Va revocato l’assegno di mantenimento alla figlia trentacinquenne, insegnante precaria

di Avv. Maida Milàn

Un padre aveva chiesto, a modifica delle condizioni di divorzio, la revoca dell’assegnazione della casa coniugale alla ex moglie e l’eliminazione dell’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento alla figlia della coppia, ormai trentacinquenne, stabilito all'epoca del divorzio in € 520,00 mensili, poi rivalutati in € 628,68.

La domanda veniva inizialmente respinta, sia in primo grado che avanti la Corte di Appello.

La Corte di Cassazione ha, dapprima, ribadito che il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica si fonda sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e/o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro.

Di conseguenza, se il figlio neo-maggiorenne prosegue nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, ha diritto al mantenimento.

Viceversa, il "figlio adulto", in ragione del principio dell'autoresponsabilità, deve offrire una prova particolarmente rigorosa delle circostanze, oggettive ed esterne, che giustificano il mancato conseguimento di un’autonoma collocazione lavorativa (vedi Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 26875 del 20/09/2023).

Nel caso in esame, la figlia ormai trentacinquenne, laureata in storia dell'arte ed insegnante nella materia, negli anni 2018 e 2019 aveva guadagnato, grazie a collaborazioni saltuarie, circa 4.000,00 euro, mentre ne aveva consumati circa 6.000,00 per spese mediche, in quanto necessitante di assistenza psicologica (senza che, tuttavia, ricorresse il caso della menomazione psichica, con applicazione del conseguente regime giuridico).

I Giudici di legittimità, hanno ritenuto che, nonostante il modesto guadagno (solo 4.000,00 euro annui), la figlia maggiorenne avesse comunque iniziato a mettere a frutto le proprie capacità professionali, seppur saltuariamente esercitate, così cominciando a conseguire i propri redditi da lavoro, anche se in attesa di un migliore e più sicuro inserimento nel mondo produttivo.

Di conseguenza, per la Corte, si deve seriamente dubitare che vi sia ragione per conservare, in suo favore, l'assegno di mantenimento.

Resta ferma, invece, l'eventuale possibilità di un soccorso da parte dei genitori sotto forma di assegno alimentare, qualora ne ricorrano i presupposti.

La Corte di Cassazione ha, quindi, accolto anche la richiesta di revoca dell'assegnazione della casa coniugale alla ex moglie del ricorrente, atteso che il fondamento di quell'attribuzione segue il regime dell'autonomia della figlia comune.

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