Affido esclusivo preferito all’affido ai Servizi nonostante le difficoltà di relazione dei genitori con un “ragazzo fragile”

di Dott.ssa Anna Fassa

L’affidamento ai Servizi Sociali è una scelta adottata frequentemente dal giudice quando i genitori sono tra loro in conflitto o rivelano delle difficoltà educative. Queste decisioni sono spesso avvertite dagli avvocati come commodus discessus, non rispondenti al concreto interesse dei minori, e anche mortificanti per i genitori o il genitore che, di fatto, subisce un affievolimento della responsabilità genitoriale, nonostante abbia competenze genitoriali e si impegni nella relazione.

Il provvedimento in commento sembra cogliere la complessità delle problematiche sottoposte al suo esame e la decisione è il risultato di considerazioni per nulla prevedibili e scontate.

IL CASO

Con decreto del 10 agosto 2021 il Tribunale di Treviso disponeva il collocamento del diciassettenne D. presso una struttura individuata dal Serd. Il decreto veniva attuato nell’ottobre dello stesso anno, quando il ragazzo entrava in una comunità del territorio che poi abbandonava per ben tre volte. Veniva dunque collocato in un’altra comunità, anch’essa lasciata dopo poco tempo.    

Con ricorso ex art. 344 cc la madre chiedeva al Giudice Tutelare di disporre l’accompagnamento coattivo del figlio nella comunità individuata dal Serd e, analogamente, di disporre il rientro del ragazzo con l’ausilio della Forza Pubblica e a richiesta della comunità ospitante qualora egli decidesse, in seguito, di abbandonarla.

Si costituiva nel procedimento il padre del ragazzo, chiedendo di affidarlo ai Servizi Sociali territorialmente competenti con collocazione dello stesso presso una comunità dagli stessi individuata.

Alla prima udienza di comparizione, il patrocinio della ricorrente modificava la domanda del ricorso introduttivo, in quanto non più attuale, chiedendo che il ragazzo venisse affidato in via esclusiva alla madre.

Il resistente si opponeva alla richiesta evidenziando, tra l’altro, come fosse d’ostacolo all’affidamento esclusivo la circostanza che la madre avesse denunciato il ragazzo per averle procurato delle lesioni a seguito di un violento litigio.

Il Giudice Tutelare si riservava di riferire al Collegio.

 

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI TREVISO

Della decisione del Tribunale del 22 febbraio 2022 vanno segnalati soprattutto tre aspetti.

Il primo è che con il decreto il Collegio giudicante ha riqualificato il ricorso introduttivo considerandolo un ricorso per la disciplina dei rapporti genitori – figlio ai sensi dell’art. 337 ter cc., privilegiando una lettura sostanziale della vicenda, e dimostrando così di voler pervenire ad una soluzione concreta della controversia nel pieno rispetto del principio di economia processuale.

Il secondo aspetto di particolare interesse è che, al fine di individuare le migliori condizioni di affidamento del minore, il Collegio ha operato un’attenta analisi delle circostanze del caso concreto e delle dinamiche relazionali del ragazzo con ciascuno dei genitori. Ha, quindi, preso atto delle gravi problematiche di cui soffre il minore e delle conseguenti difficoltà di entrambi i genitori nella gestione ed educazione del figlio.

A fronte delle criticità rilevate, il Tribunale ha attentamente vagliato l’opportunità di affidare il ragazzo ai Servizi Sociali. Tuttavia, pur riconoscendo la necessità, nel caso di specie, di un intervento dei Servizi, certamente più competenti dal punto di vista tecnico-clinico rispetto ai genitori, ha ritenuto di guardare anche ai riflessi dell’affidamento ai Servizi nel rapporto relazionale genitori- figlio ed ha rilevato che:

“In tale contesto, la pronuncia di affidamento ai Servizi verrebbe a costituire a giudizio del Collegio l’ultimo atto di cesura di un già fragile rapporto con quei soggetti che sarebbero gli unici in grado di fornire a D. il supporto affettivo, che necessariamente deve affiancarsi al supporto psicologico e, se del caso, farmacologico […] con una tale pronuncia il senso di sfiducia che D. prova nei confronti dei genitori ne uscirebbe confermato, ingenerando in lui la convinzione – già latente – di poter decidere autonomamente (rectius, in solitudine) del proprio futuro e dei propri comportamenti”.

Su questa premessa, il Collegio ha ritenuto di valorizzare la conservazione del legame del figlio con i genitori e, in particolare, con la madre, disponendo l’affidamento esclusivo del ragazzo a quest’ultima, che ne aveva fatto richiesta.

Il rapporto madre-figlio, infatti, per quando altamente conflittuale, è stato riconosciuto dal Tribunale come “esistente ed effettivo”, a differenza di quello con il padre, definito “incostante e sporadico”. La madre è stata, pertanto, individuata come la miglior figura di riferimento per il ragazzo essendosi dimostrata, seppur con qualche difficoltà legata alla fragile situazione del figlio, attenta e solerte alle esigenze del ragazzo e più presente rispetto al padre.

Quanto ai Servizi Sociali, lungi dall’essere elevati a sostituti della figura genitoriale, sono stati delegati dal Tribunale a svolgere una funzione di affiancamento e supporto della madre nonché di monitoraggio della situazione familiare.

Il decreto in commento permette, dunque, di riflettere su un aspetto al quale (purtroppo di rado) i Tribunali attribuiscono importanza: in situazioni familiari altamente conflittuali l’affidamento ai Servizi Sociali appare spesso come la soluzione più “sicura” per il benessere del minore. Tuttavia, la limitazione della responsabilità genitoriale può avere delle ripercussioni pregiudizievoli sul figlio e, in certi casi, rivelarsi addirittura controproducente. Di questi aspetti il giudice è chiamato a tener conto nella valutazione del best interest of the child.

Il terzo ed ultimo aspetto degno di rilievo è che il Collegio non ha considerato d’ostacolo all’affidamento esclusivo il fatto che la madre avesse sporto denuncia per lesioni nei confronti del figlio. Anzi, il Collegio ha precisato che la proposizione di una denuncia/querela da parte di un genitore nei confronti del figlio, che ponga in essere una condotta penalmente rilevante, non va necessariamente additata come comportamento inappropriato del genitore.

Al contrario: il fatto di non voler proteggere “a tutti i costi” il figlio può essere indice della capacità del genitore di tutelare maggiormente il minore, facendosi parte attiva nel suo percorso di recupero psico-sociale.

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