Il rifiuto dell’offerta di lavoro dell’ex coniuge non esclude il diritto all’assegno divorzile

23 FEBBRAIO 2022 | Mantenimento del coniuge

avv. Gabriella Dal Molin

È quanto afferma la Cassazione con l’ordinanza n. 1643 del 19 gennaio 2022.

Nel caso di specie, alla luce delle circostanze, i giudici hanno escluso che il rifiuto della donna a diventare una dipendente dell’azienda di proprietà dell’ex marito potesse rappresentare un comportamento colpevole, come tale ostativo al diritto di percepire l’assegno di mantenimento.

Il caso

La Corte d’Appello di Torino aveva rigettato l’impugnazione proposta dal marito nei confronti della sentenza del Tribunale di Cuneo, la quale, pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio, aveva condannato il marito a corrispondere all’ex coniuge un assegno di mantenimento quantificato in € 1.200,00 mensili.

Avverso tale decisione l’uomo proponeva ricorso per Cassazione, denunciando, tra l’altro, la violazione dell’art. 5, comma 6, l. 898 del 1970 e “…dei criteri previsti per la quantificazione dell’assegno divorzile nonché omesso esame dei fatti decisivi per il giudizio…”. Infatti, secondo la rappresentazione del ricorrente, la corte del merito non aveva “…verificato l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge e la sua impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive…”, ma soprattutto non aveva accertato “…il fatto decisivo della pacifica esistenza di proposte di lavoro che erano state non accettate dalla richiedente…” .

La decisione

La Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità dei motivi di impugnazione “…perché, versati in fatto, essi sollecitano questa Corte ad un sindacato di merito che le è estraneo…”.

I giudici di legittimità hanno preso atto della valutazione sul merito effettuata dalla Corte d’Appello di Torino, che aveva accertato l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione della donna, non senza considerare il suo rifiuto dell’offerta lavorativa dell’ex marito, sottolineando in proposito “…l’età non più giovane della donna, l’ammontare del reddito che le sarebbe venuto, di 600 euro mensili, dall’offerta di lavoro procuratale; la lontananza dalla residenza del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa offertale (di pulizie); la situazione abitativa di cui pure la donna godeva presso la madre e che avrebbe all’esito dello spostamento perduto…” .

Pertanto “…negli indicati termini è stata così esclusa una inerzia colpevole in capo alla richiedente e l’individuazione nel suo comportamento della causa della sua condizione reddituale, sicché la diversa valutazione del comportamento della prima sollecitata in ricorso non vale a segnalare fatti omessi e rilevanti ai fini della decisione né una errata valutazione dei presupposti di legge che presiedono al riconoscimento dell’assegno divorzile, ma una diversa valutazione di circostanze di fatto…”.

A margine, va osservato che i Giudici non hanno dato alcun rilievo al fatto che l’offerta di lavoro proveniva proprio dall’ex marito, evocando un vissuto di conflittualità sfociato appunto nel divorzio: forse il diritto della moglie a non rivedere più l’ex coniuge poteva essere, da solo, considerato legittimo motivo per rifiutare l’offerta.

Il ricorso è stato, quindi, dichiarato inammissibile e conseguentemente è rimasta in vigore la statuizione della Corte d’Appello di Torino che aveva attribuito alla ex moglie l’assegno divorzile di € 1.200,00 al mese.

La pronuncia in esame offre l’occasione per sottolineare come, in questo momento storico, si assista ad una produzione giurisprudenziale che, valorizzando il principio di autoresponsabilità del coniuge, richiamato nei Principi europei della “Commission on European family law”, considera l’impegno a reperire un’attività lavorativa da parte del richiedente l’assegno, uno degli elementi cardine per l’attribuzione dello stesso.

Richiamiamo alcuni precedenti significativi: se la beneficiaria dell’assegno “….ha dimostrato di avere piena capacità lavorativa, il mantenimento da parte dell’ex coniuge non sussiste perché, semmai esistente uno stato di bisogno, esso è stato causato da una precisa volontà della ex moglie che ben avrebbe potuto continuare a svolgere la sua attività lavorativa ed eventualmente cercarne nel frattempo una più redditizia o consona alle sue esigenze personali…” (Cass. Civ. ord. 26594/19); in altra pronuncia è negato il diritto a percepire l’assegno divorzile se il marito ha provato che la moglie ha rifiutato delle offerte lavorative (Cass. Civ. ord. n. 19020/2020); e infine, l’ordinanza della Cassazione n. 5932 del 4 marzo 2021 pronunciata in tema di assegno separativo (tuttavia il principio ivi espresso trova applicazione anche all’assegno divorzile, Cass. n. 5817/18) con la quale gli Ermellini hanno affermato che il diritto all’assegno di mantenimento non può prescindere dalle offerte di lavoro concretamente ricevute dal coniuge richiedente, anche se trattasi di lavori ritenuti umili perché non adeguati al titolo di studio conseguito da quest’ultimo (quest'ultimo già annotato).

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