Comunione legale dei beni e nuovo acquisto con il prezzo di beni personali

di avv. Elena Brugnera

All’esame della Suprema Corte viene posta la questione relativa ai presupposti in presenza dei quali gli immobili, acquistati da uno solo dei coniugi con il prezzo della vendita di un bene personale, devono ritenersi esclusi dalla comunione legale.

Qualora il regime patrimoniale scelto da una famiglia sia quello della comunione legale dei beni, è necessario individuare con sicurezza quali beni vi rientrino ai sensi degli articoli 177 e 178 c.c. e quali, viceversa, ne restino esclusi, come, ad esempio, i beni personali disciplinati dall’art. 179 c.c.

In particolare, tra le varie ipotesi di beni che non rientrano nella comunione legale ai sensi dell’art. 179 c.c. vi sono “i beni acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali o con il loro scambio”.

IL CASO

L’attrice chiedeva al Tribunale di Foggia di accertare e dichiarare che il suolo acquistato dal marito, il fabbricato edificato sopra lo stesso suolo e l’immobile acquistato anch’esso dal marito, costituivano oggetto di comunione legale; chiedeva altresì di ordinarsi al Conservatore dei RR.II. competente la trascrizione, anche a suo favore, della proprietà degli stessi, ovvero, in subordine, di condannare il convenuto al rimborso della metà del prezzo di acquisto, nonché della metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati per la realizzazione dell’immobile.

La moglie esponeva che, quand’anche fosse intervenuta nei citati atti di compravendita, ratificando la dichiarazione del marito di acquistare con denaro proprio, tale dichiarazione non avrebbe potuto avere valore confessorio dell’esistenza dei presupposti di fatto richiesti dall’art. 179, co.1, lett. f) c.c., non avendo il coniuge acquirente espressamente specificato che gli immobili erano stati acquistati con denaro proveniente dal prezzo del trasferimento dei beni personali, sicchè gli stessi dovevano considerarsi di proprietà comune.

La domanda dell’attrice, accolta dal Tribunale con sentenza n.13/2014, è stata confermata anche dalla Corte d’Appello. In particolare, la Corte distrettuale rigettava l’appello del marito specificando che l’esclusione dei beni dalla comunione legale non può dipendere sic et simpliciter dalla dichiarazione della moglie, intervenuta negli atti di compravendita, per confermare che il marito stesse acquistando con denaro proprio.

Invero, affinché il bene acquistato durante il matrimonio dai coniugi, in regime di comunione legale, possa ritenersi di natura personale, la Corte ha precisato che è necessario, da un lato che, nell’atto di compravendita il coniuge acquirente, ai sensi dell’art. 179, co. 1, lett. f) c.c., dichiari espressamente che l’immobile è stato acquistato con il prezzo del trasferimento dei beni personali o col loro scambio e, dall’altra, che il coniuge non acquirente riconosca il presupposto di fatto già esistente (ovvero la provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto).

In definitiva, il giudice di merito ha affermato che la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, previsto dall’art. 179, co.2 c.c. ai fini dell’esclusione del bene dalla comunione, si pone come condizione necessaria ma non sufficiente, occorrendo a tal fine anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione della comunione tassativamente indicate nell’art. 179, comma primo, lett. c), d) e f) c.c.

Nella fattispecie in esame, secondo la Corte, il marito non aveva provato che il prezzo degli immobili di cui era causa fosse stato pagato con denaro derivante dalla vendita di beni personali ex art. 179 c.c., avendo, viceversa, semplicemente affermato che il suddetto acquisto era stato effettuato con i profitti dell’impresa costituita dopo il matrimonio. Invero, negli atti di acquisto, vi era solo un generico riferimento all’art. 179 c.c. ma non era invece presente il richiamo specifico alle lettere c), d), f) della medesima norma, o meglio, l’indicazione analitica della provenienza delle risorse utilizzate per l’acquisto degli immobili.

Nel caso de quo, anche se l’attrice - coniuge non acquirente - era intervenuta negli atti di compravendita ratificando la dichiarazione del marito di acquistare con denaro proprio, la Corte ha ritenuto di non escludere il bene dalla comunione legale, mancando l’altro presupposto, ovvero il richiamo specifico alle lettere c), d), f) dell’art.179, co.1 c.c., o meglio, l’indicazione analitica della provenienza delle risorse utilizzate per l’acquisto degli immobili, dal momento che il coniuge acquirente si era limitato semplicemente a dichiarare di voler acquistare il bene con i profitti dell’impresa costituita dopo il matrimonio.

La Corte d’Appello ha quindi concluso disponendo che per l’esclusione del bene dalla comunione legale sono necessari due presupposti: il primo, che nel contratto di compravendita venga espressamente ed analiticamente specificata la provenienza del denaro “personale” del coniuge utilizzato per l’acquisto – non essendo, viceversa, sufficiente un generico riferimento all’art. 179 c.c. come nel caso de quo – e, il secondo, che l’altro coniuge non acquirente partecipi alla compravendita riconoscendo la provenienza effettiva del denaro come denaro personale dell’altro coniuge.

Avverso la sentenza di appello è stato tuttavia, proposto ricorso per Cassazione, per omessa motivazione da parte della Corte territoriale, violazione e falsa applicazione dell’art. 179 comma 1, lett. c), d), f) e violazione degli artt. 112 e 115 cpc e 179, commi 1, lett. c), d), f) e 2 c.c.

Il ricorrente ha però successivamente rinunciato al ricorso per Cassazione e la Suprema Corte ha quindi dichiarato estinto il giudizio a seguito della rinuncia agli atti.

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