discusso quale sia l’ambito dei soggetti che possono ricomprendersi nell’alveo degli aventi causa ed, in particolare, se a tale categoria possano appartenere anche i creditori personali del legittimario pretermesso.
La Corte nella motivazione prosegue, quindi, osservando che la risoluzione di detta questione implica il contemperamento di due contrapposte situazioni:
- da un lato, quella della libertà di esercizio dei diritti di natura personale, quale propriamente quello del chiamato all’eredità di accettare o meno la stessa eredità;
- dall’altro, l’esigenza di preservare la garanzia patrimoniale dei creditori dei legittimari pretermessi.
Ai fini, pertanto, di individuare la legittimazione attiva del creditore del legittimario pretermesso all’esperimento dell’azione di riduzione, secondo la Corte, è necessario operare un’interpretazione sistematica degli artt. 557, 2900 e 524 c.c..
L’art. 2900 c.c. riconosce al creditore la legittimazione ad esercitare i diritti e le azioni che spettavano verso i terzi al proprio debitore, per le quali egli rimane inerte, a condizione che i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si verta in materia di diritti o azioni indisponibili.
La circostanza che la legittimazione ex art. 557 c.c. sia riconosciuta anche agli aventi causa lascia intendere che non si è in tema di azioni indisponibili ovvero personalissime. Prosegue la Corte osservando che la legittimazione all’azione di riduzione può ritenersi più estesa di quanto previsto dal primo comma dell’art. 557 c.c. da una interpretazione a contrario del comma terzo della stessa norma, che prevede che i creditori ereditari non possano chiedere la riduzione delle disposizioni lesive, se il legittimario ha accettato con beneficio di inventario.
Pertanto, se detta legittimazione viene espressamente riconosciuta per l’ipotesi in cui l’accettazione è pura e semplice grazie alla quale i creditori del defunto diventano creditori personali del legittimario a seguito della confusione dei due patrimoni (quello del de cuius e quello dell’erede), non si riviene alcuna ragione per escludere dalla tutela patrimoniale gli originari creditori personali del legittimario pretermesso, che si trovano nella stessa condizione giuridica dei creditori del defunto.
La Corte passa quindi ad esaminare il secondo profilo, ovvero a quale titolo si può riconoscere la legittimazione attiva ai creditori personali dei legittimari totalmente pretermessi di agire in surrogatoria, l’accoglimento della cui domanda, in presenza di tutte le condizioni ex art. 2900 c.c., comporterebbe il riconoscimento del diritto dei creditori ad ottenere la reintegra del patrimonio di detti legittimari.
Esaminando l’art. 524 c.c., la Corte rileva che detta norma non implica l’acquisizione in capo al creditore che l’ha esercitata, e che poi ha impugnato l’intervenuta rinuncia ai sensi dell’art. 524, della qualità di erede, ma comporta solo l’attribuzione di una speciale legittimazione allo stesso creditore del rinunciante per l’ottenimento del soddisfacimento della sua pretesa creditoria. La ratio dell’art. 524 è quindi quella di assicurare un’efficace tutela dei creditori anteriori alla rinunzia.
Conclude quindi la Corte che “l’azione di riduzione è direttamente esperibile in via surrogatoria da parte del creditore legittimario pretermesso nella specifica ipotesi di inerzia colpevole di questi (non essendo, perciò, necessario in tal caso il preliminare esperimento dell’actio interrogatoria e della conseguente domanda di autorizzazione, in caso di rinunzia, ai sensi dell’art. 524 c.c.), realizzandosi un’interferenza di natura eccezionale - ma legittima - nella sfera giuridica del debitore; l’azione surrogatoria non è altro che lo strumento che la legge appresta al creditore per evitare gli effetti che possano derivare alle sue ragioni dall’inerzia del debitore che ometta di esercitare le opportune azioni dirette ad alimentare il suo patrimonio, riducendo così la garanzia che esso rappresenta in favore dei creditori”.
Gli Ermellini hanno quindi sancito il seguente principio di diritto:

“in virtù delle complessive argomentazioni svolte il primo motivo deve essere, perciò, accolto, enunciandosi il seguente principio di diritto al quale il giudice di rinvio dovrà uniformarsi: “è ammissibile l’esercizio in via diretta dell’azione surrogatoria - prevista dall’art. 2900 c.c. - nella proposizione della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima da parte dei creditori dei legittimari totalmente pretermessi che siano rimasti del tutto inerti”.

 

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