Cointestazione conto corrente e prelievi: quando l’erede deve restituire alla massa ereditaria?

Con la sentenza pubblicata il 18.02.2025 n. 4142/2025 la Corte di Cassazione affronta un tema frequente relativo, da un lato, alla presunzione di comproprietà delle somme giacenti sui conti correnti cointestati e, dall’altro lato, ai prelievi che da tali conti uno dei coeredi effettui.

IL CASO. Tizio e Caio, eredi legittimi di Sempronio, deceduto senza lasciare testamento, hanno convenuto avanti il Tribunale di Bergamo la sorella Tizia, unitamente alla madre, moglie del de cuius, sostenendo che Tizia si sarebbe appropriata di liquidità e titoli giacenti su un conto cointestato tra il de cuius e la figlia Tizia, ma di esclusiva proprietà del defunto padre.

Gli attori hanno quindi chiesto al Tribunale di ordinare a Tizia la restituzione delle somme prelevate e di procedere alla divisione del denaro tra i coeredi in quanto facente parte della massa ereditaria.

I Giudici di primo grado hanno respinto tutte le domande.

A seguito di impugnazione promossa dagli attori, la sentenza di primo grado è stata integralmente riformata dalla Corte di Appello di Brescia che ha ritenuto che le somme controverse erano di esclusiva proprietà del de cuius, il quale, cointestando il conto alla figlia, non aveva inteso effettuare una donazione indiretta in favore della stessa. Per tale ragione la convenuta era obbligata a restituire alla massa ereditaria l’intero importo prelevato e di cui si era appropriata. A seguito della restituzione, la Corte d’Appello ha suddiviso gli importi in tre quote uguali in favore dei tre figli del de cuius in quanto la madre era deceduta nelle more della causa.

LA SENTENZA. Tizia ha impugnato la sentenza avanti la Corte di Cassazione. Per quanto qui interessa, secondo la ricorrente la Corte di merito aveva in primo luogo errato laddove aveva ritenuto che l’intero importo giacente sul conto cointestato fosse di proprietà del de cuius.

Tale motivo non è stato accolto dalla Corte di legittimità in quanto l’appartenenza dell’intero importo giacente sui conti al patrimonio del de cuius è frutto di un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità e adeguatamente motivato dai Giudici di secondo grado. Sul punto la Corte d’Appello aveva ritenuto superata la presunzione di comproprietà delle somme giacenti sui conti cointestati, evidenziando che la provenienza della liquidità e dei titoli, appartenenti esclusivamente al de cuius, trovava riscontro negli estratti conto tempestivamente prodotti, dai quali emergeva che quegli importi erano frutto di investimenti effettuati dal defunto o provenienti dalla sua pensione. I Giudici di secondo grado avevano anche messo in rilievo che la ricorrente non risultava svolgere attività lavorativa ed era priva di reddito.

Così risolta la questione relativa all’appartenenza al de cuius degli importi giacenti sul conto cointestato con la figlia, la Corte di Cassazione ha dovuto affrontare l’ulteriore questione relativa alla sussistenza o meno dell’obbligo, in capo a Tizia, di restituzione delle somme di cui ai prelievi, risultanti dalla documentazione contabile agli atti di causa.

Gli Ermellini hanno ritenuto che non poteva addebitarsi alla ricorrente l’intero importo dei prelievi, tenuto conto che la figlia Tizia si era sempre dedicata alla cura dei genitori e non aveva redditi o proprie disponibilità.

La Cassazione ha quindi ritenuto che la Corte d’appello aveva errato nel prescindere dall’accertamento, anche mediante la valorizzazione di elementi presuntivi (datazione e reiterazione dei prelievi, entità di ciascuno di essi, età e condizioni personali dei titolari delle somme, situazione reddituale lavorativa della convenuta), di quale fosse stato il più probabile impiego delle liquidità prelevate da Tizia, stabilendo altresì la loro eventuale coerenza rispetto alle esigenze di cura dei genitori, in rapporto all’età e alle loro condizioni personali di salute e di mantenimento della stessa Tizia, priva di redditi in adempimento degli obblighi di solidarietà familiare. Con questi criteri la Corte avrebbe dovuto stabilire il corretto ammontare delle somme da restituire alla massa ereditaria.

Si segnala che altra questione di interesse affrontata dalla Corte riguardava la correttezza della divisione operata dalla Corte d’appello, laddove ha ripartito le somme, oggetto dei prelievi di cui all’obbligo di restituzione in capo a Tizia in tre quote anziché in quattro, corrispondente al numero degli originari coeredi (ovvero anche la madre deceduta nelle more della causa). La Corte ha rilevato che la morte di uno dei condividenti, successivamente all’apertura della successione e la stessa accettazione dell’eredità, con il subentro ad esso di una pluralità di soggetti, determina l’insorgere di una nuova comunione tra gli eventuali coeredi del condividente defunto, che deve essere oggetto di distinta divisione rispetto a quella concernente i beni di cui quest’ultimo era comproprietario. Pertanto, nel caso di divisione di beni provenienti da titoli diversi e quindi appartenenti a distinte comunioni, si deve procedere a tante divisioni quante sono le masse, potendosi procedere a un’unica divisione solo in presenza del consenso di tutte le parti. Nel caso di specie, la formazione di tre quote non era stata soluzione condivisa dalla ricorrente Tizia e pertanto, anche sotto tale profilo, la Corte di legittimità ha ritenuto di riformare la sentenza di secondo grado.

Per tali ragioni, la Corte ha accolto parzialmente i motivi di ricorso, cassando la sentenza e con il rinvio della causa alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

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