La rete delle relazioni familiari: la legittimazione ad agire del nonno sociale per mantenere rapporti significativi con il minore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9144, depositata il 19 maggio 2020, ha confermato il principio secondo cui anche il nonno sociale, ovvero la persona legata all’ascendente da rapporto di coniugio o di convivenza, è titolare di un vero e proprio diritto autonomo a mantenere rapporti significativi con il nipote sociale, al pari di quello riconosciuto al nonno biologico dall’art. 317 bis c.c.

IL CASO. Il nonno biologico e la sua seconda moglie (nonna sociale) proponevano ricorso avanti al Tribunale per i minorenni di Roma, per sentire accertare, ai sensi dell’art. 317 bis c.c., il loro diritto di mantenere rapporti significativi con le nipoti, resi assai difficoltosi dai genitori.

Il Tribunale per i minorenni dichiarava il difetto di legittimazione attiva della nonna sociale, in quanto l'art. 317 bis c.c. legittima all'azione solo gli ascendenti, ossia le persone legate ai nipoti da un vincolo di parentela in linea retta (nipoti biologici o adottivi).

Tale decisione veniva poi confermata dalla Corte d’appello di Roma.

Avverso questo provvedimento, entrambi i nonni proponevano ricorso per Cassazione. 

La Corte di legittimità accoglieva l’impugnazione e affermava il seguente principio di diritto: 

“Alla luce dei principi desumibili dall'art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, dall'art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e dagli artt. 2 e 30 Cost., il diritto degli ascendenti, azionabile anche in giudizio, di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, previsto dall'art. 317 bis c.c., cui corrisponde lo speculare diritto del minore di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, ai sensi dell'art. 315 bis c.c., non va riconosciuto ai soli soggetti legati al minore da un rapporto di parentela in linea retta ascendente, ma anche ad ogni altra persona che affianchi il nonno biologico del minore, sia esso il coniuge o il convivente di fatto, e che si sia dimostrato idoneo ad instaurare con il minore medesimo una relazione affettiva stabile, dalla quale quest'ultimo possa trarre un beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psicofisico” (Cass. civ. n. 19780/2018).

Nel successivo giudizio di rinvio, la Corte d’appello di Roma, in applicazione del predetto principio di diritto, riconosceva legittimazione attiva alla nonna sociale e disciplinava in maniera unitaria le modalità di frequentazione dei nonni con le minori, senza quindi stabilire tra nonno biologico e nonna sociale un regime di visite differenziato.

Avverso tale decreto, la nonna sociale proponeva un secondo ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte d’appello, nonostante l’accertamento dell’autonomo diritto in suo favore, non aveva stabilito un regime di frequentazione delle minori specifico e, quindi, differenziato rispetto a quello del nonno biologico, limitandosi a disciplinare le visite “dei nonni”. 

LA DECISIONE. La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ribadiva espressamente il principio secondo cui non solo gli ascendenti, ma anche le persone ad essi legate da un rapporto di coniugio o di convivenza sono titolari di un proprio diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti non biologici, ai sensi dell'art. 317 bis c.c., e precisava che l’autonomia dei due diritti (del nonno biologico e di quello sociale) non implicava necessariamente una disciplina in concreto differenziata delle frequentazioni. 
Per tale motivo, quindi, rigettava il ricorso. 

Il principio di diritto sopra enunciato è coerente con l’evoluzione giurisprudenziale della nozione di famiglia. A ben vedere, infatti, dall’introduzione dei principi sottesi alle norme costituzionali la famiglia non è più intesa come comunità in relazione alla quale i singoli assumono dal suo interno giuridico rilievo, ma diventa una delle (possibili) formazioni sociali in cui il singolo trova il luogo per esprimere la propria personalità.

Da tale angolo prospettico, la famiglia non è più tutelata solo in quanto tale, ma anche (e soprattutto) nella misura in cui consente all’individuo di esprimersi.

Tale impostazione investe anche il dato biologico e ‘legale’, in quanto, al fine di individuare (e tutelare) una famiglia, quale formazione sociale che consente all’individuo di esprimere la propria personalità, è diventato sufficiente rinvenire un determinato complesso di rapporti relazionali esistenti in via di fatto (e, quindi, indipendentemente dall’esistenza o meno di un legame genetico o legale).

nel 1994, le Nazioni Unite, in occasione dell’anno internazionale della famiglia, ne davano una definizione che poneva sullo stesso piano i “contenuti sociali” e quelli biologici, descrivendola come: “Qualsiasi combinazione di due o più persone che sono tenute assieme da legami di mutuo consenso, nascita e/o adozione o collocazione e che, assieme, assumono responsabilità, inter alia, per la cura e la manutenzione dei membri del gruppo, l’aggiunta di nuovi membri attraverso procreazione o adozione, la socializzazione dei bambini, e il controllo sociale dei membri”.

Anche la Corte Costituzionale ha affermato che, nel progetto di formazione di una famiglia che prevede anche la presenza di figli, “il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia stessa” (Corte Cost. n. 162/2014) e la Cassazione ha aggiunto che la famiglia è un complesso di relazioni di fatto liberamente instaurate tra individui, non necessariamente legati da vincoli giuridici e/o biologici e tutelata in quanto espressione della propria personalità. Essa è sempre più intesa come comunità di affetti, incentrata sui rapporti concreti che si instaurano tra i suoi componenti: al diritto spetta di tutelare proprio tali rapporti, ricercando un equilibrio che permetta di contemperare gli interessi eventualmente in conflitto, avendo sempre come riferimento, ove ricorra, il prevalente interesse dei minori (Cass. civ. n. 19599/2016).

Tale evoluzione interpretativa ha trasformato la vita familiare in una questione di fatto, in applicazione dei principi comunitari e di diritto internazionale. Invero, c’è vita familiare, ai sensi dell’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, ogniqualvolta si è in presenza di stretti legami personali e di relazioni fondate non solo sul matrimonio ma anche su altri legami familiari di fatto, allorché le parti coabitino al di fuori di ogni legame maritale o quando altri fattori dimostrino che una relazione è sufficientemente stabile (Corte EDU, 24/01/2017 Grande Camera, Paradiso e Campanelli c. Italia; Corte EDU, 27/10/1994, Kroon e altri c. Paesi Bassi; Corte EDU, 18/12/1986, Johnston e altri c. Irlanda).

Così definito il concetto di famiglia, è giocoforza concludere che la nozione di “ascendente” di cui all’art. 317 bis c.c. non può che essere interpretata sistematicamente, alla luce delle disposizioni costituzionali (artt. 2 e 30 Cost.), europee (art. 24 della Carta di Nizza) ed internazionali (art. 8 della CEDU), che formano il nuovo quadro normativo di riferimento multilivello (art. 117 Cost.).

Dunque, come precisato dalla Corte di Cassazione, “il legislatore dell'Unione ha scelto l'opzione secondo cui nessuna disposizione deve restringere il numero di persone possibili titolari della responsabilità genitoriale o di un diritto di visita, sempre che sia importante che il minore intrattenga relazioni personali con tali persone, dovendo comunque privilegiarsi l'interesse superiore del minore medesimo” (Cass. civ. n. 19780/2018). 

In definitiva, la giurisprudenza europea, nell’evidenziare la necessità di ampliare il più possibile i contatti del minore con persone appartenenti al suo nucleo familiare allargato, nella misura in cui tali relazioni si traducano in un beneficio per l'equilibrio psico-fisico del medesimo, rivisita e amplia la nozione stessa di nucleo familiare.

Tale più ampia accezione determina che non si possa più operare alcuna distinzione tra legami di sangue e rapporti "sociali", purché questi ultimi siano connotati da una stabile relazione affettiva tra l'adulto ed il minore.

Tale principio è stato declinato con riferimento ai rapporti tra figli e genitori sociali, ma l'accezione di cui all'art. 8 CEDU e di cui all'art. 24 della Carta di Nizza, secondo cui tutti gli atti relativi ai minori debbono privilegiare l'interesse preminente dei medesimi, implica che tale prospettiva di allargamento del concetto di famiglia non possa non valere anche per i rapporti tra nipoti e nonni sociali.

Coerentemente, la pronuncia in commento ha confermato tale principio, non potendo individuare nella mancanza del dato biologico (o legale) una ragione di esclusione della legittimazione della nonna (sociale) ad agire in giudizio per ottenere il riconoscimento del suo diritto a mantenere rapporti significativi con le nipoti del marito. 

In conclusione, si osserva che il progressivo passaggio da una nozione di famiglia fondata sul dato biologico (o legale) ad una fondata sui rapporti che si sono di fatto instaurati ne comporta un ampliamento, che non può però essere senza confini. I limiti saranno dati da un duplice accertamento. 

In primo luogo, deve essere provato in concreto che la relazione si caratterizza per un investimento affettivo particolarmente significativo sia per intensità che per durata nel tempo. 

In secondo luogo, il diritto dei nonni sociali può essere riconosciuto solo se corrispondente all’interesse del minore, come specificato dall’art. 317 bis c.c.. Si tratta, dunque, di un diritto il cui esercizio è condizionato all’esito positivo di un’indagine che deve essere compiuta in concreto dal Giudice. A questi sarà, quindi, affidato il delicato compito discrezionale di valutare se sia o meno meritevole di tutela quel determinato rapporto di fatto, a seconda che contribuisca o meno alla realizzazione di un progetto educativo e formativo, volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore. 

Tale duplice accertamento consente di evitare un eccessivo allargamento dei confini della nozione di famiglia, evitando di farvi rientrare così tante relazioni da svuotarla di contenuto e significato.
 

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