La responsabilità penale dei genitori per la morte del figlio minore affetto da otite curata solo con farmaci omeopatici

di avv. Anna Silvia Zanini

La Suprema Corte, con sentenza n. 35895 del 3 maggio 2023, ha confermato la responsabilità penale dei genitori per l’omicidio colposo del figlio, deceduto a causa delle gravi conseguenze di una otite curata solo con farmaci omeopatici.

Nel primo grado di giudizio gli imputati erano stati ritenuti responsabili, in cooperazione colposa tra loro, per non aver impedito il decesso del figlio minore ed, in particolare, per avere omesso, in qualità di genitori, di consultare la pediatra del bambino, ovvero di rivolgersi ad un medico specialista in otorinolaringoiatria o a una struttura ospedaliera, somministrando al minore solo i medicinali omeopatici, e ciò pur a fronte di un quadro clinico sintomatologico di un'otite media acuta ingravescente e della palese inefficacia della terapia omeopatica prescritta dal medico cui si erano rivolti.

La sentenza veniva confermata dalla Corte d’Appello.

I genitori ricorrevano per Cassazione, proponendo quattro motivi di censura.

Con il primo veniva dedotto il travisamento della prova, per avere la Corte territoriale omesso di valutare un dato fattuale di assoluta rilevanza ai fini della decisione, rappresentato dall'andamento, a dire dei ricorrenti, estremamente altalenante, incostante e subdolo della malattia, tale da non aver consentito loro, come neppure al medico curante, di poterne percepire il progressivo aggravamento.

Con la seconda doglianza veniva eccepita l’erronea applicazione degli artt.40 e 41 c.p. in relazione alla sussistenza del nesso eziologico tra l'evento morte e la mancata sottoposizione alla terapia antibiotica. In particolare, i genitori si dolevano del fatto che i giudici di appello avrebbero errato nell'individuare la regola cautelare violata, non sussistendo in capo ai genitori un obbligo di consultare più medici.

Con la terza doglianza i ricorrenti lamentavano l’erronea applicazione degli artt.40 e 43 c.p. in relazione alla ritenuta sussistenza di responsabilità omissiva colposa, non sussistendo, a loro avviso, la presenza dei necessari requisiti della conoscenza o conoscibilità dell'evento, della conoscenza o riconoscibilità dell'azione doverosa incombente e della possibilità oggettiva di impedire l'evento.

Con l'ultimo motivo i ricorrenti eccepivano, infine, l’erronea applicazione dell'art.41 c.p.in relazione all'interruzione del nesso di causalità determinato dalla condotta professionale carente e inadeguata del medico cui si erano rivolti, che da sola avrebbe cagionato la verificazione dell'evento mortale.

La Suprema Corte ha ritenuto non fondati i motivi e rigettato il ricorso rilevando, quanto al primo motivo di doglianza, che non era stato valutato adeguatamente l'andamento altalenante della malattia, laddove la Corte di merito aveva dettagliatamente ricostruito in fatto il decorso dell’otite ed in particolare la circostanza che i genitori del bambino ben avrebbero potuto percepire la situazione di pericolo, rappresentata da un quadro clinico che evidenziava gravi segni di peggioramento.

Quanto all’eccepita insussistenza di un nesso causale tra la verificazione dell'evento mortale e l’omessa consultazione di altro personale medico con sottoposizione del figlio a diversa terapia, posto che i genitori si erano comunque rivolti ad un medico che aveva prescritto una cura, sia pur omeopatica, il Giudice di Legittimità ha confermato un consolidato principio di diritto: in tema di omicidio colposo, allorquando l'obbligo di impedire l'evento ricada su più persone, che debbano intervenire od intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra l'evento letale e la condotta omissiva o commissiva di uno dei soggetti titolari di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento di un altro garante, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'art.41, comma 1, c.p.

Congruamente e correttamente, dunque, è stato ritenuto che la condotta omissiva tenuta dai genitori della vittima abbia contribuito concausalmente alla verificazione dell'evento mortale.

La Corte ha dichiarato parimenti infondata la ritenuta insussistenza di responsabilità omissiva per mancata lesione della posizione di garanzia di protezione del figlio gravante sui genitori, ribadendo come fossero ravvisabili la conoscenza o conoscibilità dell'evento (stante il peggioramento della malattia ben prima del ricovero in ospedale tale da consentire di accorgersi dei rischi ad essa collegati); la conoscenza o riconoscibilità dell'azione doverosa incombente (essendo stato accertato che in capo agli imputati vi fosse la piena conoscenza della specifica condotta cui gli stessi erano tenuti, per avere costoro già precedentemente avuto esperienza con altri episodi otitici, risolti con la somministrazione da parte della pediatra di una terapia antibiotica) e della possibilità oggettiva di impedire l'evento (essendo il parametro di riferimento il genitore dotato di comune esperienza, in grado di rappresentarsi ed evitare l'evento, ne derivava che l'agente modello avrebbe chiesto un consulto a più medici per fronteggiare una situazione che, con la sola cura omeopatica, non stava dando alcun segno di miglioramento).

Da ultimo, la Corte di Cassazione ha rilevato come non vi fosse, nel caso in oggetto, alcuna interruzione del nesso di causalità, determinata dall'imprevedibile e straordinaria condotta tenuta dal medico che aveva somministrato le cure omeopatiche, condotta che avrebbe, in via esclusiva, cagionato la morte del minore: la condotta del medico non aveva determinato alcun rischio autonomo o eccentrico, ma si inseriva nel rischio tutelato dalla posizione di garanzia degli imputati, che, in ragione della qualifica genitoriale posseduta, si sarebbero dovuti attivare diversamente, impedendo la realizzazione dell'evento mortale.

In altri termini, la condotta del medico, per quanto certamente inadeguata e carente rispetto alla situazione sanitaria del minore, si inseriva nell’indubbia consapevolezza da parte dei genitori della condotta inadeguata del professionista, tanto da aver più volte espresso dubbi sulla bontà delle indicazioni sanitarie impartite e sulla credibilità delle continue rassicurazioni ricevute.

Per medico e genitori la Suprema Corte ha, quindi, confermato la condanna per concorso in omicidio colposo del bimbo deceduto in conseguenza di un’otite gestita solo con cure omeopatiche.

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