Le nuove frontiere del 709 ter c.p.c. tra ammonimento e sanzioni

Il Tribunale di Treviso è recentemente intervenuto in tema di 709 ter c.p.c., confermando l’attualità del rimedio.                                               

Tale  nuovo istituto normativo, nato con la L. 54/2006 , come ha osservato il Tribunale di Treviso  nella sentenza  n. 1427/17, “consente al Giudice del procedimento o al Giudice investito ex art. 710 cpc delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio delle modalità dell’affidamento, di pronunciare provvedimenti sanzionatori quando constati l’esistenza  “di gravi inadempienze” quanto all’esercizio della potestà , o di atti che “ostacolino il corretto svolgimento  delle modalità di affidamento” , o , più in generale di atti che “arrechino pregiudizio al minore”. 

Il diritto dei figli alla bigenitorialitá si delinea oggi, a dodici anni dall'entrata in vigore dei rimedi ex art. 709 ter c.p.c., considerando i minori quali soggetti parti attive che subiscono la divisione della famiglia “sia nei procedimenti di separazione o divorzio, sia  in caso di controversia tra i genitori” in sede di attuazione dei provvedimenti riguardanti i figli.


In ciò la ratio del legislatore, che ha inteso tutelare i figli  nella crisi familiare  con introduzione  di quattro diverse tipologie di sanzioni a carico del genitore inadempiente: a) la modifica delle condizioni di affidamento; b) l’ammonimento; c) il risarcimento danni in favore del minore o del genitore leso; d) la sanzione amministrativa pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.


La sentenza n. 92/18 del Tribunale di Treviso, resa in un procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio, risponde alla domanda avanzata dal padre-resistente di "disporre l'ammonimento a proseguire con i comportamenti denigratori" attuati dalla moglie nei suoi confronti (nella fattispecie, la moglie aveva indotto nelle figlie il convincimento che il padre fosse persona disdicevole e pericolosa, dedita all'uso/abuso di sostanze alcoliche, in modo da far sì che cessassero i rapporti, anche telefonici, con l'altro genitore).

Precisa il Collegio che "il modo brusco con cui si sono interrotti i rapporti tra il padre e le figlie, con un evidente coinvolgimento  di queste ultime, da parte della madre, nelle dinamiche tra coniugi , legate alla mancata definizione bonaria del presente procedimento sotto il profilo economico, va  censurato, perché l'idoneità genitoriale si misura anche attraverso la valutazione della capacità di (continuare a preservare la continuità  delle relazioni parentali con l'altro genitore (Cfr. Cass. 6919/16) anche quando il rapporto tra i due genitori si sviluppa su piani di difficile comunicazione".

Il Tribunale, quindi, conclude che "la madre deve essere ammonita ad astenersi dal tenere ulteriori condotte ostative delle frequentazioni tra il padre e la figlia”, rivestendo tale ammonimento, seppure senza irrogazione di sanzione, una funzione dissuasiva della reiterazione di tali comportamenti.                                                

Dello stesso tenore, nel merito, la già citata sentenza n. 1427/17 del Tribunale di Treviso. Anche in questo caso il Collegio, in un giudizio per la cessazione degli effetti del matrimonio, 

riconosce la proponibilità del rimedio ex art 709 ter trattata "in uno con il procedimento di separazione e divorzio : quando si discute di risarcimento  del danno ex articolo 709 ter  si valuta la mancata attuazione  dei provvedimenti  di affidamento ovvero comportamenti che ne abbiano ostacolato il corretto svolgimento”.    

                        
Nella vicenda in discussione, la documentata renitenza del padre al rimborso delle spese straordinarie ha indotto il Tribunale non solo a formulare l’ammonimento “per il futuro ad attenersi alle prescrizioni  del protocollo in vigore presso il Tribunale ai fini dell’assolvimento del proprio obbligo di concorrere  al pagamento della spese straordinarie”, ma anche a comminare una condanna al risarcimento del danno, come previsto dall’articolo 709 ter, n. 2 cpc, per l’importo di € 1.500,00 in favore della madre di due figlie minori.                  

Nessun risarcimento è stato, invece, attribuito a queste ultime perché “grazie alla supplenza che la madre ha garantito” esse non avevano risentito dell’inadempienza.   

Per quel che riguarda il profilo sanzionatorio, si segnala anche una recente decisione della Sezione IX, Tribunale di Milano del 7 gennaio 2018, che ha deciso il ricorso introdotto da un genitore per contestare le inadempienze dell’altro relativamente al rispetto del provvedimento di affidamento precedentemente emesso dal Tribunale per i minorenni (ante riforma del d.lgs  28/12/2013, n. 159).

Il Tribunale rileva infatti: «I due genitori non sono riusciti in questi anni a trovare tra loro modalità di gestione minimamente collaborative con il risultato che, ad esempio, i vestiti “della mamma” devono stare a casa della mamma e quelli “del papà” a casa del papà. Così (…), nei weekend di spettanza paterna, viene spogliato al suo arrivo degli abiti che indossa e rivestito il lunedì mattina della biancheria “materna” usata il venerdì. Lo stesso dicasi per quanto concerne il telefono cellulare: a casa della madre (…) ha in uso un cellulare di ultima generazione con cui può comunicare con i suoi amici; quando si reca dal papà invece viene dotato di un altro telefonino con cui può comunicare solo con la madre». «La mancanza di riconoscimento reciproco tra i genitori obbliga il minore ad una difficile e penosa scissione interna del suo universo affettivo, al punto che al cospetto del padre esclude la madre e tutti i familiari materni dalla rappresentazione grafica della sua famiglia e parimenti, al cospetto della madre, esclude il padre e tutti i familiari paterni. Il minore appare rassegnato ad una condizione di incomunicabilità tra i due mondi e la stessa prospettiva di un avvicinamento o di un incontro tra i genitori, seppure sia una condizione intimamente anelata, è per lui ragione di preoccupazione, per il timore che possa provocare nuovi motivi di astio o di scontro, condizione che provoca nel bambino forti sensi di colpa nella consapevolezza di essere al centro della disputa genitoriale”.   

In un quadro così pregiudizievole per il minore, oltre all’adozione di una regolamentazione assolutamente rigida del regime di visita e di affidamento ai servizi, il Tribunale prevede  l’ammonimento ex art. 709 ter cpc, nonché  la sanzione dell’astreinte (art.614 bis cpc) nei  confronti della madre, diretta a dissuaderla dal mantenere atteggiamenti ostativi alla frequentazione del padre da parte del figlio.                                                 

A fronte, peraltro, del permanere di atteggiamenti ostativi ed ostacolanti da parte della resistente - da ultimo denunziati dalla difesa del ricorrente anche all’udienza del 13.12.2017- deve procedersi all’ammonimento ex ufficio (ex art. 709 ter c.p.c.) della resistente invitandola a cessare immediatamente ogni condotta pregiudizievole ed ostative connessa alla frapposizione dei descritti ostacoli nella frequentazione tra padre e figlio. Si ritiene che- quale ulteriore “sanzione punitiva” che possa fungere da deterrente ai comportamenti ostativi ed ostacolanti la frequentazione tra padre e figlio e il legittimo esercizio del diritto di visita paterno deve prevedersi, ex art. 614 bis c.p.c., che la resistente sia condannata a corrispondere al resistente la somma di Euro 30,00 per ogni volta in cui il minore sia “costretto a passare dall’abitazione materna per recuperare il materiale necessario per la scuola ovvero per l’attività sportiva” e che sia altresì condanna al pagamento della somma di Euro 50,00 ogni volta in cui (in assenza di ragione oggettiva- ad esempio malattia certificata dal medico/pediatra di base del bambino) non sia consentito al padre di frequentare il minore nella giornata (con pernottamento) del mercoledì” .

 

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