Maternità surrogata e Bambini con due Madri

15 GIUGNO 2023 | Maternità surrogata

di avv. Stefano Armellini

Sommario - Premessa. La costituzione di un rapporto di filiazione per vie diverse dalla riproduzione naturale: maternità surrogata e bambini con due madri - 1) La maternità surrogata - 2) La disciplina della l. n. 40/2004 - 3) Il ricorso, da parte delle coppie italiane, alla maternità surrogata all’estero - 4) La posizione della giurisprudenza sul riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione costituito all’estero a seguito di un accordo di maternità surrogata - 4.1. L’errore di metodo che viene compiuto ponendosi il problema dell’ordine pubblico e non quello della legge applicabile al rapporto di filiazione - 4.2. Le prime pronunce della giurisprudenza italiana di merito - 4.3. La posizione della Corte EDU - 4.4. La posizione della Corte di Cassazione - 4.5. I problemi irrisolti - 4.6. La posizione della giurisprudenza in ordine alla maternità surrogata delle coppie omoaffettive e il dibattito sull’idoneità dell’adozione in casi particolari a costituire uno strumento alternativo per creare un rapporto di filiazione nei confronti del genitore d’intenzione che non fornisce il materiale biologico - 4.7. La proposta di regolamento europeo sul riconoscimento della filiazione costituita in uno Stato membro e le sue ricadute sulla problematica della maternità surrogata - 5) La posizione della giurisprudenza sulla costituzione e/o il riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione che, al di fuori della surrogazione di maternità, dà luogo al fenomeno dei bambini con due madri.

1 | Premessa. La costituzione di un rapporto di filiazone per vie diverse dalla riproduzione naturale: maternità surrogata e bambini con due madri

Fino ad un recente passato la costituzione di un rapporto di filiazione per via diversa dalla riproduzione naturale era possibile solo attraverso l’istituto dell’adozione.

Negli ultimi tempi le tecniche di fecondazione assistita e l’evolversi della coscienza sociale hanno reso possibile la costituzione di un rapporto di filiazione anche da parte di chi non è genitore biologico, sulla base di una assunzione di responsabilità verso il figlio che può avvenire o all’interno di una coppia (eterosessuale o omoaffettiva) che ricorre ad una gestante ad essa estranea oppure all’interno di una coppia di donne una delle quale partorisce e l’altra dichiara di condividere il progetto di procreazione.

Nel primo caso, dove si ricorre ad una gestante estranea alla coppia, si parla di “maternità surrogata”, nel secondo, dove invece la donna che partorisce è un membro della coppia (anche se la gestazione di solito è indotta attraverso le tecniche di fecondazione artificiale), di “bambini con due madri”.

In entrambi i casi il materiale genetico può provenire, in tutto o in parte, dai membri della coppia o da soggetti estranei, e vedremo che questa variabile è quella che, allo stato, più influenza la valutazione giuridica circa la legittima costituzione del rapporto di filiazione.

Maternità surrogata e bambini con due madri sono fenomeni di grande attualità, di cui si parla molto anche  a livello di opinione pubblica. Non essendo tali fenomeni previsti dal legislatore italiano (ed anzi essendo la maternità surrogata sanzionata come reato), le coppie che se lo possono permettere mirano a realizzarli all’estero cercando poi di ottenere in Italia la trascrizione dell’atto di nascita straniero o addirittura (solo nel caso di bambini con due madri) di far nascere in Italia il bambino fecondato all’estero con le tecniche di inseminazione artificiale.

E’ ormai frequente che le locandine dei giornali locali riportino i casi di sindaci alle prese con domande  di trascrizione o iscrizione di atti di nascita di bambini nati in attuazione di un progetto di genitorialità che si fonda su tecniche diverse dalla riproduzione naturale, ed è al vaglio del legislatore un progetto per rendere la maternità surrogata un reato universale in modo da impedire alle coppie italiane (alle quali sembrerebbe dover essere limitata l’ambito di applicazione della norma incriminatrice) di realizzarlo all’estero. Come spesso accade quando si ha a che fare con temi che scuotono le coscienze e sono divisivi, il legislatore o non prende posizione (bambini con due madri) o ne tratta solo parzialmente (come è il caso della maternità surrogata che in Italia è considerata reato, mentre non viene disciplinato il caso di una coppia che riesca a realizzarla all’estero), lasciando in sostanza al giudice il compito di dare le soluzioni nel caso concreto. Compito difficile, per il quale l’unico parametro normativo, rinvenibile nelle fonti internazionali, è il perseguimento del “best interest of the child”. 

Ma il problema di quale sia, in concreto, “the best interest of the child”, apre uno scenario all’interno del quale le soluzioni proposte inevitabilmente si espongono a critiche, dato che spesso sono il frutto di pregiudiziali ideologiche di base.

Delle tre dimensioni del problema, giuridico, etico, ideologico, noi naturalmente dedicheremo spazio solo alla prima, fondando quindi le soluzioni proposte sulle norme giuridiche, interne ed internazionali, indipendentemente da considerazioni di altra natura.

1 | La maternità surrogata

Quella che nella prassi è conosciuta come maternità surrogata giuridicamente consiste in un accordo in forza del quale una donna acconsente a condurre la gravidanza per conto di una coppia alla quale si impegna a consegnare il bambino alla nascita. La maternità surrogata viene attuata mediante le tecniche della fecondazione artificiale, cioè mediante inseminazione artificiale o altri sistemi come la fecondazione in vitro. Secondo che venga eseguita con gameti appartenenti o estranei alla coppia, la fecondazione artificiale si distingue in omologa ed eterologa. La maternità surrogata è quasi sempre eterologa, essendo utilizzata da persone che non possono avere figli (rari sono i casi di donne che, per motivi di immagine, pur non avendo controindicazioni, preferiscono evitare la gravidanza).

La maternità surrogata è normalmente utilizzata sia dalle coppie eterosessuali sterili o infertili, sia da coppie omoaffettive. La maternità surrogata omosessuale presenta le stesse problematiche di quella utilizzata dalle coppie eterosessuali, più altre di cui ci occuperemo alla fine di questo commento.

2 | La disciplina della l. n. 40/2004

Il tema della maternità surrogata è collegato a (e dipende da) quello della procreazione medicalmente assistita (PMA). In Italia la l. n. 40/2004 consente la procreazione assistita alle coppie sterili o infertili (art. 4, comma 1), ma vieta con sanzioni penali la commercializzazione di gameti e/o embrioni e la surrogazione di maternità (art. 12, comma 6).

La l. n. 40/2004 vietava anche la fecondazione eterologa, ma questo divieto è ora caduto. La Corte costituzionale, con sentenza del 9 aprile 2014, n. 162, ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4, comma 3, 9, commi 1 e 3, e 12, comma 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, relativi al divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili.

La sentenza della Corte costituzionale 5 giugno 2015, n. 96 ha esteso l’accesso alla procreazione assistita anche alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili.

Anche dopo l’apertura della Corte costituzionale alla fecondazione eterologa, la disciplina della legge italiana è rimasta restrittiva, dato che ammette la fecondazione artificiale solo per risolvere problemi di sterilità o infertilità (art. 4, comma 1, l. n. 40/2004) o nel caso di malattie genetiche trasmissibili, e comunque è rimasto fermo il divieto di accordi di maternità surrogata (art. 12, comma 6, l. n. 40/2004).

La citata sentenza della Consulta ha, infatti, precisato che la tecnica di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo va “tenuta distinta da ulteriori e diverse metodiche, quali la cosiddetta maternità surrogata, espressamente vietata dall’art. 12, comma 6, l. n. 40/2004, con prescrizione non censurata e che in nessun modo ed in nessun punto è incisa dalla presente pronuncia, conservando quindi perdurante validità ed efficacia”.

 

3 | Il ricorso, da parte delle coppie italiane, alla maternità surrogata all’estero

In assenza di norme sovranazionali uniformi in materia, il divieto della maternità surrogata nel nostro Paese induce molte coppie a cercare di realizzarla all’estero, dove la legislazione varia da Paese a Paese. Per scoraggiare questo fenomeno nel Parlamento italiano è stata recentemente presentata una proposta di legge, che sembra sostenuta dalla maggioranza parlamentare, per rendere la maternità surrogata reato universale.

Anche in Francia e Germania gli accordi di maternità surrogata sono vietati, mentre in altri Paesi, come Grecia e Regno Unito, sono ammessi quando non vi sia passaggio di denaro né fini di lucro. Al di fuori dell’UE, non pochi Stati, come ad esempio Ucraina, India, Nevada, Virginia, ammettono gli accordi di maternità surrogata, con o senza corrispettivo. Accade così frequentemente che coppie italiane che non possono avere figli naturalmente si rivolgano a persone e strutture di questi Paesi per ricorrere alla fecondazione artificiale eterologa attraverso accordi di maternità surrogata, e chiedano poi la trascrizione nei registri di stato civile italiani dell’atto di nascita del bambino nato all’estero, dove come genitori vengono indicati i committenti.

Tra i Paesi più richiesti per gli accordi di maternità surrogata va annoverata (almeno prima della guerra scoppiata con la Russia, anche se secondo alcuni osservatori il fenomeno non accennerebbe a diminuire) l’Ucraina, dove i costi dell’operazione (pagamento della clinica e compenso alla madre sotto forma di rimborso spese) sono tra i più bassi (anche se non certo irrisori). Qui accade che, in base alla lex loci, il bambino generato con il patrimonio genetico di almeno un genitore non acquista la cittadinanza ucraina, ma viene registrato come figlio della coppia committente e rimpatriato, mentre la madre biologica non viene menzionata (la legge ucraina non permette invece la maternità surrogata con gameti completamente estranei alla coppia; nel caso in cui questa sia ugualmente eseguita in violazione di tale divieto, il bambino non viene considerato figlio della coppia committente, ma messo in stato di adottabilità: cfr. C. Cass., sent. 11 novembre 2014, n. 24001).

4 | La posizione della giurisprudenza sul riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione costituito all’estero a seguito di un accordo di maternità surrogata

Il ricorso alla maternità surrogata solleva molte questioni di carattere etico e giuridico. Qui interessa solo il profilo giuridico di diritto internazionale privato, che ha a che vedere con il riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione derivante dall’accordo di maternità surrogata concluso all’estero da una coppia italiana; e di solito sorge al momento della domanda di trascrizione in Italia dell’atto di nascita del bambino nato all’estero ai sensi dell’art. 28, comma 2, lett. b), del d.P.R. 396/2000.

Il problema sottostante la trascrizione dell’atto di nascita straniero è quello di stabilire se il rapporto che sorge da un accordo di maternità surrogata possa costituire un valido rapporto di filiazione in forza della legge applicabile ai sensi dell’art. 33 l. 218/1995.

4.1. L’errore di metodo che viene compiuto ponendosi il problema dell’ordine pubblico e non quello della legge applicabile al rapporto di filiazione

La giurisprudenza italiana che si è occupata del tema si è concentrata principalmente sul problema dell’ordine pubblico, perché l’art. 18 del d.P.R. 396/2000 contempla la contrarietà all’ordine pubblico come motivo ostativo alla trascrizione degli atti di stato civile formati all’estero.

Senonché, va considerato che la giurisprudenza si è occupata della questione dell’ordine pubblico senza porsi il problema, logicamente preliminare, della legge applicabile al rapporto di filiazione. L’ordine pubblico, infatti, costituisce un limite all’applicabilità del diritto straniero e presuppone quindi che la filiazione sia regolata dal diritto straniero. Quando invece la filiazione è regolata dal diritto italiano, come accade ai sensi dell’art. 33 l. 218/1995 quando la coppia committente è italiana (e pertanto trasmette la cittadinanza anche al figlio), più che una problematica di ordine pubblico si verifica una disarmonia tra l’atto di nascita e la sottostante situazione sostanziale: l’atto di stato civile, infatti, ha  funzione probatoria di un rapporto di filiazione che però, in base alla legge italiana che lo regola, non risulta validamente costituito perché la legge italiana attribuisce la maternità alla donna che partorisce (almeno questo è ciò che si ricava dalla formulazione dell’art. 269, 3° comma, c.c.) e non a quella che ha concluso un contratto di maternità surrogata (madre intenzionale) con la gestante.

Senonché, dato che il d.P.R. 396/2000 ha posto come limite alla trascrizione degli atti di stato civile stranieri la contrarietà all’ordine pubblico e non la mancata corrispondenza con la disciplina sostanziale del rapporto giuridico che l’atto dovrebbe comprovare, il dibattito è stato incentrato solo sulla contrarietà dell’atto di nascita all’ordine pubblico. In questo modo si è dato per scontato che il rapporto di maternità si sia validamente costituito nello Stato dove l’atto di nascita è stato formato, che costituirebbe quindi, per così dire, lo “Stato di origine del rapporto”, mentre invece, dal punto di vista italiano, lo è solo quando la legge dello Stato dove l’atto di nascita è stato formato e dove è ammessa la maternità surrogata, è anche la legge regolatrice del rapporto di filiazione (questo in effetti è il risultato che mira  a realizzare la recente proposta di regolamento europeo sull’unificazione del diritto internazionale privato in materia di filiazione, di cui parleremo alla fine del presente paragrafo, che prevede l’applicabilità della legge dello Stato di residenza della donna che partorisce o dello Stato di nascita del figlio).

In realtà, quando la coppia committente è italiana, lo Stato dove l’atto di nascita è stato formato non ha alcun collegamento significativo con la coppia committente, se non quello di rendere possibile la maternità surrogata alle condizioni più vantaggiose. Fatto sta che il tema dibattuto è stato solo quello relativo al se sia o meno conforme all’interesse superiore del minore mantenere lo status di figlio teoricamente acquisito nell’ordinamento dove l’atto di nascita è stato formato, senza interrogarsi se tale status fosse stato veramente acquisito in base alla legge applicabile al rapporto.

4.2. Le prime pronunce della giurisprudenza italiana di merito

Quando il problema si è posto nel nostro Paese, circa una decina di anni fa, alcune sentenze dei giudici di merito si erano pronunciate nel senso che l’atto di nascita di un bambino nato all’estero a seguito di un accordo di maternità surrogata con ovodonazione, mentre il padre era il genitore biologico, può essere trascritto nei registri di stato civile italiani in quanto non comporta contrarietà all’ordine pubblico.

Il principio è stato affermato, ad es., con riguardo ad un bambino nato a seguito di un accordo di maternità surrogata in Ucraina anche se i genitori avevano simulato la gravidanza (Trib. Milano, sez. pen., sent. 15 ottobre 2013), in un caso in cui la madre d’intenzione era sessantenne (Trib. Trieste, sez. pen., sent. 6 giugno 2013), con riguardo ad un bambino nato a seguito di un accordo di maternità surrogata stipulato dal padre single negli USA (Trib. Napoli, Decr. 1° luglio 2011), e con riguardo a due gemelli nati a seguito di un accordo di maternità surrogata in India (Trib. Forlì 25 ottobre 2011).

La citata giurisprudenza è pervenuta al riconoscimento della maternità surrogata valorizzando il principio della responsabilità procreativa (che impedisce al coniuge che ha dato l’assenso alla maternità surrogata di disconoscere successivamente il figlio nato con gameti estranei alla coppia), l’abolizione del divieto della fecondazione eterologa, e il fatto che la maternità surrogata non potrebbe essere considerata contraria all’ordine pubblico internazionale dato che è ammessa in molti Paesi anche all’interno della UE. Queste sentenze hanno consentito la trascrizione dell’atto di nascita dando per scontato che essa realizzi il “superiore interesse del minore”, ma — come detto — senza porsi il problema internazionalprivatistico della legge applicabile al rapporto di filiazione.

Questo orientamento, seppure ragionevolmente ispirato alla tutela dell’interesse del minore, lasciava irrisolti alcuni gravi problemi e questioni di principio, primo tra tutti quello relativo alla legge applicabile al rapporto di filiazione.

4.3. La posizione della Corte EDU

Nel frattempo però la maternità surrogata andava acquisendo anche una dimensione sovranazionale.

È, in particolare, la Corte EDU, che ha approfondito la questione nella prospettiva di appurare se la maternità surrogata costituisca o meno espressione di un diritto alla genitorialità e se, quindi, il suo mancato riconoscimento da parte dello Stato comporti violazione dell’art. 8 della CEDU sul divieto di ingerenza dello Stato nella vita privata.

Prima di entrare nel merito delle varie decisioni è opportuno chiarire che anche la valutazione della Corte EDU prescinde completamente dalla questione della legge applicabile al rapporto di filiazione secondo il sistema di diritto internazionale privato dello Stato richiesto del riconoscimento della maternità surrogata attraverso la trascrizione dell’atto di nascita del bambino. In sostanza, anche la Corte EDU dà per scontato che la nascita di un bambino in forza di un contratto di maternità surrogata dia sempre luogo ad un valido rapporto di filiazione in base alla legge dello Stato dove avviene la nascita, indipendentemente dal fatto che questa legge sia richiamata dal sistema di diritto internazionale privato dello Stato richiesto della trascrizione dell’atto di nascita, e chiarisce se e a quali condizioni lo status che si sarebbe così formato nello Stato di origine debba poi essere riconosciuto nello Stato di cittadinanza del minore.

Non si distingue, insomma, secondo che il bambino sia nato in uno Stato con cui i genitori avevano una connessione significativa, per essere quello di loro residenza o cittadinanza, oppure in uno Stato dove si erano recati semplicemente perché consentiva la maternità surrogata alle condizioni più vantaggiose.

Nella sua giurisprudenza, la Corte EDU ha distinto due situazioni.

(a) Se il padre committente è anche padre biologico le autorità nazionali devono trascrivere l’atto di nascita a seguito di maternità surrogata perché il rifiuto sarebbe contrario all’art. 8 CEDU sul divieto di ingerenza dello Stato nella vita privata e familiare (cfr. Sentenze “gemelle” Corte EDU, 26 giugno 2014, Mennesson e Labassée c. Francia).

(b) Se invece il nato da maternità surrogata non ha alcun legame genetico con la coppia committente, la stessa sentenza Mennesson e Labassée c. Francia (§ 58) lascia agli Stati un ampio margine di discrezionalità nella valutazione se ammettere o meno la trascrizione dell’atto di nascita, perché in questo caso (a differenza che nel primo) l’interesse dello Stato a vietare questa pratica potrebbe essere superiore a quello del minore ad essere riconosciuto.

Va peraltro considerato che il margine di discrezionalità che la Corte EDU ha concesso agli Stati nel caso in cui il bambino non abbia legami genetici con i genitori è stato ridotto in conseguenza di due successive pronunce della stessa Corte EDU.

Con la prima essa ha stabilito che se il minore nato da un accordo di maternità surrogata non ha legami genetici con i genitori, ma ha trascorso un periodo, per quanto breve, con la coppia committente, si crea un legame familiare e affettivo de facto che le autorità nazionali devono rispettare (Sent. 27 gennaio 2015, Paradiso e Campanelli c. Italia).

Con il successivo parere consultivo del 10 aprile 2019 la Grande Chambre della Corte Edu, rispondendo ad un quesito della Corte di Cassazione francese, ha chiarito che se il père d’intention è anche il padre biologico mentre la mère d’intention non ha dato i suoi gameti, lo Stato può stabilire che la maternità non risulti dalla trascrizione dell’atto di nascita ma in questo caso, dato che il superiore interesse del minore è quello di avere delle persone che si prendano cura di lui, per non violare l’art. 8 della CEDU gli Stati devono riconoscere anche alla madre intenzionale la possibilità di instaurare un legame di filiazione con il bambino (§ 46) attraverso l’adozione o con altre modalità che garantiscano la tutela effettiva e celere dell’interesse del minore (§ 55).

4.4. La posizione della Corte di Cassazione

Nel frattempo, applicando il margine di discrezionalità riconosciuto dalle sentenze gemelle Mennesson e Labassée c. Francia, la Corte di Cassazione italiana ha ritenuto che, quando il bambino non sia stato concepito con i gameti dei genitori committenti, la maternità surrogata avvenuta all’estero è incompatibile con il principio di ordine pubblico che la vieta nel nostro Paese, anche perché potrebbe essere un modo per eludere la disciplina dell’adozione internazionale; d’altra parte, la maternità surrogata in questa ipotesi non potrebbe neanche essere giustificata sulla base del prevalente interesse del minore atteso che egli non ha alcun legame identitario con i committenti italiani perché la maternità surrogata è avvenuta con materiale genetico completamente estraneo alla coppia (C. Cass., Sent. 11 novembre 2014, n. 24001). In base a questo orientamento, se solo uno dei genitori ha fornito i gameti (il padre, ad es.) la filiazione dovrebbe essere riconosciuta solo nei suoi confronti.

La soluzione può però essere diversa qualora si tratti non di riconoscere la maternità surrogata avvenuta all’estero, ma di rimuovere uno status già acquisito dal minore attraverso la trascrizione in Italia dell’atto di nascita straniero. Così, il Tribunale di Roma, con sentenza 11 febbraio 2020, ha rigettato il ricorso del curatore speciale, nominato dal PM, volto ad impugnare il riconoscimento del figlio per difetto di veridicità precisando che tale decisione non contrastava con l’orientamento della Cassazione che considera la maternità surrogata contraria all’ordine pubblico, in quanto la domanda mirava a rimuovere uno status già acquisito da vari anni con la trascrizione in Italia dell’atto di nascita straniero; questa situazione, a giudizio del Tribunale, giustificava un diverso trattamento in quanto la risposta sanzionatoria dello Stato, a distanza di tempo, sarebbe stata demolitoria nei confronti del minore e non avrebbe trovato un equo bilanciamento degli interessi nell’adozione in casi particolari.

4.5. I problemi irrisolti

La posizione della giurisprudenza, che sembra incline a non considerare di ordine pubblico il divieto di maternità surrogata posto dalla legge italiana rispetto al genitore che ha fornito il materiale genetico, ha certamente il merito di tutelare il superiore interesse (the best interest) del minore (Corte di Appello Milano, Ord. 25 luglio 2016), e risulta rafforzata dall’intervento della Corte costituzionale che ha considerato illegittimo il divieto di fecondazione eterologa. È fondamentalmente vero quello che si trova scritto in una sentenza californiana: una volta che il bambino è nato “the baby is here. And the matter is what is best for him now that is here, and not how he is arrived” (Superior Court of California - Family Division, 27 agosto 1997, Re Buzzanca).

Riteniamo tuttavia che su un tema così delicato sia imprescindibile un intervento del legislatore, per dare risposta ad alcuni interrogativi che rimangono insoluti.

In primo luogo, come già chiarito, se la coppia committente è italiana (come si verifica nei casi in cui viene richiesta la trascrizione dell’atto di nascita in Italia) la maternità che risulta dall’atto di nascita straniero allo stato attuale della legislazione è in contrasto con le previsioni della legge regolatrice della filiazione perché, ai sensi dell’art. 33 della l. 218/1995, la legge regolatrice della filiazione è la legge italiana in forza del criterio di collegamento della cittadinanza del figlio che nell’atto di nascita risulta essere italiano (ed effettivamente è figlio biologico di padre italiano), e la legge italiana fino a questo momento attribuisce la maternità alla donna che ha partorito, non a quella che ha concluso un accordo di maternità surrogata (cfr. art. 269, comma 3, c.c.).

Se invece uno dei genitori è cittadino di uno Stato che ammette la maternità surrogata e riconosce il rapporto di filiazione con entrambi i membri della coppia committente, si potrebbe ritenere che la legge della cittadinanza del genitore trovi applicazione in luogo della legge italiana della cittadinanza del figlio ai sensi dello stesso art. 33 in quanto più favorevole alla filiazione; in questo caso, però, si dovrebbe vagliare la conformità di tale legge all’ordine pubblico.

Riteniamo poi che la trascrizione dell’atto di nascita straniero possa sollevare dubbi di compatibilità con l’ordine pubblico per il fatto che di solito (come nel caso affrontato dal Tribunale di Milano, sez. pen., sent. 15 ottobre 2013) la maternità surrogata avviene verso corrispettivo pagato alla clinica dove l’operazione viene effettuata; la previsione di un corrispettivo (che, come si è detto, la l. 40/2004 vieta) rischia infatti di mercificare la nascita dei bambini favorendo la diffusione di quello che viene definito un “turismo procreativo” volto alla ricerca del Paese con i prezzi più convenienti, e di avvallare una forma di sfruttamento delle donne economicamente svantaggiate (che notoriamente vengono utilizzate dalle cliniche per questo tipo di operazioni).

Va poi considerato che, seppure la Cassazione ritiene che la maternità surrogata all’estero non comporti, neanche parzialmente, la commissione del reato in Italia (C. Cass., Sent. 10 febbraio 2021, n. 5198/21) la trascrizione dell’atto di nascita del bambino nato all’estero in forza di un accordo di maternità surrogata eterologa finisce per legittimare una condotta che se fosse posta in essere in Italia configurerebbe un reato, e pare difficile sostenere che la sanzione penale tuteli un principio non di ordine pubblico; per non dire che si determina una ingiustificata disparità di trattamento tra le coppie che in Italia non possono ricorrere alla maternità surrogata e quelle più facoltose che hanno la possibilità di rivolgersi all’estero.

Per tutti questi motivi riteniamo imprescindibile un intervento del legislatore in una materia che presenta profili di grande delicatezza e complessità giuridica, per la quale non possono essere considerate sufficienti delle soluzioni giurisprudenziali adottate caso per caso e che, seppure lodevolmente ispirate alla tutela del superiore interesse del minore, rischiano di analizzare solo alcuni aspetti del problema. Basti pensare alla questione della maternità: solo il legislatore può stabilire se essa compete alla donna che partorisce, a quella che trasmette il DNA, o a quella che stipula l’accordo di maternità surrogata.

4.6. La posizione della giurisprudenza in ordine alla maternità surrogata delle coppie omoaffettive e il dibattito sull’idoneità dell’adozione in casi particolari a costituire uno strumento alternativo per creare un rapporto di filiazione nei confronti del genitore d’intenzione che non fornisce il materiale biologico

Vi sono alcuni Stati, come USA e Canada, che consentono di ricorrere alla maternità surrogata anche alle coppie omosessuali (generalmente uomini, ma anche donne che non possono o non intendono condurre la gravidanza). La rinuncia — dopo un lungo dibattito parlamentare — ad inserire la stepchild adoption nel disegno di legge sulle unioni civili sembrava indicare che in Italia la coscienza sociale è ancora contraria alla possibilità di attribuire al bambino due genitori dello stesso sesso. In realtà, dalle prime decisioni pronunciate in materia, sembra che la giurisprudenza si stia orientando secondo le stesse linee guida tracciate dalle sentenze Mennesson e Labassée della Corte EDU per la maternità surrogata delle coppie eterosessuali, cioè riconoscendo il rapporto di filiazione nei confronti del genitore che fornisce il materiale biologico e non riconoscendolo, invece, nei confronti di quello che non lo fornisce.

Il riconoscimento della filiazione avvenuta attraverso il ricorso di una coppia omoaffettiva alla maternità surrogata è stato concesso, ad esempio, in un caso in cui l’accordo di maternità surrogata prevedeva che una donna portasse a termine la gravidanza dopo che nel suo utero erano stati impiantati due ovuli fecondati con i gameti di due diversi donatori, costituenti una coppia nella vita, generando così due gemelli che non erano, però, biologicamente fratelli (si tratta quindi di una vicenda che coinvolge complesse e delicate questioni di ingegneria genetica): il decreto della Corte di Appello di Milano del 28 dicembre 2016 ha ordinato la trascrizione in Italia degli atti di nascita dei due bambini nati in California.

Il riconoscimento del rapporto di filiazione viene invece negato nei confronti del genitore che non fornisce il materiale genetico.

Così, ribaltando l’Ord. 23 febbraio 2017 della Corte di Appello di Trento, che aveva valorizzato l’interesse superiore dei minori alla conservazione dello status di figlio validamente acquisito all’estero, la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Un., n. 12193/2019 dell’8 maggio 2019 ha negato il riconoscimento di una decisione della Superior Court of Justice dell’Ontario che aveva accertato l’esistenza di una relazione di co-genitorialità fra un padre non biologico e due gemelli nati a seguito di un accordo di maternità surrogata con una donna che aveva ricevuto il materiale genetico dal marito del padre d’intenzione. In mancanza di un rapporto biologico con il padre d’intenzione, la Suprema Corte ha ritenuto che il riconoscimento del provvedimento canadese era contrario al divieto di surrogazione di maternità di cui all’art. 12 della l. 40/2014, che ha natura di ordine pubblico a tutela di valori fondamentali quali la dignità umana della gestante e l’istituto dell’adozione, e che il giudice italiano non poteva sostituire la propria valutazione del superiore interesse del minore a quella del legislatore “nonostante la pacifica insussistenza di un rapporto biologico con il genitore intenzionale”, aggiungendo che il rapporto genitoriale avrebbe potuto trovare realizzazione nell’ambito dell’adozione in casi particolari.

La contrarietà della pratica della maternità surrogata all’ordine pubblico è stata confermata, incidenter tantum, anche dalla successiva sent. C. Cass. 23 agosto 2021, n. 23319.

Le Sezioni Unite del 2019 hanno stabilito che quando il bambino nato da maternità surrogata è figlio biologico di un membro della coppia omoaffettiva, l’altro potrà realizzare la sua aspirazione alla genitorialità con le modalità dell’adozione in casi particolari di cui all’art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983.

Tale principio sembrava essere in linea con il citato parere consultivo della Corte EDU alla Cassazione francese del 2019, in quanto l’adozione poteva essere un modo per riconoscere il rapporto di filiazione del genitore intenzionale con il bambino nato da maternità surrogata alternativo alla trascrizione dell’atto di nascita.

Va tuttavia segnalato che in Italia è sorto su un dibattito sull’idoneità dell’adozione in casi particolari a garantire quella efficace e rapida tutela dello status filiationis che, nel citato parere consultivo alla Cassazione francese, la Corte EDU ritiene imprescindibile per costituire un’alternativa alla trascrizione dell’atto di nascita del bambino nato da maternità surrogata senza violare il diritto alla vita privata familiare del minore. I motivi di criticità rilevati nell’istituto italiano dell’adozione in casi particolari erano che essa non determinava un legame di filiazione pieno (non creava legami del minore con i parenti dell’adottante e non attribuiva diritti successori) ed aveva il limite di richiedere il consenso del genitore biologico, che potrebbe venir meno in caso di crisi della coppia. Su questa base, con ordinanza interlocutoria n. 8325 del 29 aprile 2020, la Ia sezione della Corte di Cassazione, discostandosi dalle Sezioni Unite del 2019, ha proposto alla Corte costituzionale la questione di costituzionalità della legge 40/2004 nella parte in cui vieta la maternità surrogata (nonché delle norme sulla trascrizione degli atti di stato civile stranieri), rispetto ad alcuni articoli della Costituzione e, come norme interposte, ad alcune convenzioni internazionali sui diritti umani e dei minori, con particolare riferimento al principio di non discriminazione.

Con la sentenza n. 33 del 9 marzo 2021 la Corte costituzionale, pur condividendo la valutazione delle Sezioni Unite circa la contrarietà all’ordine pubblico della maternità surrogata, che “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”, valorizzando non tanto un diritto alla genitorialità ma il dovere di esercitare la responsabilità genitoriale nei confronti del bambino, ha condiviso anche l’opinione della Ia sezione remittente che l’adozione in casi particolari di cui all’art. 44 l. 184/1983 non costituisce un rimedio sufficiente e pertanto, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale, ha invitato il legislatore a disciplinare un procedimento di adozione idoneo a realizzare il superiore interesse del minore nato all’estero da maternità surrogata ad instaurare un legame di filiazione anche con il genitore non biologico all’interno di una coppia omoaffettiva.

A seguito della citata sentenza della Corte costituzionale, la Ia sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza delle Sezioni Unite n. 12193/2019 dovrebbe ritenersi superata dopo che la Corte costituzionale ha condiviso l’opinione della sezione remittente quanto all’inidoneità dell’adozione in casi particolari “ad assicurare al minore nato da maternità surrogata la tutela giuridica richiesta dai princìpi costituzionali e convenzionali”. Con una nuova ordinanza interlocutoria la Ia sezione ha quindi investito di nuovo le Sezioni Unite affinché chiariscano se sia possibile, in via di interpretazione, colmare il vuoto normativo ripensando il contrasto della maternità surrogata con l’ordine pubblico “nell’ottica della ricerca della soluzione ottimale in concreto per l’interesse del minore” (C. Cass., Ordinanza interlocutoria n. 1842 del 21 gennaio 2022).

Ancora prima di conoscere la pronuncia delle Sezioni Unite, il Tribunale di Bari, in una situazione in cui un bambino era nato in USA a seguito di una maternità surrogata portata avanti da una coppia di donne (una madre genetica, l’altra solo intenzionale), aveva ritenuto già superata la sentenza della Cassazione 12193/2019 e rigettato il ricorso del PM volto a rettificare l’atto di nascita, trascritto in Italia, del minore di doppia cittadinanza, italiana e statunitense, eliminando il riferimento alla seconda madre (intenzionale), argomentando che il nato si doveva ritenere figlio di entrambe ai sensi della legge della seconda cittadinanza statunitense (che, secondo il Tribunale, ai sensi dell’art. 33 l. 218/1995 dovrebbe prevalere in quanto più favorevole allo stabilimento della filiazione rispetto alla legge italiana designata dall’art. 19 della l. 218/1995) in quanto non era provata una lesione della dignità della gestante superiore ai diritti del nato (Trib Bari, Decr. 7 settembre 2021).

Viceversa, l’attesa sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 38162 del 30 dicembre 2022 ha confermato che la maternità surrogata è contraria alla dignità della donna in quanto ne riduce il corpo “ad incubatrice meccanica, a contenitore di una vita destinata ad altri”, ribadendo che non esiste un diritto alla genitorialità fondato unicamente sulla volontà degli adulti di essere genitori. Pertanto non è possibile, come ipotizzava la Ia sezione, “salvare” la maternità surrogata neanche nei casi in cui sia dimostrato che essa è il frutto di una scelta libera e consapevole della donna, indipendentemente da contropartite economiche e revocabile sin dalla nascita del bambino; l’atto di nascita straniero, oppure il provvedimento giudiziario straniero, che indichino quale genitore del bambino il padre di intenzione, rimangono contrari all’ordine pubblico.

Le Sezioni Unite hanno, altresì, chiarito che comunque l’ordinamento italiano, pur non consentendo la trascrizione dell’atto o del provvedimento straniero, “non volta le spalle al nato” in quanto offre uno strumento volto a garantire al bambino nato a seguito di maternità surrogata nell’ambito di un progetto procreativo di una coppia omoaffettiva lo status di figlio e a consentirgli di mantenere la relazione affettiva e di cura già di fatto instaurata e consolidata con il partner del genitore biologico che ha condiviso il progetto. Tale strumento è l’istituto dell’adozione in casi particolari.

Per comprendere come mai l’adozione in casi particolari sia stata ritenuta idonea a realizzare il rapporto di genitorialità tra il bambino e il genitore d’intenzione (mentre, come si è detto, la sentenza della Corte costituzionale n. 33/2021, l’aveva considerata a tal fine insufficiente, invitando il legislatore a configurare un nuovo tipo di adozione che superasse le rilevate criticità di quella in casi particolari) bisogna fare un passo indietro.

Più precisamente, bisogna considerare che, con sentenza n. 79/2022 del 28 marzo 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della normativa sull’adozione in casi particolari (art. 55 l. 184/1983) per contrasto con gli artt. 3, 31 e 117 1° co., Cost., in rapporto all’art. 8 della CEDU sul divieto di ingerenza dello Stato nella privata e familiare, proprio nella parte censurata dalla precedente sentenza della Corte costituzionale del 9 marzo 2021 e dalla ordinanza interlocutoria della Cassazione del 21 gennaio 2022, cioè perché non induce alcun rapporto tra l’adottato e i parenti dell’adottante, discriminando, quindi, il genitore adottivo rispetto al genitore biologico. La sopra citata sentenza delle Sezioni Unite n. 38162/2022 ha ritenuto che l’intervento della Corte costituzionale abbia “fatto venir meno il più importante elemento di inadeguatezza della soluzione dell’adozione particolare” che quindi ora è lo strumento che può essere utilizzato per costituire un rapporto di filiazione del minore nato da maternità surrogata con il genitore di intenzione privo di legami biologici con il bambino alternativo alla trascrizione dell’atto di nascita. Non è però scontato che l’adozione in casi particolari rappresenti la soluzione definitiva al problema lamentandosi, da parte di alcuni addetti ai lavori (ufficiali di stato civile, ad es.), la perdurante eccessiva lunghezza della procedura.

4.7. La proposta di regolamento europeo sul riconoscimento della filiazione costituita in uno Stato membro e le sue ricadute sulla problematica della maternità surrogata

Anche dopo l’ultimo intervento delle Sezioni Unite, il dibattito sulla filiazione derivante da maternità surrogata è lungi dall’essersi concluso. In data 7 dicembre 2022, infatti, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento europeo in tema di filiazione (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52022PC0695&from=EN), materia che sinora era stata lasciata fuori dai regolamenti sulla unificazione del d.i.p. perché si riteneva che l’Unione europea non avesse competenza  a legiferare in tale materia, e anche per rispettare le diverse tradizioni giuridiche degli Stati, preferendosi mantenere, su temi sensibili come filiazione e matrimonio, un approccio agnostico. 

La proposta di regolamento concerne la giurisdizione, la legge applicabile e il riconoscimento delle decisioni in materia di filiazione, nonché il riconoscimento degli atti pubblici in materia di filiazione, il rilascio di un attestato per un atto pubblico di riconoscimento della filiazione e l’istituzione di un certificato europeo di filiazione in modo da poter far valere lo status di figlio in tutti gli stati dell’Unione. La proposta prevede quindi “il riconoscimento della filiazione indipendentemente dal modo in cui il figlio è stato concepito o è nato e dal tipo di famiglia da cui proviene”. 

Anche se la proposta di regolamento riguarda la filiazione in generale, l’opinione pubblica se n’è occupata soprattutto per le ricadute che potrebbe avere sulla maternità surrogata, dato che prevede il riconoscimento del rapporto di filiazione costituito in un altro Stato membro, indipendentemente dal modo in cui il bambino è stato concepito o è nato, quindi anche se il rapporto è stato costituito mediante il ricorso alla maternità surrogata.

Proprio in considerazione di questa possibilità, che va contro non solo alla decisione delle Sezioni Unite del 2022 ma anche all’attuale posizione della maggioranza parlamentare che sostiene il Governo italiano in tema di maternità surrogata, la Commissione politiche europee del Senato italiano ha adottato la risoluzione del 14 marzo 2023 con la quale ha ipotizzato la contrarietà della proposta al principio di sussidiarietà.

Si tratta di una procedura prevista dal Protocollo n. 2 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato di Lisbona, in forza della quale i Parlamenti nazionali sono chiamati a partecipare al procedimento legislativo dell’Unione esprimendo pareri motivati sulle proposte di regolamento della Commissione, la quale potrebbe dover riconsiderare la proposta nel caso vi siano numerosi pareri contrari.

Va detto comunque che in realtà, più che sulla violazione del principio di sussidiarietà, le critiche si fondano sul merito del provvedimento, denunciando lo sfavore di fondo del Parlamento italiano (che costituisce anche un atto di indirizzo al Governo ai sensi dell’art. 7 della l. 234/2012) rispetto alla posizione europea in materia: viene censurato, ad esempio, il fatto che la proposta prevede che si possa ricorrere all’ordine pubblico per non riconoscere un rapporto di filiazione derivante da maternità surrogata solo in via eccezionale. Anche il Parlamento francese ha adottato una sua risoluzione con la quale ha fatto valere che la proposta della Commissione potrebbe invadere le competenze degli Stati membri e rischia di modificare l’equilibrio raggiunto nell’ordinamento francese a seguito del sopra citato parere consultivo fornito alla Cassazione francese dalla Grande Chambre della Corte EDU in materia di maternità surrogata il 10 aprile 2019.

Questa diversità di vedute lascia intendere che i tempi per l’adozione del Regolamento non saranno certamente brevi, e che lo strumento potrebbe anche essere adottato nella forma della cooperazione rafforzata, cioè non per tutti gli Stati ma solo per quelli che intendono parteciparvi, nel qual caso non è da escludere che l’Italia potrebbe non essere tra questi.

Come si vede, si tratta di una situazione fluida ed in continua evoluzione che non può essere definita con pronunce caso per caso o con disposizioni sul riconoscimento miranti a favorire la circolazione degli status, ma che richiederebbe un intervento globale a livello internazionale con l’adozione di uno strumento che stabilisca una volta per tutte se e a quali condizioni la filiazione derivante da maternità surrogata potrebbe essere riconosciuta in uno Stato diverso da quello in cui è stata realizzata (tra queste condizioni assumerebbero naturalmente particolare importanza quelle che stabiliscono l’idoneità dei committenti e garantiscono la non mercificazione del bambino e la tutela della dignità della gestante).

Uno strumento di questo tipo è stato in effetti suggerito nel Rapporto finale del Gruppo di esperti della convenzione dell’Aja del 1° novembre 2022, che ha auspicato la stipulazione di una convenzione contenente norme generali in materia di filiazione e di un separato protocollo relativo alla maternità surrogata.

5 | La posizione della giurisprudenza sulla costituzione e/o il riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione che, al di fuori della surrogazione di maternità, dà luogo al fenomeno dei bambini con due madri

Non hanno a che vedere con la maternità surrogata i casi, ormai piuttosto frequenti, di bambini con due madri.

Ciò che accade è che, nell’ambito di una coppia di donne una ricorre alla PMA e partorisce (di solito) all’estero, dove anche l’altra donna viene indicata come madre e successivamente viene chiesta la trascrizione dell’atto di nascita del bambino nei registri di stato civile italiani. Questa pratica ha in comune con la maternità surrogata la necessità dell’apporto di un terzo estraneo donatore del gamete, ma se ne differenzia perché non richiede l’intervento di una donna estranea che metta a disposizione della coppia il suo corpo per consentire la realizzazione del progetto genitoriale.

Anche in questi casi, in assenza di norme sovranazionali uniformi, la possibilità di costituire un rapporto di filiazione con la seconda madre dovrebbe essere verificata in base alla legge regolatrice del rapporto di filiazione ai sensi dell’art. 33 l. 218/1995. La giurisprudenza, invece, tende a ricorrere a soluzioni caso per caso non in base alla legge regolatrice del rapporto, ma a quello che di volta in volta è ritenuto essere l’interesse superiore del minore (a volte menzionando anche il diritto, che deve essere riconosciuto anche alle coppie omosessuali, di autodeterminarsi e di avere figli).

Su queste basi la giurisprudenza tende ad ammettere la trascrizione dell’atto di nascita dei bambini con due madri nati all’estero, sia nel caso di feto legato biologicamente ad entrambe le madri una delle quali ha fornito l’ovulo e l’altra ha condotto la gestazione (C. Cass., Sent. 30 settembre 2016, n. 19599), sia nel caso in cui una delle madri ha praticato la fecondazione eterologa mentre l’altra non ha alcun legame biologico col bambino (C. Cass 15 giugno 2017, n. 14878).

Successivamente è stato confermato il principio secondo cui “al di fuori delle ipotesi in cui opera il divieto della surrogazione di maternità, l’insussistenza di un legame genetico o biologico con il minore nato all’estero non impedisce il riconoscimento del rapporto di filiazione con un cittadino italiano che abbia prestato il proprio consenso all’utilizzazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non consentite dal nostro ordinamento: le limitazioni previste dalla legge n. 40 del 2004 per l’accesso alla fecondazione eterologa, che è consentita solo alle coppie di sesso diverso che non possono avere figli o sono portatrici di malattie genetiche trasmissibili, costituiscono infatti espressione non già di principi di ordine pubblico internazionale, ma del margine di apprezzamento di cui il legislatore dispone nella definizione dei requisiti di accesso alle predette pratiche, la cui individuazione, avente portata vincolante nell’ordinamento interno, non è di ostacolo alla produzione di effetti da parte di atti o provvedimenti validamente formati nell’ambito di ordinamenti stranieri e disciplinati dalle relative disposizioni” (C. Cass., Sent. 23 agosto 2021, n. 23319).

Quindi, a differenza delle coppie maschili, che non possono realizzare il loro progetto di genitorialità se non mediante la surrogazione di maternità, che però in Italia è vietata né può essere riconosciuta per contrarietà all’ordine pubblico (come ha ribadito la Cassazione), le coppie omoaffettive femminili possono farlo lecitamente all’estero mediante fecondazione eterologa, ottenendo poi il riconoscimento in Italia dell’atto straniero che le certifica entrambe come madri in virtù del diritto alla continuità dello status filiationis acquisito all’estero.

Ciò però non vale se l’atto di nascita è formato in Italia, anche se la PMA è avvenuta all’estero, perché in questi casi non si tratta di riconoscere un atto di nascita straniero ma di valutare la legittimità o meno del ricorso alla fecondazione assistita in base alla legge italiana, e quindi con i limiti stabiliti dalla l. 40/2004, cui implicitamente viene riconosciuta una valenza pubblicistica e quindi territoriale.

Così, la sentenza della Corte di Cassazione 3 aprile 2020, n. 7668 ha considerato legittimo il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di correggere l’atto di nascita italiano di un bambino nato all’estero mediante fecondazione eterologa inserendovi il riconoscimento congiunto della madre biologica e di quella intenzionale, compagna della donna che ha partorito, dato che la l. 40/2004 consente di ricorrere alle tecniche di procreazione assistita solo alle coppie di sesso diverso, sicché “una sola persona ha diritto di essere menzionata come madre nell’atto di nascita”.

Nello stesso senso la sent. C. Cass. 22 aprile 2020 n. 8029, partendo dal presupposto che l’estensione dell’operatività della l. 40/2004 ammessa dalla Corte Costituzionale ne lascia inalterato l’impianto “costituito dalla configurazione delle tecniche di procreazione assistita come rimedio alla sterilità o infertilità umana avente una causa patologica e non altrimenti rimuovibile, e dall’intento di garantire che il nucleo familiare scaturente dalla loro applicazione riproduca il modello della famiglia caratterizzata dalla presenza di una madre e di un padre”, ha stabilito che il riconoscimento del rapporto di filiazione tra un minore e una donna legata in unione civile con la donna che lo ha partorito e che si era limitata a prestare il suo consenso alla fecondazione eterologa si porrebbe in contrasto con la l. 40/2004, che consente la procreazione assistita solo per risolvere problemi di sterilità o in caso di malattie genetiche e non per realizzare la genitorialità delle coppie omosessuali.

In senso contrario a queste decisioni alcune pronunce, come il decreto della Corte di Appello di Cagliari del 16 aprile 2021, hanno ritenuto che si dovrebbe poter annotare sull’atto di nascita il riconoscimento del minore da parte di altro genitore dello stesso sesso per evitare disparità di trattamento tra il bambino nato in Italia e quello nato all’estero.

Nello stesso senso della Cassazione n. 7668/2020, la sentenza n. 230/2020 della Corte costituzionale, in relazione ad una vicenda originata dal ricorso con cui una donna lamentava di non poter riconoscere il bambino che la sua compagna aveva partorito dopo essere ricorsa alla fecondazione eterologa all’estero d’intesa con lei, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 comma 20 della legge Cirinnà e dell’art. 29, comma 2, del d.P.R. 396/2000 per il fatto che non consentono anche alla madre d’intenzione di essere indicata nell’atto di nascita come genitrice del bambino, dichiarando di non rinvenire nell’ordinamento né nelle fonti sovranazionali un principio in forza del quale due donne unite civilmente debbano essere riconosciute entrambe genitrici del bambino nato dalla fecondazione eterologa praticata dall’una con il consenso dell’altra.

Successivamente, in una causa originata da un ricorso promosso dalla madre intenzionale di due gemelle nate in Italia a seguito di una procedura di PMA cui si era sottoposta all’estero la ex compagna della ricorrente, madre biologica, che successivamente ha interrotto la relazione e impedito ogni rapporto della madre intenzionale con le figlie, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale della l. 40/2004; la sent. della Corte costituzionale del 9 marzo 2021, n. 32, di contenuto sostanzialmente analogo a quello della sopra citata sentenza n. 33 in pari data in tema di maternità surrogata delle coppie omoaffettive, ha rigettato il ricorso invocando però un intervento del legislatore per garantire i diritti dei minori nati da coppie omosessuali.

Come si vede, con queste sentenze in pari data la Corte costituzionale ha invitato il legislatore ad individuare un nuovo strumento giuridico — che verosimilmente sarà una forma di adozione — che consenta di instaurare un rapporto di filiazione con il genitore intenzionale di un bambino nato a seguito di maternità surrogata (sent. 33/2021), oppure all’interno di un progetto di genitorialità concepito da una coppia di donne omoaffettive una delle quali sia ricorsa alle tecniche di PMA con il consenso dell’altra (sent. 32/2021).

E si è detto che la Ia sezione della Corte di Cassazione ha investito le Sezioni Unite per ottenere un’interpretazione del diritto vivente tale da tutelare l’interesse del minore nato a seguito di un accordo di maternità surrogata in attesa dell’intervento del legislatore per la regolamentazione di questo tipo di adozione. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 79/2022, che ha dichiarato costituzionalmente illegittima la normativa sull’adozione in casi particolari nella parte in cui non consente un rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante, la sentenza delle Sezioni Unite n. 38162/2022 ha ritenuto superate le principali controindicazioni che impedivano di considerare l’adozione in casi particolari uno strumento idoneo a creare un rapporto di filiazione del genitore d’intenzione con il bambino alternativo alla trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato da maternità surrogata, come richiesto dal citato parere consultivo fornito dalla Corte EDU alla Cassazione francese nel 2019.

È quindi verosimile che lo stesso istituto potrà essere ritenuto idoneo anche per costituire una relazione di genitorialità tra il bambino nato in Italia e la partner della donna che lo ha partorito dopo essere ricorsa alle tecniche di PMA all’estero nell’ambito di un progetto condiviso con la compagna. Ma, come si è detto, non è detto che questa soluzione sarà quella definitiva lamentandosi, da parte di alcuni addetti ai lavori (ufficiali di stato civile, ad es.), la perdurante eccessiva lunghezza della procedura di adozione in casi particolari.

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