Corte Costituzionale: La detenzione domiciliare speciale può essere disposta nell’interesse del figlio minore

avv. Anna Silvia Zanini

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 30 del 2022 (11/01/2022 – 3/02/2022, Pres. Amato – Red. Petitti), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies commi 1, 3 e 7 della l. 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non prevede che, ove vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l’istanza di detenzione domiciliare può essere proposta al Magistrato di Sorveglianza che può disporre l’applicazione provvisoria della misura; nel qual caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 47 comma 4 della medesima legge.

L’art. 47 quinquies dell’Ordinamento Penitenziario (l.n. 354/75 – da ora O.P.) regolamenta l’istituto della detenzione domiciliare cd. speciale, rispetto a quella ordinaria, prevista dal precedente art. 47 ter.

L’art. 47 ter O.P. prevede diverse ipotesi in cui il condannato può espiare la pena, anziché in carcere, presso la propria abitazione o in altro luogo di accoglienza. Tra queste i casi di donna incinta o madre di prole di età inferiore ai 10 anni con lei convivente e quello di padre, esercente la responsabilità genitoriale, di prole di età inferiore ad anni 10 con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole.

La pena da espiare, tuttavia, non deve superare i 4 anni. In attesa che la richiesta di detenzione domiciliare ordinaria venga vagliata dal competente Tribunale di Sorveglianza, è possibile chiederne l’applicazione temporanea al Magistrato di Sorveglianza.

L’art. 47 quinquies O.P. consente un’estensione della detenzione domiciliare anche nel caso in cui la pena da scontare sia superiore a 4 anni, nelle sole ipotesi di madri di prole di età non superiore ai 10 anni, ovvero quando la madre è deceduta o versa in condizioni tali da renderle assolutamente impossibile provvedere alla cura dei figli, e non vi è modo di affidare la prole ad altri; e purché sia stato espiato almeno un 1/3 della pena e non vi sia pericolo di recidiva.

Non era consentito richiedere, prima dell’intervento della Consulta, l’applicazione temporanea della detenzione domiciliare speciale al Magistrato di Sorveglianza (modalità decisamente più rapida e fluida rispetto all’attesa di decisione da parte del Tribunale di Sorveglianza). Se ne giustificava la disparità di trattamento in ragione delle più pregnanti esigenze di difesa sociale.

Il percorso motivazionale della Corte Costituzionale ha consentito un’equiparazione delle due misure nonostante la diversità dei presupposti di applicazione, e muove dal medesimo intento di preservare il rapporto genitoriale con i minori in tenera età ovvero, detto diversamente, quello del ripudio del danno riflesso della “carcerizzazione dell’infante”.

La Corte sottolinea, infatti, come “nonostante le diversità delle fattispecie regolate, connessa alla differente entità della pena da espiare, le due misure alternative perseguono la stessa finalità, quella di evitare, fin dove possibile, che l’interesse del bambino sia compromesso dalla perdita delle cure parentali, determinata dalla permanenza in carcere del genitore”.

Alla base della giurisprudenza costituzionale sulla detenzione domiciliare nell’interesse del minore, vi è dunque il principio per cui tale interesse può recedere di fronte alle esigenze di difesa sociale solo quando la sussistenza e la consistenza delle stesse sia verificata in concreto, con bilanciamenti caso per caso, refrattari a qualsiasi preclusione e automatismo.

Il requisito richiesto per la detenzione domiciliare speciale della previa espiazione in carcere di almeno 1/3 terzo della pena, consente agli Uffici di Sorveglianza di valutare i risultati di una consistente esperienza trattamentale, che possono ritenersi idonei a guidare le determinazioni cautelari del Magistrato.

Quest’ultimo decide, quindi, sulla base di un quadro ben definito, che gli permette di valutare se l’interesse del minore – stella polare del suo giudizio – imponga l’anticipazione della misura o receda di fronte alle esigenze di difesa sociale.

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