Le conseguenze del decesso del coniuge nel corso della causa per l’accertamento del diritto all’assegno divorzile

di avv. Massimo Osler

Nell’ambito di un procedimento divorzile avanti al Tribunale di Macerata, veniva pronunciata sentenza parziale sullo status e, con separata ordinanza, la causa veniva rimessa in istruttoria per decidere sulla domanda della moglie di assegno divorzile a carico del marito.

Dopo l’ordinanza di rimessione in istruttoria, il processo veniva interrotto per la sopravvenuta morte del marito. Successivamente, la moglie riassumeva il procedimento nei confronti degli eredi.

Il Tribunale, con sentenza definitiva, in accoglimento della domanda della moglie, riconosceva a suo favore un assegno divorzile dalla data della domanda sino al decesso dell'ex coniuge.

La decisione di primo grado veniva poi confermata in appello, sostenendo la Corte territoriale che “la domanda, proposta con l'atto di riassunzione dalla ex moglie contro gli eredi dell'ex coniuge, fosse diretta solo all'accertamento della debenza dell'assegno divorzile limitatamente al periodo dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio a quella del decesso del coniuge obbligato, e che, quindi, tale domanda non fosse nuova, ma ammissibile”.

Contro tale decisione, gli eredi proponevano ricorso per cassazione, sostenendo che il decesso del coniuge aveva determinato la cessazione della materia del contendere con riguardo a tutte le domande svolte dall’ex moglie.

Di conseguenza, il giudizio non poteva essere definito nel merito, in ragione del decesso in corso di causa dell'eventuale obbligato e della intrasmissibilità dell'obbligo agli eredi.

Con ordinanza interlocutoria di data 29 ottobre 2021, n. 30750, si chiedeva al Primo Presidente di rimettere la questione alle Sezioni Unite. Con la sentenza in commento, le stesse si sono quindi pronunciate in punto di diritto, chiarendo le varie sorti del processo divorzile in caso di sopravvenuto decesso di un coniuge.

 

Preliminarmente, la Suprema Corte ribadisce che la sentenza parziale sullo status (che "pronuncia" lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio), a norma della L. n. 898 del 1970 art. 4, è sentenza costitutiva, in quanto produce l'effetto del venir meno del vincolo, con il riacquisto dello stato libero. Parimenti, effetto costitutivo ha anche la sentenza che attribuisce l'assegno divorzile: si tratta di una pronuncia di accertamento costitutivo, oltre che di condanna, con efficacia ex tunc dal passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale (salva l'ordinanza che disponga un assegno in via provvisoria ex art. 4, comma 8, L. D. oppure la decorrenza anticipata dalla data della domanda di divorzio sulla base del medesimo art. 4, comma 13, L.D.: Cass. 17 settembre 2020, n. 19330).

Il fatto generatore del diritto all'assegno in favore dell'ex coniuge è, dunque, la sentenza di accertamento costitutivo del giudice che, in presenza di determinati requisiti e interponendo il proprio apprezzamento discrezionale, può concedere o no l'assegno e, in caso positivo, stabilirne l'ammontare, secondo i parametri legali.

Le sentenze costitutive e di accertamento acquistano efficacia solo col passaggio in giudicato, non applicandosi ad esse l'art. 282 c.p.c., sull'automatica esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado.

Pertanto, in materia di divorzio, vale il principio, desumibile dalla L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 13, che il diritto a percepire l'assegno attribuito dal giudice decorra dalla formazione del titolo in forza del quale esso è dovuto, ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio: l'assegno di divorzio trae la propria indispensabile premessa proprio nel nuovo status delle parti, rispetto al quale la statuizione di risoluzione del vincolo coniugale spiega effetti costitutivi. Tale conclusione non preclude al giudice la possibilità di disporne la decorrenza provvisoria, in relazione alle circostanze del caso concreto, anche dalla domanda di divorzio (Cass. 17 settembre 2020, n. 19330, da ultimo).

La sentenza in commento precisa, infatti, che “l'indicata facoltà giudiziale, da motivare specificamente, non costituisce affatto una deroga al principio secondo cui l'assegno di divorzio, trovando la propria fonte nel nuovo status delle parti, decorre dal passaggio in giudicato della relativa statuizione, bensì ne rappresenta un temperamento, col conferire al giudice il potere discrezionale, in relazione alle circostanze del caso concreto, di disporre la decorrenza di esso dalla data della domanda”.

Posti tali principi sulla natura costitutiva e di accertamento delle sentenze divorzili, che acquistano pertanto efficacia solo dal loro passaggio in giudicato, la Corte evidenzia che la soluzione delle questioni non può che dipendere dal momento in cui si colloca, rispetto alla fase processuale, l’evento morte che colpisce un coniuge.
 

A. Il decesso del coniuge, prima della pronuncia di una qualsiasi sentenza.

In tale ipotesi, si applica l'art. 149 c.c., il quale prevede che il matrimonio civile, al pari degli effetti civili del matrimonio celebrato con rito religioso trascritto, "si scioglie con la morte di uno dei coniugi".

Pertanto, qualora la morte di un coniuge sopravvenga prima della stessa declaratoria sullo status, “diviene inammissibile ogni pretesa, ivi inclusa quella all'assegno divorzile, avente la prima come indefettibile presupposto”; analoga conseguenza, precisa la Corte, si verifica quando è ancora pendente il termine per l’impugnazione: “alla vicenda della mancanza di qualsiasi sentenza di status è equiparata quella dell'evento prima del decorso del termine per impugnare la sentenza di divorzio (Cass. 19 giugno 1996, n. 5664)”.

 

B. Il decesso del coniuge, dopo la pronuncia della sentenza parziale sullo status.

In tale ipotesi (pronuncia di sentenza parziale sullo status e prosecuzione della causa per le decisioni in ordine alle statuizioni patrimoniali) occorre distinguere le fattispecie in cui la sentenza parziale sia stata impugnata, da quelle in cui sia passata in giudicato.

Nel caso in cui la sentenza parziale sia stata impugnata, risulteranno pendenti due giudizi: quello avanti alla Corte d’appello e quello in primo grado per le decisioni in ordine alle questioni patrimoniali.

Se interviene la morte del coniuge, il processo avanti alla Corte d’appello si concluderà con la declaratoria della cessazione della materia del contendere, in conseguenza del venir meno, per ragioni naturali, dello status, ai sensi dell'art. 149 c.c.; ed il giudizio di primo grado relativo all'assegno, ancora in istruttoria, subirà la stessa sorte, non essendovi più la parte contro cui pretendere alcunché.

Nel caso in cui la sentenza parziale sullo status non sia stata impugnata e un coniuge viene meno dopo il passaggio in giudicato della stessa, questa resterà a regolare la situazione, essendo ormai definitivo, e il processo potrà proseguire nei confronti degli eredi.

Con la sentenza in commento, le Sez. un. hanno pronunciato il seguente principio di diritto:

Nel caso di pronuncia parziale di divorzio sullo status, con prosecuzione del giudizio al fine dell'attribuzione dell'assegno divorzile, il venir meno di un coniuge nel corso del medesimo non ne comporta la declaratoria di improseguibilità, ma il giudizio può proseguire nei confronti degli eredi, per giungere all'accertamento della debenza dell'assegno dovuto sino al momento del decesso".
 

C) Il decesso del coniuge, dopo la pronuncia di una sentenza definitiva totale, avendo essa pronunciato sia sullo status sia in ordine ai profili patrimoniali.

In tale ipotesi, occorre distinguere i seguenti casi: i) la sentenza sia stata impugnata in toto; ii) la sentenza sia stata impugnata solo sulle statuizioni patrimoniali; iii) la sentenza non sia stata impugnata.

Nel primo caso, ove sopravvenga il decesso nel corso di giudizio di impugnazione, nessuno status si è consolidato e nessun diritto all'assegno può più essere vantato: il processo si estingue, per cessazione della materia del contendere. Parimenti, nel terzo caso, qualora l’evento morte sia intervenuto prima del passaggio in giudicato della sentenza totale, ovvero in pendenza del termine per impugnare.

Nel secondo caso, ovvero quando la sentenza totale è stata impugnata solo per le questioni economiche ed è passata in giudicato quanto allo status, analogamente all’ipotesi di sentenza parziale passata in giudicato e prosecuzione del procedimento per le questioni economiche, il Collegio delle Sez. un. “ha reputato che occorra ammettere una prosecuzione del giudizio concernente l'obbligo di corresponsione di un assegno nei confronti degli eredi del preteso obbligato, per l'accertamento della debenza del diritto all'assegno dalla data del passaggio in giudicato della sentenza sullo status a quella del decesso”, ritenendo che “la perdurante pendenza del solo giudizio sulle domande accessorie può costituire una causa di "scissione".

La Suprema Corte, ammettendo tale causa di scissione, non nega il “carattere unitario proprio del giudizio di divorzio … [che] ha una finalità e con essa un contenuto compositi”, ma ritiene che tale principio debba essere contemperato, in quanto il giudizio di divorzio, non mira solo “a realizzare il diritto potestativo del coniuge alla elisione dello status matrimoniale, ma con esso, simultaneamente, anche a tutelare una serie di diritti fondamentali relativi alle primarie esigenze della parte eventualmente sul piano economico meno solida, nonché dei figli della coppia”. Tale contemperamento è attuato, riconoscendo che, solo nel caso in cui la morte del coniuge obbligato intervenga dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha pronunciato sullo status, il procedimento può proseguire - in primo grado o nei gradi successivi - nei confronti degli eredi per la determinazione dell’assegno divorzile dovuto fino alla data del decesso del coniuge.

Quindi, le Sez. un. non aderiscono a quel diverso orientamento giurisprudenziale pur recentemente ribadito, secondo il quale “una volta venuta meno una delle due parti del giudizio, avendo questo ad oggetto una situazione soggettiva personalissima ed intrasmissibile, nulla più resta da accertare circa il primigenio oggetto, ovvero il rapporto coniugale, nemmeno con riguardo ad eventuali domande accessorie, che possono proporsi unicamente verso un coniuge ancora in vita” (cfr. Cass. 11 novembre 2021, n. 33346).

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