Per il Tribunale per i Minorenni di Brescia il “genitore sociale” può adottare i figli dell’ex convivente

IL CASO. Tizio aveva adito il Tribunale per i Minorenni di Brescia, esponendo di “essere il padre di [Caia], nata … dalla relazione more uxorio da lui intrattenuta con la sig.ra [Mevia]”, che “successivamente alla cessazione della convivenza, la sig.ra [Mevia] aveva avuto due figli, [Tizietto] e [Caietto], … riconosciuti dalla sola madre”, che “sin dalla nascita di [Tizietto] e [Caietto] …, stanti gli ottimi rapporti esistenti con la ex compagna, aveva tenuto con sé o minori con i medesimi tempi e modalità adottati per le frequentazioni con la figlia [Caia]”, che “si era, inoltre, occupato dei due bambini, collaborando con la sig.ra [Mevia], in funzione dei rispettivi impegni lavorativi, per tutte le loro necessità, sia sul piano scolastico … sia sul piano medico … che su quello sportivo-ricreativo”, che, “oltre a contribuire al mantenimento e all’educazione dei due minori, egli aveva instaurato rapporti affettivi significativi con entrambi, trascorrendo insieme agli stessi … le principali festività, spesso anche in compagnia dei propri genitori e fratelli, chiamati dai ragazzi nonni e zii”.
Per tali motivi, Tizio aveva proposto istanza di adozione di Tizietto e Caietto a’ sensi dell’art. 44, lett. d) della L. n. 184/1983, spinto dal “desiderio di stabilizzare il legame costruito negli anni con i minori, garantendo loro la propria presenza ed assistenza anche sul piano giuridico e formalizzando il ruolo di figura genitoriale di riferimento, di fatto già assunto nei loro confronti”.
Sia l’ex compagna, che la figlia, oramai maggiorenne, avevano aderito all’istanza adottiva.
La causa veniva istruita mediante l’audizione dei minori e con l’assunzione di informazioni tramite il servizio sociale territoriale ed i carabinieri di competenza.

LA DECISIONE. Il Tribunale per i Minorenni di Brescia, con la sentenza in data 11.09.2018, ha accolto la domanda del ricorrente, dopo aver analizzato la vicenda da un duplice “punto di vista”, quello “fattuale” e quello “giuridico”.
Quanto al primo aspetto, il Tribunale ha osservato che “l’indagine psico-sociale espletata ha confermato l’importante legame di attaccamento esistente tra il sig. [Tizio] ed i minori, dei quali il medesimo si è sempre occupato da tutti i punti di vista, svolgendo di fatto il ruolo genitoriale sostitutivo, tanto da essere riconosciuto come figura di riferimento per i minori anche dai rappresentanti delle istituzioni di cui è costantemente interlocutore (scuola, parrocchia, operatori sanitari). Tale ruolo … è riconosciuto pienamente anche dai ragazzi, come risulta evidente dalle dichiarazioni rese dagli stessi al Giudice relatore nel corso dell’udienza dell’1.02.2018”.
Ed ha soggiunto che, “in conclusione, è risultato accertato, dal punto di vista fattuale, … che si è creato tra il sig. [Tizio] ed i minori un rapporto del tutto equivalente a quello che si instaura normalmente con un genitore biologico e ciò anche dal punto di vista della riconoscibilità sociale del legame; non solo [Tizietto] e [Caietto] si sentono figli del ricorrente ma anche l’ambiente in cui gli stessi vivono riconosce nel sig. [Tizio] una figura genitoriale”.
Quanto al “piano giuridico”, il Tribunale ha motivato la propria decisione premettendo che “non può negarsi che la fattispecie, del tutto singolare, non sia prevista esplicitamente dall’art. 44 lett. d) L. 184/83”.
Nel farlo, ha, quindi, colto l’occasione per una disamina delle “forme di adozione” previste dall’ordinamento italiano, e cioè della cd. adozione “legittimante” e di quella “in casi particolari”.
Ha precisato che la prima tipologia recide ogni legame parentale ed è “consentita, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 184 del 1983, a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità” da parte dei “coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni”, e solo eccezionalmente del “singolo” (nei casi di cui all’art. 24, quarto comma).
L’adozione “in casi particolari” di cui all’art. 44, invece, non ha “effetto risolutivo nei confronti della famiglia d’origine” ed “estende l’adozione anche ai minori che non siano in stato di abbandono, bensì in situazioni particolari, espressamente indicate dalla norma e meritevoli di tutela”.
Quindi il Tribunale si è soffermato sul caso di cui alla lettera d), ovverosia la “constatata impossibilità di affidamento preadottivo”, rilevando che “sull’interpretazione di tale requisito… si sono sviluppati diversi orientamenti giurisprudenziali”.
In particolare, l’“orientamento tradizionale limita le fattispecie ai casi in cui sussista un’effettiva situazione di abbandono e l’impossibilità di collocare il minore sia determinata da una condizione soggettiva dello stesso (quale ad es. l’età avanzata) che rende introvabile una coppia, avente i requisiti di legge, disponibile all’adozione; ovvero sia inopportuno procedere in tal senso a causa di una situazione di fatto …, la cui interruzione produrrebbe gravi ed irreparabili danni al minore stesso; o ancora in ipotesi specifiche in cui sia opportuno mantenere i legami con la famiglia d’origine, nonostante il rientro sia divenuto ormai impensabile”.
Al contrario, in base al “diverso orientamento c.d. ‘estensivo’, l’adozione ex art. 44 lett. d) avrebbe carattere residuale e dovrebbe estendersi a tutti i casi in cui sia, non solo di fatto, ma anche giuridicamente impossibile pronunciare una dichiarazione di adottabilità per mancanza dei presupposti di cui all’art. 7 L. 184/83 (stato di abbandono del minore) sempre che l’adozione corrisponda al concreto interesse del minore”.
In particolare, il Tribunale ha osservato come questo secondo orientamento si sia “venuto affermando nella giurisprudenza di merito, in linea con l’indirizzo espresso dalla Corte Costituzionale nella pronuncia n. 383/99 e dalla Cassazione, nella nota sentenza n. 12962 del 24/05/2016” e risponda all’“interesse del minore a vedere riconosciuti, anche formalmente, i legami affettivi consolidati con chi si è preso cura di lui”, come nel caso del “convivente ‘more uxorio’ della madre ovvero relativamente a minori cresciuti nell’ambito di una coppia dello stesso sesso”.
Pertanto, il Tribunale per i Minorenni di Brescia ha ritenuto che “la fattispecie in esame … [potesse] rientrare nel disposto dell’art. 44 lett. d), nell’interpretazione estensiva sopra richiamata, rispondendo pienamente alla ratio della norma in esame, che è quella, da un lato di mantenere i legami con la famiglia d’origine e, dall’altro, di rispondere all’esigenza di favorire il consolidamento dei rapporti instaurati dal minore con parenti o persone che, pur in mancanza di un legame biologico, sono da lui vissuti come figure genitoriali e tali sono riconosciuti, di fatto, anche a livello sociale (c.d. ‘genitori sociali’), ove ciò sia rispondente al preminente interesse del minore stesso, evitando così che si protraggano sine die situazioni di fatto cui non corrisponda uno statuto giuridico adeguato alle esigenze di crescita del fanciullo”.
Nel manifestare la propria adesione all’orientamento cd. estensivo, il Tribunale per i Minorenni ha precisato che “l’interpretazione evolutiva prospettata è in linea con la normativa convenzionale che vincola in modo sempre più stringente l’interprete … a scegliere … quella più idonea a perseguire il migliore interesse del minore ed, in particolare, con l’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali del 1950 che stabilisce, tra l’altro, il rispetto della ‘vita familiare’ …; nozione di vita familiare che, secondo l’interpretazione che ne ha dato la Corte EDU, a partire dallo storico caso Marckx c. Belgio del 1979, va estesa al legame familiare anche solo de facto”.
Secondo il Tribunale, tale orientamento parrebbe conforme al dictum della sentenza 198/1986 della Corte Costituzionale, che “aveva già chiarito … l’esigenza di adeguata considerazione dei legami di fatto”, “appare, altresì, conforme alle linee ispiratrici degli interventi legislativi di riforma della filiazione operati negli ultimi anni”, quali “le nuove norme in tema di prescrizione dell’azione di disconoscimento, … la L. n. 76/2016 …, come pure la L. n. 173/2015”.
In definitiva, per il Tribunale per i Minorenni di Brescia, l’interpretazione adottata è “in linea con l’evoluzione socio-culturale e con il mutamento del concetto e del modo di ‘essere famiglia’, per il quale viene considerato genitore non necessariamente colui che ha generato  il figlio, bensì colui che effettivamente si comporta come tale, se ne prende cura ed è legato a lui da una relazione affettiva ed educativa positiva e stabile, a prescindere dai rapporti che legano lo stesso al genitore biologico e dalle genesi della relazione filiale”.
Pertanto, il Tribunale minorile bresciano, in accoglimento della domanda proposta da Tizio, ha dichiarato farsi luogo all’adozione, da parte di quest’ultimo, di Tizietto e Caietto, rilevando altresì l’“indubbio” interesse degli adottati, in quanto “la formalizzazione anche sul piano giuridico del rapporto di tipo parentale che si è instaurato tra l’istante ed i minori non potrà che giovare a questi ultimi, assicurando loro diritti e vantaggi, non solo sul piano economico ma anche sotto il profilo morale e psicologico, garantendo agli stessi stabilità e certezze, con presumibili effetti positivi anche sui delicati processi di identificazione e di integrazione sociale”.

OSSERVAZIONI. In realtà, l’interpretazione dell’art. 44, lettera d) secondo la quale l’adozione “in casi particolari” (da parte del singolo) sarebbe possibile anche in caso di “impossibilità di diritto” dell’affidamento preadottivo è stata assoggettata a severe critiche da una parte della giurisprudenza e della dottrina (Cass. Civ. 22/06/2016, n. 12962, in Foro it., 2016, 7-8, 2342, con nota di CASABURI; Trib. Min. Milano, 20 ottobre 2016, n. 268, con nota di MIOTTO, Adozione del convivente e diritto positivo: un matrimonio impossibile, in Familia 2017, 245; CIPRIANI, La prima sentenza italiana a favore dell’adozione nelle famiglie omogenitoriali, in Dir. fam. e pers., 2015, 179; RUSCONI, L’adozione in casi particolari: aspetti problematici nel diritto vigente e prospettive di riforma, http://jus.vitaepensiero.it, 26.11.2015, 4.; CARRARO e PONZANI, L’adozione del minore da parte del convivente omosessuale tra interesse del minore e riconoscimento giuridico di famiglie omogenitoriali, in Dir. fam. e pers., 2014, 1554…).
A prescindere dall’evidente distonia di una simile interpretazione rispetto al tenore letterale della disposizione, che presuppone una “constatata impossibilità” dell’affidamento, la nozione stessa di “impossibilità di diritto” risulta intimamente contraddittoria laddove consente l’adozione di qualsiasi minore (anche se non “adottabile”) a qualunque persona e, dunque, pure al singolo che non si trovi nelle eccezionali condizioni previste dalla legge (agli artt. 24 e 44).  Di particolare evidenza risulta lo stridente contrasto di una simile lettura della disposizione di cui alla lettera d) dell’art.44 con quella di cui alla lettera b), posto che non si vede per qual motivo la legge si sarebbe preoccupata di consentire l’adozione semplice al solo coniuge del genitore dell’adottando quando, invece, con un’altra disposizione la consenta a chiunque e, dunque, pure a chi tale non sia.
Al contrario di quanto sostiene la sentenza bresciana, pertanto, proprio una lettura “coordinata” della lettera d) dell’art. 44 “con l’intero testo dell’articolo” indurrebbe ad escludere l’ammissibilità l’interpretazione che la medesima sentenza ne ha accolto.

 

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