L’Europa “sposa” la via italiana del divorzio stragiudiziale

24 DICEMBRE 2022 | Separazione e divorzio

di avv.ti Rebecca Gelli e Maida Milàn

Con sentenza del 15 novembre 2022, n. 646, la Grande Sezione della Corte di Giustizia europea si è pronunciata sulla domanda pregiudiziale proposta dalla Corte federale di giustizia tedesca (organo di ultima istanza nel sistema giurisdizionale in Germania), in merito al regime giuridico di un accordo, ricevuto dall’ufficiale di stato civile italiano, avente ad oggetto lo scioglimento del matrimonio tra coniugi: uno cittadino italiano, l’altro con doppia cittadinanza tedesca e italiana.

Com’è noto, l’art. 12 del decreto-legge del 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, ha introdotto la possibilità per i coniugi di concludere, innanzi all’anagrafe, eventuali accordi che tengano luogo dei provvedimenti che definiscono le condizioni di separazione o divorzio.

La controversia in questione, concernente l’applicazione delle norme comunitarie sulla competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, nasce, dunque, in Germania, in esito al rifiuto opposto dal Ministero berlinese dell’Interno il quale, richiesto dal suo cittadino, non avrebbe autorizzato l’immediata trascrizione nei propri registri dell’atto di divorzio così formato, in Italia.

Nel caso di specie, la Suprema Corte tedesca ha, dunque, interpellato la Corte di Giustizia, per ottenere un chiarimento definitivo sulla valenza transfrontaliera dell’istituto coniato dall’ordinamento nostrano.

Il quesito trova oggi una risposta chiara e univoca, nel tenore dell’attuale regolamento comunitario del 25 giugno 2019, n. 1111, cd. “Bruxelles II ter”, il quale, all’art. 65, dispone espressamente che: “Gli atti pubblici e gli accordi in materia di separazione personale e divorzio aventi effetti giuridici vincolanti nello Stato membro di origine sono riconosciuti negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento”.

La soluzione non è apparsa, tuttavia, così scontata sotto l’egida del regolamento comunitario del 27 novembre 2003, n. 2201, cd. “Bruxelles II bis”, applicabile ratione temporis alla controversia in oggetto, in quanto relativa ad un atto concluso anteriormente al 1° agosto 2022: data di entrata in vigore del nuovo regolamento.

Il regolamento abrogato, all’art. 21 stabiliva, infatti, che: “Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento”.

Nel silenzio della legge, il giudice tedesco del rinvio si è, dunque, chiesto se l’accordo di divorzio stragiudiziale, pronunciato in uno Stato membro, costituisse tecnicamente una “decisione”, in grado di produrre effetti giuridici automatici in un altro Stato membro, senza necessità di previa delibazione.

Secondo la Corte europea, la soluzione è affermativa: le norme definitorie di cui all’art. 2, punti nn. 1 e 4, stabilivano, infatti, che, per “decisione” s’intende qualunque determinazione emessa dal giudice di uno Stato membro, mentre si consideravano “autorità giurisdizionale” tutte le autorità degli Stati membri competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione del regolamento.

Il considerando n. 22 del medesimo regolamento “Bruxelles II bis” prevedeva, inoltre, espressamente che: “Gli atti pubblici e gli accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva in uno Stato membro dovrebbero essere equiparati a decisioni ai fini dell’applicazione delle norme sul riconoscimento e l’esecuzione”.

Anche per il pregresso, vale, dunque, il principio generale di cooperazione giudiziaria in materia civile, basato sul rapporto di reciproca fiducia tra gli Stati membri, impegnati nella creazione di uno spazio condiviso di giustizia europea, funzionale a garantire la libera circolazione delle persone a cui tende l’Unione.

La regola del riconoscimento reciproco cede il passo soltanto in casi eccezionali, in presenza di motivi tassativamente menzionati dall’art. 22 del predetto regolamento “Bruxelles II bis” (sovrapponibile all’art. 38 dell’attuale regolamento “Bruxelles II ter”).

Cioè laddove il riconoscimento sia manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto, ovvero quando la decisione sia assunta in contumacia o senza rispetto del diritto al contraddittorio ovvero sia incompatibile con una decisione resa tra le medesime parti dal giudice dello Stato membro richiesto o di un altro Stato membro o di un Paese terzo.

Tali ragioni di deroga, tuttavia, non si ravvisano nel caso di specie, considerato che la via italiana al divorzio stragiudiziale valorizza, in funzione deflattiva della giustizia, l’autonomia dei coniugi, ma assicura le esigenze di tutela delle parti deboli.

Infatti, l’accesso a tale procedura è precluso in presenza di figli minori ovvero di figli maggiorenni incapaci o con disabilità grave o economicamente non autosufficienti. Inoltre, l’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale.

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