L’assoluzione dal reato di furto di certificati di deposito non prova il loro legittimo possesso

Con l’ordinanza n. 8488/18, depositata il 6 aprile 2018, la Corte di Cassazione ha espresso il principio di diritto secondo cui la sentenza di assoluzione dal reato di furto di certificati di deposito al portatore non è idonea a provare il loro legittimo possesso in capo all’accipiens.

IL CASO. Caia e Mevia citavano in giudizio Sempronia affinché venisse, anzitutto, accertato e dichiarato che esse, essendo le sole legittime eredi di Tizio, erano proprietarie dei certificati di deposito al portatore emessi dalla Banca Alfa e dei relativi importi in denaro maggiorati degli interessi, posseduti da Sempronia, con condanna della convenuta alla restituzione di detti titoli e delle corrispondenti somme di denaro.
La convenuta si costituiva eccependo preliminarmente l’estinzione del giudizio per rinunzia agli atti ex art. 75 c.p.p., atteso l’avvenuto esercizio delle azioni civili di restituzione in sede penale da parte delle attrici, oltre all’infondatezza della domanda perchè i titoli le erano stati consegnati dal de cuius stesso, quale corrispettivo per l’impegno che aveva assunto di accudirlo, assisterlo e curarlo per l’intera vita.
Il Tribunale adito accoglieva la domanda attorea, dichiarando le attrici proprietarie dei certificati di deposito e condannando la convenuta al pagamento delle spese di lite.
La Corte d’Appello, a sua volta, rigettava il gravame sollevato da Sempronia in relazione all’omessa valutazione degli effetti del giudicato penale. In particolare la Corte d’Appello concludeva in tal senso sulla base del convincimento per cui “l’eccezione d’estinzione del giudizio era infondata, in quanto l’oggetto del giudizio riguardava la restituzione dei titoli e delle relative somme, mentre l’oggetto dell’azione civile promossa nel processo penale (conclusosi con l’assoluzione della convenuta) riguardava il risarcimento del danno da illecito penale”.


L’assoluzione ottenuta dalla convenuta in sede di giudizio penale, pertanto non precludeva l’esame della domanda di accertamento della proprietà dei certificati di deposito al portatore, né, per l’effetto, poteva, di per sé, impedire la condanna alla loro restituzione e al pagamento delle corrispondenti somme di denaro.

In ogni caso, la convenuta non aveva provato il valido acquisto dei titoli, non essendo risultato che avesse concluso con Tizio alcun contratto di vitalizio.
Sempronia proponeva ricorso per Cassazione.

LA SENTENZA. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8488/18, ha confermato la decisione della Corte territoriale, rigettando i due motivi proposti dalla ricorrente (violazione dell’art. 2003 c.c., con riferimento all’art. 1994 c.c., e violazione dell’art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 99 c.p.c.).
Anzitutto, secondo la Suprema Corte, la convenuta,

limitandosi ad eccepire l’assoluzione penale al fine di escludere per implicito un atto furtivo o comunque illecito, non aveva comunque dato prova di aver acquistato i certificati con una legittima modalità.


L’asserita consegna da parte del de cuius risultava, infatti, non provata sia perché non era stata accertata la causa traditionis costituita da un contratto di vitalizio, sia perché, al contrario, era stato dimostrato che Sempronia aveva sempre percepito un’adeguata retribuzione mensile.  
In secondo luogo, secondo la Corte di Cassazione, la Corte territoriale aveva correttamente applicato le norme sul riparto dell’onere probatorio, accertando l’illegittimo possesso dei titoli. Gravava infatti su Sempronia la prova dell’acquisizione di valido possesso dei titoli.
Inoltre il giudicato penale era irrilevante al fine di avallare la tesi del legittimo possesso della convenuta.
Pertanto, in conclusione, il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza in commento può essere così riassunto:

poiché spetta all’accipiens dei certificati di deposito al portatore, già di proprietà del de cuius, dimostrare l’esistenza di una valida ragione giustificativa del loro possesso, la sua assoluzione nel procedimento penale per il reato di furto, non costituisce di per sé prova della legittimità del possesso dei titoli stessi.

 

 

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