La relazione extraconiugale è causa di revocazione delle donazioni effettuate da un coniuge in favore dell’altro?

12 SETTEMBRE 2022 | Donazioni | Donazioni indirette

di avv. Alessandra Buzzavo

Con l’ordinanza n. 19816/22 la Sezione Terza della Corte di Cassazione affronta il tema della revocazione delle donazioni indirette, poste in essere da un coniuge in favore dell’altro, in presenza di ingiuria grave attuata a mezzo di relazione extraconiugale.

IL CASO. Tizia citava in giudizio il marito Tizio, chiedendo la revocazione delle donazioni indirette (mobiliari ed immobiliari) poste in essere dalla stessa in favore del coniuge per ingiuria grave (ex art. 801 c.c.). Detta ingiuria grave sarebbe consistita, secondo la prospettazione di Tizia, nella relazione extraconiugale intrattenuta dal marito con la cognata (moglie del fratello dell’attrice), sviluppatasi all’interno dell’azienda di famiglia, nella quale lavoravano anche i rispettivi coniugi.

Il Tribunale in primo grado accoglieva la domanda di Tizia ritenendo provata sia l’ingiuria grave che le donazioni indirette in favore del marito. La Corte d’appello confermava la decisione di primo grado, specificando che l’ingiuria grave non può essere ravvisata sic et simpliciter nella relazione extraconiugale, ma nel caso erano le modalità in cui la relazione adulterina si era sviluppata a concretizzare la sussistenza dell’elemento dell’ingiuria grave.

In particolare, secondo i giudici di secondo grado deponeva in tal senso la circostanza del contesto di azienda familiare al cui interno si era consumata la relazione, così da minare anche la stabilità del rapporto familiare, oltre che coniugale, e la notorietà della stessa verso dipendenti e colleghi, una volta scoperto il tradimento da parte di Tizia.

Sul fronte delle donazioni indirette, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che era stata fornita la prova di operazioni effettuate dalla moglie in favore del marito (cointestazione di beni e di conti correnti e di investimenti, ecc.), per puro spirito di liberalità, con denari e beni provenienti dall’eredità del defunto padre. Inoltre, Tizio non aveva dimostrato di avere disponibilità economiche sufficienti a consentirgli gli investimenti mobiliari ed immobiliari di cui si trattava.

Tizio proponeva ricorso per cassazione.

 

L’ORDINANZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE.

Con il primo motivo di ricorso, Tizio contestava la ritenuta qualifica di ingiuria grave, tale da giustificare la revocazione delle donazioni, della sua relazione extraconiugale. Secondo il ricorrente i giudici avevano omesso la valutazione di un fatto storico decisivo, risultante dagli atti di causa, ovvero che il rapporto coniugale era già in crisi e la relazione extraconiugale di Tizio era stata una conseguenza e non la causa della crisi, ed inoltre era stata mantenuta segreta.

Il motivo di ricorso è stato disatteso dalla Corte di legittimità che ha ritenuto che la Corte territoriale avesse correttamente rilevato che non è sufficiente in astratto una relazione adulterina per aversi ingiuria grave ai fini ed agli effetti della disposizione di cui all’art. 801 c.c., precisando però che le circostanze in cui si era sviluppata la relazione (il ristretto nucleo familiare ed il comune ambiente lavorativo) erano tali da integrare un’offesa all’onere di Tizia, ed a denotare un atteggiamento di assenza di rispetto nei confronti della dignità della moglie da parte di Tizio.

 

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente censurava la decisione in punto donazioni indirette della moglie, in quanto i giudici avevano trascurato di considerare i guadagni di Tizio durante tutta la sua attività lavorativa, aggiungendo che non era ravvisabile l’animus donandi della moglie in favore del marito all’atto delle cointestazioni dei beni mobili ed immobili, che non era stato provato.

Gli Ermellini hanno rigettato anche questo secondo motivo di ricorso, ritenendolo inammissibile perché il suo esame avrebbe implicato una nuova, non consentita, valutazione del merito, di segno contrario a quella effettuata dalla sentenza impugnata.
 

La Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso di Tizio, con condanna alle spese di lite.

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