L’affidamento, anche se intra familiare, deve essere motivato e temporalmente definito in quanto finalizzato al recupero della famiglia d’origine

IL CASO. La Corte d’appello di Torino respingendo i reciproci appelli dei genitori confermava la collocazione della figlia presso la famiglia della zia paterna, decisa dal TO nell’ambito di una separazione giudiziale, e la sospensione degli incontri madre/figlia subordinando la loro ripresa al parere dei medici curanti della madre; con riferimento agli incontri con il padre confermava la delega ai Servizi sociali della regolamentazione degli stessi semmai anche con ampliamento rispetto al previsto incontro settimanale.

Il padre proponeva ricorso per cassazione con sei motivi; la madre replicava con controricorso e ricorso incidentale con un motivo.

Con i primi tre motivi, cui limiteremo l’esame, il padre censurava i capi di sentenza relativi alla disciplina della collocazione in affidamento familiare della figlia, le modalità di incontro tra lui e la figlia e l’attività istruttoria scolta per arrivare alla pronuncia del provvedimento di cui chiedeva la riforma; la madre con l’unico motivo di ricorso incidentale censurava il capo relativo alla collocazione in affidamento familiare della figlia.

LA DECISIONE. Il Supremo collegio dopo aver premesso che i primi tre motivi del ricorso principale e l’unico di quello incidentale andavano esaminati congiuntamente per connessione, li accoglie e coglie l’occasione per rammentare il proprio orientamento in materia di affidamento familiare.

Dopo aver ricordato che la “misura (affidamento familiare ) rientra tra i provvedimenti convenienti per l’interesse del minore, di cui all’art. 333 cod.civ, in quanto volta a superare la condotta pregiudizievole di uno o di entrambi i genitori senza dar luogo alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 cod.civ. e buon declinarsi nelle forme dell’affidamento interfamiliare, ovverossia ai membri della cosiddetta famiglia allargata- come accaduto nel caso in esame con la collocazione presso la famiglia della zia paterna, nell’esigenza prioritaria di evitare al minore, insieme al trauma conseguente allontanamento dei genitori, quello di vedersi derivato del contesto familiare in cui è cresciuto” e dopo aver affermato la competenza del TO ogni qual volta l’esigenza di affidamento familiare si presenti all’interno di un procedimento di separazione o di divorzio, purchè vi sia rigore nell’applicazione delle regole dettate dalla legge n. 184/1983 ritenute non derogabili, precisa che proprio in forza di queste norme l’ascolto del minore costituisce presupposto imprescindibile dell’affidamento familiare.

La cassazione ricorda anche” che il provvedimento di affidamento familiare, disposto giudizialmente, deve indicare specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi di esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario e la regolamentazione dei rapporti con i genitori”; e ancora che “deve essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice che ha disposto la misura con relazioni periodiche semestrali l’andamento del programma la sua presumibile durata e l’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza”.

Essendo poi il carattere della temporaneità ciò che differenzia l’affidamento familiare dalla pronuncia di adottabilità il provvedimento che lo dispone deve indicare il periodo di prevedibile durata dello stesso e l’eventuale proroga non puo essere a sua volta avere durata indeterminata,

atteso che che la duratura ed irreversibile mancanza di un ambiente familiare idoneo per il minore determina in concreto quella situazione di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità” .

Nel caso di specie spettava al Giudice ordinario valutare se vi fosse una situazione di conflitto tra il minore e uno o entrambi i genitori e se fosse il caso di nominare un curatore speciale, di verificare l’andamento delle iniziative poste a sostegno del recupero del nucleo familiare originario, di tutto fosse nell’interesse della minore compreso il suo ascolto, quello dei nonni .

Nessuno dei principi sopraricordati risulta rispettato dalla sentenza impugnata:

nessun ascolto, nessuna motivazione sul perché non si sia dato ingresso all’ascolto, nessun termine previsto all’affidamento nessun provvedimento di proroga motivato, nessuna valutazione se fosse necessaria la nomina di un curatore speciale nessuna valutazione del percorso di recupero delle relazioni familiari.

In accoglimento pertanto dei motivi la cassazione cassa la sentenza impugnata nei limiti di quanto accolto e rinvia alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

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