Anche sulla decisione in ordine alla scelta della scuola l’ascolto del minore può essere determinante

07 FEBBRAIO 2025 | Persone e processo

di Avv. Barbara Bottecchia

IL CASO. Nel corso di una procedura per divorzio la madre proponeva, al Tribunale di Milano, un’istanza ex art. 709 ter cpc, chiedendo di essere autorizzata ad iscrivere il figlio (di anni 10) ad una scuola paritaria di ispirazione cattolica già frequentata dal medesimo, anche per il ciclo di scuola secondaria di primo grado.

Il Tribunale, sentito il minore, autorizzava la madre all’iscrizione anche senza il consenso del padre, tenuto conto sia del desiderio del minore sia del principio di continuità relazionale e sociale che la frequenza nell’istituto già frequentato avrebbe garantito.

Avverso tale provvedimento proponeva reclamo il padre; la Corte d’Appello di Milano confermava il provvedimento del Tribunale dando rilievo, oltre a quanto emerso dall’ascolto del minore, anche ai risultati della relazione psicodiagnostica secondo la quale, alla luce del disturbo dell’apprendimento, non meglio specificato, del quale soffriva il minore fosse determinante nella scelta della scuola  il bisogno di stabilità e di conservazione dei riferimenti acquisiti in ambito scolastico.

Ricorreva  per Cassazione il padre lamentando come la Corte d’Appello non avesse:

  • comparato le diverse offerte formative in tema di ambiente scolastico, collocazione e costi tra la scuola privata rispetto a quella pubblica;
  • rispettato il principio di laicità dello stato, autorizzando l’iscrizione ad una scuola di matrice cattolica condizionando, in tal modo, la sua libertà di autodeterminazione;

ed avesse, invece, dato un rilievo decisivo ai desideri espressi dal minore in una scelta così importante per la sua crescita.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, premesso che il provvedimento impugnato, anche se ha efficacia circoscritta nel tempo, avendo natura stabile e carattere decisorio, è ricorribile per cassazione e rilevato che la scelta della scuola comporta una valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità, richiamati i propri precedenti, nonché l’orientamento della CEDU in materia, ha respinto entrambi i motivi perché infondati.

In particolare la corte di legittimità ha respinto:

  • il primo motivo precisando che il conflitto, in ordine all’iscrizione ad una scuola pubblica o privata, deve essere risolto verificando non solo la potenziale offerta formativa, l’adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche  e i costi ma, principalmente, la rispondenza della scelta al concreto interesse del minore, in considerazione dell’età e delle sue peculiari esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione dell’istituto rispetto alla casa del bambino onde consentirgli di mantenere o creare rapporti amicali creando una sfera sociale e garantendogli tempi congrui di percorrenza e mezzi per l’andata e il ritorno da scuola: la scelta quindi operata dalla Corte d’appello rispondeva all’esigenza di preservare il miglior interesse del minore  il quale aveva anche espresso il desiderio di continuare la frequenza in quell’istituto scolastico;
  • il secondo motivo ritenendo che il principio di laicità non possa essere invocato in termini assoluti, ma che vada bilanciato con gli altri interessi in gioco e che sia recessivo rispetto al superiore interesse del minore di mantenere la frequentazione della scuola privata, in questo caso di matrice cattolica.

Il Supremo Collegio ha pertanto respinto il ricorso del padre, confermando il provvedimento della Corte di Milano e condannandolo alla rifusione delle spese di lite.

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