Decisioni di “fine vita”: la prospettiva della Chiesa cattolica

La riflessione della Chiesa cattolica sul tema in oggetto ha come fulcro la centralità della persona umana e della sua dignità. Certo la nozione di persona è oggi molto discussa. La comprensione che la teologia (morale) ne ha maturato riconosce la persona umana come originale unità di corpo e spirito, con una costitutiva natura relazionale. Questo comporta che l’esercizio compiuto della libertà si realizzi come responsabilità: ogni decisione sulla vita della persona, anche quando si tratta della propria, non è mai indipendente dal riconoscimento del suo valore di “dono” ricevuto e del rapporto che sempre intrattiene con gli altri, intesi sia singolarmente sia come società. La vita umana è grande e preziosa, e come ricorda G. Paolo II nella Evangelium Vitae (1995), anche se non è realtà “ultima” ma “penultima”, «è comunque realtà sacra che ci viene affidata perché la custodiamo con senso di responsabilità e la portiamo a perfezione nell’amore e nel dono di noi stessi a Dio e ai fratelli» (n. 2)

Rispetto della vita e supplemento di saggezza

Da qui scaturisce l’importanza del ruolo attribuito al paziente nelle decisioni riguardanti i trattamenti medici, in una fase storica in cui la medicina ha a disposizione mezzi sempre più potenti, grazie agli sviluppi delle conoscenze e delle tecnologie. E data la crescente velocità con cui tali sviluppi si realizzano, possiamo prevedere che ci troveremo con sempre maggiore frequenza davanti a nuovi spazi di decisione. Come ha sottolineato papa Francesco, se da una parte la capacità terapeutica della medicina ci ha «permesso di sconfiggere molte malattie, di migliorare la salute e prolungare il tempo della vita. Essa ha dunque svolto un ruolo molto positivo. D’altra parte, oggi è anche possibile protrarre la vita in condizioni che in passato non si potevano neanche immaginare. Gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute. Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona» (Francesco, Discorso al Convegno della World Medical Association sulle questioni di fine vita, 17 novembre 2017).

Proporzionalità delle cure

È per questo motivo, continua papa Francesco, che è «moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico […] definito ‘proporzionalità delle cure’ (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’eutanasia, 5 maggio 1980, IV). L’aspetto peculiare di tale criterio è che prende in considerazione ‘il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell’ammalato e delle sue forze fisiche e morali’ (ibid.). Consente quindi di giungere a una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all’’accanimento terapeutico’. È una scelta che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare. ‘Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire’, come specifica il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2278). Questa differenza di prospettiva restituisce umanità all’accompagnamento del morire, senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere. Vediamo bene, infatti, che non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l’uso, equivale a evitare l’accanimento terapeutico, cioè compiere un’azione che ha un significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte».
Il papa esclude quindi con chiarezza la legittimità sia dell’eutanasia sia del suicidio assistito, ma assume con altrettanta chiarezza la differenza tra uccidere e lasciar morire. Mentre il primo, nelle diverse forme in cui può configurarsi, è considerato sempre illecito, il secondo è considerato lecito quando siamo in presenza di trattamenti sproporzionati. Vale quindi la pena di precisare ulteriormente quali siano gli elementi da considerare per giudicare sulla proporzionalità, per cui occorre integrare due ordini di fattori. Sul primo – che costituisce in realtà una sorta di premessa – hanno competenza i medici, e riguarda l’accertamento dell’appropriatezza clinica delle cure. Il secondo dipende dalla persona malata, senza la cui valutazione non si può porre un giudizio di proporzionalità: a lei spetta la parola decisiva su ciò che concerne la propria salute e gli interventi medici sul proprio corpo. Saranno quindi necessari un’informazione il più possibile completa, una comunicazione aperta e un dialogo collaborativo sia con l’équipe curante, sia con le persone care che accompagnano il malato.

Le cure palliative

Anche un impiego adeguato della terapia del dolore e delle cure palliative, che pongono una particolare attenzione alla persona nelle molteplici dimensioni che la caratterizzano, è molto importante per offrire una risposta ai suoi bisogni sul piano fisico, psicologico, relazionale e alle sue esigenze spirituali, evitando le conseguenze di una assistenza inadeguata. Ma questo non toglie che la persona malata possa giungere a ritenere non sostenibili nelle circostanze in cui si trova trattamenti clinicamente appropriati. Il dialogo, il confronto e la consulenza etica possono aiutare a discernere e a decidere per una opzione condivisa tra paziente, équipe curante e familiari.   
Queste considerazioni ci consentono di formulare le disposizioni anticipate di trattamento. Esse trovano la modalità concretamente più valida di attuazione nella pianificazione condivisa delle cure, prevista all’art. 5 della stessa legge 217/2019, e anche presente nelle indicazioni della Chiesa (cfr Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, Nuova Carta per gli Operatori Sanitari, LEV, Roma 2016, n. 150).


Don Renzo Pegoraro – Pontificia Accademia per la Vita
Padre Carlo Casalone – Pontificia Accademia per la Vita

 

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