È reato installare software sul cellulare della moglie, anche se lei ne è informata

L’art 617 bis c.p. sanziona l’installazione di apparecchiature atte ad intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche al di fuori dei casi consentiti dalla legge.

Di tale reato era stato imputato Tizio per aver installato all’interno del cellulare in uso alla moglie uno spy-software idoneo a captarne le comunicazioni telefoniche.

Condannato dal Tribunale di Busto Arsizio con decisione poi confermata dalla Corte d’appello di Milano, l’imputato aveva proposto ricorso per Cassazione.

Due i motivi di gravame.

Con il primo motivo il ricorrente ha contestato la riconducibilità del programma informatico installato alla tassativa previsione normativa di cui all’art 617 bis c.1 c.p..

Con il secondo motivo è stata invocata l’applicazione della scriminante di cui all’art 50 c.p., ovvero il consenso dell’avente diritto, in quanto la moglie, destinataria dell’intrusione, era stata informata dal figlio dell’installazione del software e pertanto non aveva subito alcuna concreta lesione della libertà di comunicazione.

La Suprema Corte con sentenza n. 15071/2019 ha respinto il ricorso.

I Supremi Giudici hanno richiamato il tenore della decisione delle SS.UU. n. 26889/2016 a mente della quale l’evoluzione tecnologica ha consentito l’utilizzo di programmi informatici installati in un dispositivo di tipo targhet (computer, tablet o smartphone), di norma a distanza ed in modo occulto, che consentono di captare tutto il traffico dati in arrivo e in partenza dal dispositivo “infettato” e quindi anche le conversazioni telefoniche.

A mente di tale autorevole interpretazione del diritto vivente, la decisione in commento ha precisato che anche i programmi informatici denominati “spy-software” rientrano sicuramente tra gli apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti di cui all’art 617 bis c.1 c.p. che costituiscono una categoria aperta e dinamica, suscettibile di implementazione per effetto delle innovazioni tecnologiche.

Con riguardo al secondo motivo di gravame la Suprema Corte ha evidenziato che il reato di cui all’art 617 bis c.p. si perfeziona con l’installazione di apparecchiatura atta ad intercettare. Non rileva l’eventuale funzionamento, dato che la norma anticipa la tutela della riservatezza e della libertà delle comunicazioni mediante l’incriminazione di fatti prodromici all’effettiva lesione del bene, punendo l’installazione di apparati o di strumenti, ovvero di semplici parti di essi, per intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telefoniche.

Ai fini della configurabilità del reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare ( o parte di esse) deve aversi riguardo alla sola attività di installazione e non a quella successiva dell’intercettazione o impedimento delle altrui comunicazioni, che rileva solo come fine della condotta, con la conseguenza che il reato si consuma anche se gli apparecchi installati, esclusa l’ipotesi di una loro inidoneità assoluta, non abbiano funzionato o non siano stati attivati.

Prive di pregio – quindi – le deduzioni difensive in ordine all’eventuale consenso della moglie, desunto dal comportamento inerte della stessa; del pari irrilevante l’assenza di un’effettiva lesione della libertà delle comunicazioni della destinataria delle condotte intrusive. La captazione delle comunicazioni telefoniche rappresenta – infatti - un post factum rispetto al momento consumativo del reato, coincidente con l’installazione del software.

 

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