Formazione in Italia di atto di nascita e/o riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso: l’attuale quadro normativo e giurisprudenziale

di dott. Renzo Calvigioni, Ufficiale di Stato Civile Comune di Macerata

Da qualche tempo, attraverso organi di stampa e dibattiti televisivi, ha avuto grande risalto e diffusione la tematica della filiazione da genitori dello stesso sesso, sia nell’ipotesi di trascrizione di atti di nascita formati all’estero, quanto nella formazione di atti di nascita e/o riconoscimento di filiazione in Italia, con riguardo ai due padri o alle due madri, con il richiamo alla contrarietà all’ordine pubblico nel caso di maternità surrogata, ma anche con riferimento alle norme del nostro ordinamento ed ai limiti che ne derivano, con una particolare attenzione al superiore interesse del minore, a tutela del soggetto debole di tutte le vicende che sono state discusse. 

Il dibattito si è sviluppato di recente, a seguito delle vicende che hanno visto coinvolto alcuni comuni che avevano deciso di trascrivere o formare tali atti, tanto da provocare l’intervento dell’autorità giudiziaria, che ha poi avviato gli adempimenti di competenza; ma la problematica era nota da diversi anni, tanto che erano già intervenute numerose decisioni, non solamente dei giudici di merito, ma anche della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione che hanno affermato principi di particolare rilievo. 

L’argomento che intendiamo affrontare in questa breve esposizione, riguarda esclusivamente la dichiarazione di nascita e/o riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso resa in Italia, con atto di nascita e/o riconoscimento di filiazione formati di fronte all’ufficiale di stato civile: si tratta, cioè, di recepire delle dichiarazioni e formare degli atti in Italia, in applicazione delle disposizioni del nostro ordinamento, secondo quanto previsto dalla normativa vigente e nel rispetto degli attuali limiti legislativi. 

Precisiamo che non si intende qui trattare il diverso tema del riconoscimento, anche nel nostro Paese, di uno status già riconosciuto e registrato all’estero, come nelle trascrizioni degli atti di nascita dall’estero di bambini con due madri.

Queste situazioni riguardano esclusivamente atti di nascita formati all’estero, quindi filiazione registrata all’estero secondo le disposizioni dello Stato straniero, per i quali viene richiesta la trascrizione in Italia affinché possano divenire efficaci anche nel nostro Paese; e che incontrano il limite dell’ordine pubblico sancito espressamente dall’art. 18 del dpr 396/2000 al quale l’ufficiale dello stato civile deve naturalmente attenersi.

Ebbene, nel caso dei bambini con due madri nati all’estero la Cassazione tende ad esprimere parere favorevole alla trascrizione in Italia dell’atto di nascita (v. ad es. Cass. 19599/2916 e 14878/2017) in quanto ritiene che tale pratica non confligga con princìpi di ordine pubblico, a patto che l’inseminazione non avvenga con la maternità surrogata, che invece in Italia è vietata, configura reato, e confligge quindi con l’ordine pubblico nei casi in cui sia realizzata all’estero (v. ad es. Cass. 23319/2021).  

In proposito, è interessante notare che nello stesso giorno – 23 agosto 2021, ed in identica composizione – in cui la Cassazione Sez. Ia. Civ. con la sentenza n. 23319 conferma la trascrivibilità dell’atto di nascita formato all’estero con due madri, emana altre due sentenze, le nn. 23320 e 23321 (sulle quali torneremo più avanti), con le quali impedisce la formazione in Italia di analogo atto di nascita con due madri, consentendo l’indicazione della sola madre partoriente, senza poter riportare il genitore d’intenzione: è la conferma di quanto siano diverse tali situazioni nell’impatto con il nostro ordinamento.

Per chi è interessato ad affrontare il tema del riconoscimento si rinvia a https://www.papersdidirittoeuropeo.eu/fascicolo-2023-n-1/.  

 

Noi invece ci occuperemo di nascite e/o riconoscimento di filiazione che avvengono in Italia, soggette esclusivamente alle disposizioni del nostro ordinamento, per le quali occorre semplicemente verificare se siano consentite dalla normativa vigente e se l’ufficiale dello stato civile possa legittimamente registrarle, e quali siano i limiti dei quali debba tenere conto: il discrimine è dato dal luogo di nascita, se è avvenuta all’estero la trascrizione incontra il limite dell’ordine pubblico, se avvenuta in Italia si applicano le normative del nostro Paese.

In sostanza, proveremo a rispondere alla domanda se, oggi, alla luce delle disposizioni vigenti, con dichiarazione resa in comune di fronte all’ufficiale dello stato civile, sia possibile formare un atto di nascita, con contestuale riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso, oppure formare un atto di nascita con un solo genitore e, successivamente, ricevere il riconoscimento di filiazione da parte dell’altro genitore, dello stesso sesso del primo e con il consenso del medesimo: in tali ipotesi, il risultato finale è l’instaurarsi del rapporto di filiazione del minore con entrambi i genitori dello stesso sesso. 

Per trovare la corretta soluzione, verrà esaminato il quadro normativo esistente, l’abbondante giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, le disposizioni che disciplinano l’attività dell’ufficiale dello stato civile nella gestione e formazione degli atti di stato civile: il tanto materiale disponibile consente di ridurre il commento personale, al fine di dare ampio risalto solamente agli aspetti tecnico-giuridici.

 

Il quadro normativo

Uno degli argomenti che ricorre nei dibattiti è la mancanza di un intervento del legislatore sulla filiazione da genitori dello stesso sesso ed il conseguente invito ad attivarsi sollecitamente, così da avere una specifica disciplina. 

In realtà, il legislatore un suo intervento in proposito lo aveva fatto nella legge 20 maggio 2016 n. 76 che, nel disciplinare le unioni civili tra persone dello stesso sesso, pur equiparando i diritti derivanti dall'unione civile a quelli del matrimonio, all'art. 1 comma 20 stabilisce che: “....La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge...”: in particolare non vengono richiamate tutte le disposizioni del codice civile in materia di filiazione. 

Dunque, non si applicano alle unioni civili e, quindi, neanche alle unioni tra persone dello stesso sesso (essendo impensabile che norme non applicabili agli uniti civilmente possano applicarsi alle unioni di fatto), le disposizioni relative alla filiazione nel matrimonio (art. 231-232 c.c.), escludendo che la filiazione all’interno dell’unione civile possa essere equiparata alla filiazione nel matrimonio; ma non si applicano neanche le disposizioni in materia di filiazione fuori dal matrimonio, quindi quelle che disciplinano il riconoscimento di filiazione (art. 250 e segg. c.c.). Tali disposizioni, inoltre, richiedono l’intervento del padre e della madre, con una evidente distinzione tra i genitori, che esclude che possa trattarsi di persone dello stesso sesso: a questo bisogna aggiungere che tale differenza permane in tutte le formule previste per la dichiarazione di nascita o riconoscimento di filiazione, formule vincolanti per l’ufficiale di stato civile (come vedremo di seguito).

La legge n. 40/2004, all’art. 4 comma terzo ed all’art. 5, limita l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie di sesso diverso, escludendo, quindi, la possibilità di fare ricorso alle tecniche disciplinate dalla stessa legge da parte delle coppie dello stesso sesso. 

In sostanza, non è corretto affermare che nella materia in questione risulti un vuoto normativo, in quanto, come detto, il legislatore è intervenuto ponendo limiti netti alla possibilità di filiazione da parte di coppie dello stesso sesso: nelle leggi dove questo aspetto poteva essere affrontato e disciplinato, sono stati posti ostacoli ben precisi, tali da escludere la legittimità di una tale fattispecie. 

L’aspetto che risulta carente (o, almeno, risultava, fino alla sentenza della Corte Costituzionale n. 79/2022, della quale faremo cenno più avanti) è la tutela del minore nato a seguito di una tecnica vietata dal nostro ordinamento, il quale certamente non ha colpa ed è bisognoso di tutela come e più di ogni altro: in tal senso, vi sono stati richiami al legislatore ad intervenire.

Per completare il quadro normativo di riferimento, dobbiamo ancora verificare le disposizioni che disciplinano l’attività dell’ufficiale dello stato civile, per comprendere se possa legittimamente ricevere una dichiarazione di nascita od un riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso che, come abbiamo visto, non sono consentiti dalle disposizioni vigenti

Occorre ricordare che gli atti di stato civile sono atti tipici a contenuto vincolato, come espressamente indicato nei commi 1 e 2 dell’art. 11 del dpr 396/2000, il cui terzo comma pone già un evidente limite all’attività dell’ufficiale dello stato civile, “L'ufficiale dello stato civile non può enunciare, negli atti di cui è richiesto, dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle che sono stabilite o permesse per ciascun atto.”: la disposizione è talmente chiara, da non lasciare alcun margine alla discrezionalità dell’ufficiale dello stato civile sulle modalità operative per la formazione degli atti di stato civile. 

A conferma di ciò, il successivo art. 12, rubricato come modalità di redazione degli atti, fin dal primo comma precisa che “Gli atti dello stato civile sono redatti secondo le formule e le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno...”, imponendo all’ufficiale dello stato civile l’obbligo di utilizzare le formule ministeriali per la redazione degli atti e, quindi, escludendo ancora qualsiasi discrezionalità operativa. 

Le formule previste dall’art. 12 sono state emanate con D.M. 5/4/2002, integrate con D.M. 9/12/2014 e con D.M 27/2/2017, così da consentire all’ufficiale dello stato civile di procedere alla redazione degli atti di stato civile per nuovi istituti od adempimenti conseguenti all’approvazione di nuove disposizioni legislative, al fine di dare regolare attuazione a quanto previsto dal suindicato art. 12 del regolamento di stato civile. 

Ovviamente, le formule, pur particolarmente numerose, potrebbero non essere esaustive, in presenza di una nuova normativa o di un ordine dell’autorità giudiziaria e, in tal caso, l’ufficiale dello stato civile dovrà adattare al caso concreto la formula che più si avvicina: questo tuttavia deve essere inteso come una conferma della mancanza di discrezionalità in quanto, pur in presenza di una carenza del formulario, non può comunque discostarsi dalle formule previste, ma al più cercare di adattarle. 

Tuttavia, un conto è dover adattare una formula esistente per soddisfare una nuova normativa od un ordine del giudice, magari a seguito di un mancato aggiornamento del formulario, altra cosa è “inventare” una formula per registrare un atto non consentito dalla normativa vigente, anzi espressamente vietato: si comprende benissimo come, in quest’ultimo caso, l’ufficiale di stato civile stia operando senza rispettare i limiti ai quali deve attenersi.

L’attività dell’ufficiale dello stato civile è ulteriormente vincolata da quanto indicato nell’art. 9 del dpr n. 396/2000, al primo comma, “L'ufficiale dello stato civile è tenuto ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell'interno”: a conferma della mancanza di discrezionalità, si ricorda il carattere vincolante delle circolari nell’attività dell’ufficiale dello stato civile, come sottolineato dalla giurisprudenza che si riporta di seguito:

Consiglio di Stato, sez. IIIa, sentenza 13 – 26 ottobre 2016, n. 4478 (Presidente Maruotti – Estensore Noccelli): La circolare ministeriale che reca le istruzioni in questa materia, pertanto, vincola gli ufficiali dello stato civile, a differenza delle altre circolari interpretative che, ordinariamente, sono prive di efficacia vincolante nei confronti degli organi periferici …. perché la loro efficacia vincolante, per gli ufficiali dello stato civile, condiziona necessariamente l’applicazione delle disposizioni e degli istituti introdotti per regolare gli stessi atti dello stato civile e si riverbera con effetti esterni, altrettanto necessariamente, anche sulla posizione dei terzi, che di tali atti siano destinatari….” 

Consiglio di Stato, sez. IIIa, sentenza 1° dicembre 2016 n. 5047 (Presidente Maruotti - Estensore Santoleri): “le istruzioni ministeriali in questo settore dell’ordinamento sono normalmente contenute in circolari..., vincolanti per ogni ufficiale dello stato civile che deve ad esse uniformarsi ...”

Consiglio di Stato, sez. IIIa, sentenza 1° dicembre 2016 n. 5048 (Presidente Maruotti - Estensore Santoleri) : “… in materia di stato civile, il Ministero dell’Interno anche con la forma della circolare può emanare «istruzioni». Queste sono «vincolanti per ogni ufficiale dello stato civile che deve ad esse uniformarsi e, quindi, anche nei confronti del Sindaco che, nella sua veste di ufficiale dello stato civile ...”

Corte di Cassazione Civile 14/5/2018 n. 11696 (Presidente Tirelli - Estensore Acierno) : “Questa funzione pubblica viene svolta dal sindaco in qualità di Ufficiale del Governo. … si tratta dell’esercizio di una funzione certificativa a carattere dichiarativo del tutto priva di discrezionalità amministrativa, in quanto regolata esclusivamente da norme legislative o regolamentari che ne pongono in luce la vincolatività. Il potere di rifiuto della trascrizione dell’atto, se contrario all’ordine pubblico, si colloca all’interno dell’esercizio di una funzione amministrativa vincolata dal momento che il parametro alla luce del quale verificare la coerenza o la non conformità a tale canone deriva da un complesso tessuto costituzionale, convenzionale e legislativo e più specificamente, per gli ufficiali di stato civile, dalle prescrizioni, per essi cogenti, contenute nelle circolari del Ministero degli Interni al riguardo. …”

Quanto sopra, al fine di chiarire con esattezza il ruolo dell’ufficiale dello stato civile e, soprattutto, i limiti della sua attività che, per definizione normativa, confermata dal Consiglio di Stato e ribadita dalla Cassazione, è priva di qualsiasi discrezionalità, vincolata dalle disposizioni di legge e nello specifico, perfino dalle circolari ministeriali, che contengono prescrizioni cogenti per l’ufficiale di stato civile, al contrario di ciò che avviene per altri uffici della pubblica amministrazione. 

Occorre ancora precisare che, in tale specifica attività, l’ufficiale dello stato civile riceve le dichiarazioni da parte degli interessati, sempre se consentite dalla legge, ma non deve porsi alcun interrogativo sulle modalità della fecondazione, se trattasi di procreazione medicalmente assistita nei limiti o fuori dalle ipotesi ammesse dalla legge 40/2004: non è compito dell’ufficiale dello stato civile valutare eventuali tecniche di procreazione, o se chi si dichiara genitore sia biologicamente tale, né interrogarsi sul superiore interesse del minore o entrare nel merito della responsabilità genitoriale, aspetti sui quali, eventualmente, interverrà l’autorità giudiziaria.

 

La giurisprudenza della Corte Costituzionale

Sull’argomento, la prima sentenza della Corte Costituzionale è la n. 221 del 23/10/2019, nella quale viene confermata la legittimità costituzionale delle norme della legge n. 40/2004 che impediscono l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie dello stesso sesso

La Corte ricorda che è compito del legislatore stabilire se il desiderio di avere un figlio tramite l’uso di specifiche tecniche debba essere garantito sempre e comunque o se, invece, debba essere soggetto ad alcuni limiti, precisando che la legge n. 40/2004 ha adottato una linea restrittiva. Infatti, tali tecniche vengono viste come strumento per eliminare la sterilità umana o l’infertilità dovute a cause patologiche, e non come modo per realizzare sempre e comunque il desiderio di genitorialità alternativa al concepimento naturale. Inoltre, la normativa in questione, prevede “…, una serie di limitazioni di ordine soggettivo all’accesso alla PMA, alla cui radice si colloca il trasparente intento di garantire che il suddetto nucleo riproduca il modello della famiglia caratterizzata dalla presenza di una madre e di un padre…”. Infatti, “l’infertilità “fisiologica” della coppia omosessuale (femminile) non è affatto omologabile all’infertilità (di tipo assoluto e irreversibile) della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive: così come non lo è l’infertilità “fisiologica” della donna sola e della coppia eterosessuale in età avanzata. Si tratta di fenomeni chiaramente e ontologicamente distinti. L’esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è, dunque, fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull’orientamento sessuale.” 

La Corte poi ricorda che il fatto che un divieto posto da una nostra normativa possa essere eluso recandosi all’estero, non può certamente rappresentare motivo per dubitare della sua legittimità costituzionale, né la normativa straniera più favorevole può indurre ad una modifica di quella interna, altrimenti vi sarebbe una costante necessità di adeguamento delle nostre norme a quelle di altri Paesi.

Poco dopo, la Corte Costituzionale ritorna sul tema con la sentenza n. 237 del 15/11/2019, nella quale, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Pisa, in merito alle disposizioni che non consentono la registrazione di un atto di nascita in cui due genitori dello stesso sesso si dichiarino tali nei confronti di un figlio di nazionalità straniera, tuttavia precisa ancora “Ad opposte conclusioni neppure può poi condurre la successiva legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze), che – pur riconoscendo la dignità sociale e giuridica delle coppie formate da persone dello stesso sesso – non consente, comunque, la filiazione, sia adottiva che per fecondazione assistita, in loro favore. Dal rinvio che il comma 20 dell’art. 1 di detta legge opera alle disposizioni sul matrimonio (cosiddetta clausola di salvaguardia) restano, infatti, escluse, perché non richiamate, quelle, appunto, che regolano la paternità, la maternità e l’adozione legittimante”. 

Dopo circa un anno, interviene ancora un’altra la sentenza della Corte Costituzionale, la n. 230 del 4/11/2020, nella quale viene di nuovo confermata la legittimità costituzionale delle norme che impediscono l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie dello stesso sesso, non consentendo la formazione del relativo atto di nascita da genitori dello stesso sesso: nella decisione, la Corte ha dichiarato non fondata l’eccezione sollevata dal Tribunale di Venezia, che aveva affrontato il ricorso di due donne contro il  rifiuto dell’ufficiale di stato civile di Venezia di indicare il minore come figlio di entrambe. La Corte Costituzionale respinge l’eccezione di incostituzionalità, precisando che il limite previsto dalla legge n. 40/2004, che non consente l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie dello stesso sesso, era già stato dichiarato costituzionalmente legittimo dalla stessa Corte con sentenza n. 221 del 23/10/2019. Il riconoscimento della genitorialità same-sex non è imposto dai precetti costituzionali e le disposizioni normative che lo limitano sono pienamente applicabili in quanto costituzionalmente legittime: è compito del legislatore intervenire in merito, se volesse ampliare tali ipotesi ed introdurre nel nostro ordinamento tale eventualità. 

Di particolare rilievo la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 9 marzo 2021, nella quale sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Padova, in riferimento alle norme che impediscono che possa essere riconosciuta la filiazione da genitori dello stesso sesso. La Corte, pur riconoscendo il vuoto di tutela in cui versa il minore nato da coppia dello stesso sesso, in quanto può instaurare un rapporto di filiazione solamente con uno dei genitori, tuttavia ha precisato che tocca al legislatore colmare tale vuoto: “Serve, ancora una volta, attirare su questa materia eticamente sensibile l’attenzione del legislatore, al fine di individuare, come già auspicato in passato, un «ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana» (sentenza n. 347 del 1998). Un intervento puntuale di questa Corte rischierebbe di generare disarmonie nel sistema complessivamente considerato.” – Nel frattempo, le norme impeditive restano perfettamente in vigore e pienamente applicabili: si ricorda, infatti, che si tratta di una sentenza di inammissibilità, non di una declaratoria di incostituzionalità e, dunque, gli effetti non possono certamente essere quelli di far venire meno l’applicabilità delle norme in questione. 

Non si occupa di nascita avvenuta in Italia la Corte Costituzionale con la sentenza n. 33 del 9 marzo 2021: esamina i dubbi di legittimità costituzionale, sollevati dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 8325 del 29 aprile 2020, dell’insieme delle disposizioni che non consentono, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento nell’atto di stato civile di un rapporto di filiazione conseguente a maternità surrogata. Anche tale decisione si conclude con l’esortazione al legislatore ad intervenire, senza alcuna declaratoria di incostituzionalità  

Rilevante per le conseguenze che potrà avere, la sentenza della Corte Costituzionale n. 79 del 28 marzo 2022, che dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge n. 184/1983, nella parte in cui, mediante rinvio all’art. 300, secondo comma, del codice civile, prevede che l’adozione in casi particolari non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante. 

La Corte, dopo aver richiamato il preminente interesse del minore, ricordando che è uno dei compiti della Repubblica aver cura e tutela del minore e questo avviene anche attraverso i legami parentali, passa poi ad esaminare le disposizioni che disciplinano in dettaglio l’adozione di minore in casi particolari per verificare se possano ravvisarsi dei criteri che consentano l’assimilazione dell’adottato allo stato di figlio, per giungere alla conclusione che “Il quadro normativo richiamato palesa, dunque, che il minore adottato ha lo status di figlio e nondimeno si vede privato del riconoscimento giuridico della sua appartenenza proprio a quell’ambiente familiare, che il giudice è chiamato, per legge (art. 57, comma 2, della legge n. 184 del 1983), a valutare, al fine di deliberare in merito all’adozione. Ne consegue che, a dispetto della unificazione dello status di figlio, al solo minore adottato in casi particolari vengono negati i legami parentali con la famiglia del genitore adottivo”. Non mancano, ovviamente, i richiami alle sentenze della Corte EDU affinché sia garantita la tutela del superiore interesse del minore, per affermare che, anche in tale ottica, “La declaratoria di illegittimità costituzionale rimuove, dunque, un ostacolo all’effettività della tutela offerta dall’adozione in casi particolari (Corte EDU, sentenza D. contro Francia, paragrafo 51; decisione C. ed E. contro Francia, paragrafo 42; nonché il parere del 9 aprile 2019, paragrafo 54) e consente a tale istituto, la cui disciplina tiene in equilibrio molteplici istanze implicate nella complessa vicenda, di garantire una piena protezione all’interesse del minore”.

 

La giurisprudenza della Corte di Cassazione

Si deve necessariamente ricordare la prima e più famosa sentenza n. 19599/2016 del 30/9/2016 della Corte di Cassazione Sez. 1 Civ. nella quale, per la prima volta, viene riconosciuta come legittima e non contraria all’ordine pubblico la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero nel quale venivano indicate due madri quali genitori: si tratta della prima decisione nella quale la Cassazione ammette la filiazione da genitori dello stesso sesso, consentendo la trascrizione dell’atto di nascita, dopo avere precisato che entrambe le madri hanno un legame con il neonato, l’una genetico per aver donato l’ovulo, l’altra biologico per aver portato avanti la gravidanza e partorito. La sentenza ha fatto grande scalpore e provocato tanti commenti, ma la stessa Corte precisava che la formazione dell’atto di nascita con due madri non sarebbe stata consentita in Italia, sottolineando esattamente che “Nel presente giudizio, infatti, non si tratta di verificare la conformità alla legge italiana della legge spagnola, in base alla quale è stato formato all’estero l’atto di nascita di un bambino da due madri, essendo evidente la difformità delle rispettive discipline: la legge italiana non consente alle nostre autorità di formare un atto di nascita del genere”. 

E’ evidente come, fin dalle prime decisioni in merito, la Cassazione abbia avuto ben presente che la legge italiana, non consente alle nostre autorità di formare un atto di nascita in cui siano indicati due genitori dello stesso sesso: tale indirizzo, verrà confermato in tutte le decisioni successive.

Debbono trascorrere quasi quatto anni per la prima decisione della Corte di Cassazione sul tema della formazione dell’atto di nascita da genitori dello stesso sesso: nel frattempo, se ne occupano i giudici di merito, con decisioni a volte contrastanti, fino ad arrivare alla sentenza della Corte di Cassazione Sez. 1a Civ. n. 7668/2020 del 3/4/2020, nella quale viene respinto il ricorso di due donne tendente ad ottenere la rettificazione dell’atto di nascita della figlia partorita da una delle due, con l’inserimento del riconoscimento di filiazione da parte di entrambe, a seguito del rifiuto dell’ufficiale dello stato civile. La Cassazione respinge tutti i motivi di ricorso presentati dalle interessate, confermando che non è consentito formare atto di nascita e/o riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso. In particolare, rigettando gli specifici motivi del ricorso, viene confermato che l’ufficiale dello stato civile deve rispettare le formule ministeriali previste per la redazione degli atti e non può inserire annotazioni od indicazioni diverse da quelle riportate nel formulario, non ha cioè alcuna possibilità di manipolare le formule previste dal DM 5/4/2002, né può intervenire discrezionalmente.  Inoltre, il nostro ordinamento vieta l’utilizzo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle persone dello stesso sesso, come ribadito della sentenza della Corte Costituzionale n. 221/2019: in forza di tale esplicito divieto e da numerose altre norme del nostro ordinamento, emerge che “… una sola persona abbia diritto di essere menzionata come madre nell’atto di nascita, in virtù di un rapporto di filiazione che presuppone il legame biologico e/o genetico con il nato…” e che tali limiti siano pienamente vigenti nella formazione degli atti di nascita in Italia, a prescindere da dove sia avvenuta la tecnica di procreazione medicalmente assistita. In conclusione, secondo la Corte di Cassazione, nella formazione in Italia dell’atto di nascita e/o riconoscimento di filiazione, non potranno essere inserite, quali genitori, due persone dello stesso sesso.

A distanza di pochi giorni, un’altra sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 1a Civile, n. 8029 del 22 aprile 2020, nella quale viene confermata la legittimità del rifiuto dell’ufficiale dello stato civile, che si era opposto alla formazione dell’atto di nascita con l’indicazione della genitorialità da parte di due donne unite civilmente. Dopo aver precisato come non sia in discussione il rapporto di filiazione con il genitore biologico, ma quello con il genitore d’intenzione, senza che questo possa precludere l’inserimento del minore nella coppia, la decisione della Corte è molto chiara e netta: “Può quindi concludersi che il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con la L. n. 40 del 2004, art. 4, comma 3 e con l'esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto”. 

La Corte riconosce legittimo il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile: “L'esclusione dell'ammissibilità del riconoscimento consente poi di ritenere legittimo il rifiuto opposto dall'ufficiale di stato civile alla ricezione della dichiarazione di riconoscimento del minore come figlio naturale delle due donne, o comunque come figlio naturale della donna che si è limitata a prestare il proprio consenso alla fecondazione eterologa, trovando  tale provvedimento giustificazione nel disposto del D.P.R. n. 396 del 2000, art. 42, che, subordinando il riconoscimento alla dimostrazione dell'insussistenza di motivi ostativi legalmente previsti, consente di escluderne l'operatività nella ipotesi in cui, come nella specie, la costituzione del rapporto di filiazione trovi ostacolo nella disciplina legale della procreazione medicalmente assistita”; tanto che la decisione finale è quella di accogliere il ricorso, cassare il decreto impugnato (quello della Corte di Appello che aveva ritenuto illegittimo il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile) e decidere nel merito rigettando la domanda di parte che intendeva attribuire la filiazione anche al genitore d’intenzione.

Trascorre un anno ed il tema si ripropone con altra sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 1a Civile, n. 23320 del 23 agosto 2021, nella quale viene affrontato il caso della richiesta di rettificazione dell’atto di nascita formato con l’indicazione della sola madre, al fine di aggiungere il riconoscimento effettuato dalla seconda madre e l’attribuzione del cognome comune. Dopo avere precisato “Quanto infine all' interesse del minore, la prevalenza da accordarsi allo stesso non legittima, come affermato anche dal Giudice delle leggi, l'automatica estensione delle disposizioni dettate per la procreazione medicalmente assistita anche ad ipotesi estranee al loro ambito di applicazione, non potendo questa Corte sostituirsi al legislatore, cui spetta, nell'esercizio della propria discrezionalità, l'individuazione degli strumenti giuridici più opportuni per la realizzazione del predetto interesse, compatibilmente con il rispetto dei principi sottesi alla legge n. 40 del 2004”, la Corte aveva cassato il favorevole decreto della Corte di Appello di Roma anche nella parte in cui aveva disposto l’attribuzione alla minore del cognome di entrambi i genitori, rimarcando che nel nostro ordinamento non è prevista né consentita la filiazione da genitori dello stesso sesso.

Nello stesso giorno, altra sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 1a Civile, n. 23321 del 23 agosto 2021 nella quale viene dichiarato legittimo il rifiuto opposto dall’ufficiale dello stato civile al riconoscimento di filiazione da parte di una donna che si dichiarava madre, effettuato successivamente al riconoscimento di filiazione da parte della madre partoriente. La Corte ha ricordato che “La questione in esame è stata già affrontata da questa Corte, e risolta mediante l'enunciazione del principio di diritto secondo cui il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con l'art. 4, comma terzo, della legge n. 40 del 2004 e con l'esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto (cfr. Cass., Sez. I, 22/04/2020, n. 8029; 3/04/2020, n. 7668)”. Pertanto, nel rispetto dell’indirizzo giurisprudenziale già più volte affermato dalla stessa Corte, ha cassato il favorevole decreto della Corte di Appello di Perugia, riconoscendo come pienamente legittimo il rifiuto a suo tempo opposto dall’ufficiale dello stato civile, il quale aveva correttamente ritenuto di non poter ricevere il riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso.

Di particolare rilievo l’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. 1a Civile, n. 6383 del 25 febbraio 2022 nella quale viene affrontato il caso di una coppia di due donne, l’una partoriente, l’altra donatrice dell’ovulo fecondato da donatore anonimo: alla nascita della bambina, l’ufficiale dello stato civile rifiuta di indicare nell’atto entrambe le donne e registra solamente la filiazione da parte della partoriente, provocando il ricorso delle due donne che sfocia in Cassazione, contestando che non si è tenuto conto della sussistenza del rapporto genetico con la donna che ha donato l’ovulo. La Corte conferma il contrasto con la legge n. 40/2004 che esclude il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie dello stesso sesso. In sostanza, quel rapporto di filiazione non può trovare ingresso nel nostro ordinamento, in quanto, non è consentita “…la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto”. Ma neanche la sussistenza del rapporto genetico con la donna che ha donato l’ovulo può cambiare la sostanza dell’evento o incidere nella formazione dell’atto di nascita, perché una sola è la persona che può essere menzionata come madre nell’atto di nascita. E’ doveroso sottolineare che si tratta dell’identica situazione (fecondazione dell’ovulo nell’utero di una donna, ovulo che viene impiantato nell’utero della compagna che porta avanti la gravidanza e partorisce) che la stessa Corte aveva affrontato con la sentenza n. 19599/2016,  imponendo la trascrizione dell’atto di nascita con le due madri formato all’estero, argomentando che  entrambi le madri avevano un legame con il neonato, l’una genetico per aver donato l’ovulo, l’altra biologico per aver portato avanti la gravidanza e partorito: nonostante la situazione sia la stessa, la Cassazione conferma che la formazione dell’atto di nascita in Italia può avvenire con una sola madre.  La Cassazione respinge la necessità di una interpretazione costituzionalmente orientata, sottolineando come sarà compito della Corte Costituzionale valutare la legittimità delle leggi, ma in mancanza di declaratoria di incostituzionalità, quelle leggi trovano piena applicazione. Non solo, ma anche la mancanza di una normativa è espressione della volontà del legislatore di non voler intervenire in proposito e deve essere rispettata. In conclusione, viene confermata la piena legittimità del rifiuto dell’ufficiale dello stato civile alla formazione dell’atto di nascita con l’indicazione di genitori dello stesso sesso.

Altrettanto rilevante, poco tempo dopo, l’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. 1a Civile, n. 7413 del 7 marzo 2022 che accoglie il ricorso del Ministero dell’Interno, tramite l’Avvocatura dello Stato, contro la Corte di Appello di Cagliari che aveva ritenuto legittimo l’atto di nascita formato dall’ufficiale di stato civile con l’indicazione di genitori dello stesso sesso, a seguito del riconoscimento di filiazione effettuato dalla seconda madre. La Cassazione ha precisato che “La scelta del legislatore (L. n. 40 del 2004, artt. 4 e 5) è nel senso di limitare l'accesso alle tecniche di P.M.A. per rimuovere cause impeditive della procreazione circoscritte ai casi di sterilità o di infertilità accertate e certificate da atto medico. E quindi a situazioni di infertilità patologica, alle quali, come precisato dalla Corte costituzionale, non è omologabile la condizione di infertilità della coppia omosessuale (v. C. Cost. n. 221 del 2019). Il limite soggettivo (coppia di sesso diverso) posto dalla L. n. 40 del 2004, art. 5 all'accesso alle tecniche di PMA non è stato, sinora, caducato da un intervento della Corte Costituzionale.” ritenendo che la soluzione interpretativa proposta dalla Corte di Appello di Cagliari (particolarmente densa di argomentazioni in contrasto con le decisioni già assunte dalla Cassazione) non poteva essere accolta e decidendo quindi di cassarla. Merita attenzione il richiamo al principio che «le annotazioni nei registri di stato civile hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva dello status»: sembra proprio una sottolineatura per ricordare che se uno status non esiste per il nostro ordinamento, non può essere creato semplicemente iscrivendolo nei registri di stato civile. In sostanza, l’atto di nascita con la genitorialità same-sex non poteva essere formato e non poteva essere ricevuto il riconoscimento di filiazione reso dalla seconda madre.

Di poco successiva, l’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. 1a Civile, n. 10844 del 4 aprile 2022 che ha confermato come legittimo il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di correggere gli atti di nascita dei figli nei quali risultava solamente la madre partoriente, al fine di ottenere l’indicazione come altro genitore anche della donna con la quale la suddetta madre manteneva da tempo una relazione stabile. Il ricorso delle due donne era già stato respinto prima dal Tribunale di Piacenza e, successivamente, anche dalla Corte di Appello di Bologna, fino ad arrivare alla conferma della Cassazione. La Corte, dopo aver precisato che “non è accoglibile la domanda di rettificazione dell'atto italiano di nascita volta ad ottenere l'indicazione in qualità di madre del bambino, accanto a quella che l'ha partorito, anche della donna a costei legata in stabile relazione affettiva, poiché in contrasto con la L. n. 40 del 2004, art. 4, comma 3, che esclude il ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie dello stesso sesso”, rigetta il ricorso e condanna le donne ricorrenti alle spese. In tal caso, risulta corretto l’operato dell’ufficiale di stato civile che aveva opposto il rifiuto, provvedimento che viene confermato in tutti i gradi di giudizio, fino alla conferma della Cassazione.

Di particolare rilievo, per la soluzione che propone, l’ordinanza della Corte di Cassazione Sez. Ia Civile n. 22179 del  13 luglio 2022, nella quale viene affrontato il ricorso contro il decreto della Corte di Appello di Ancona, che aveva confermato la decisione di primo grado, nel negare l’illegittimità del rifiuto dell’ufficiale dello stato civile alla richiesta di due donne, di formare l’atto di nascita con l’indicazione di entrambe quali genitrici, l’una quale genitore genetico e l’altra quale genitore d’intenzione. L’atto di nascita, a suo tempo formato nel 2018, aveva riportato solamente la madre genetica e la Corte di Appello aveva respinto la richiesta di rettificazione, stante il divieto della legge n. 40/2004 al ricorso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie dello stesso sesso: contro tale pronuncia le due donne avevano presentato ricorso in Cassazione. La Cassazione dichiara il ricorso infondato con motivazioni particolarmente ampie, richiamando precedenti proprie decisioni.Questioni del tutto analoghe a quelle oggetto del presente giudizio sono state risolte da questa Corte in due recenti pronunce, nn. 23320 e 23321 del 2021, che, nel ribadire il principio di diritto espresso nelle pronunce nn. 7668 e 8029/2020 …., secondo cui il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con la L. n. 40 del 2004, art. 4, comma 3, e con l'esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto… ”. 

La Cassazione suggerisce l’applicazione di una recente sentenza della Corte Costituzionale che ha profondamente modificato gli effetti dell’adozione cosiddetta in casi particolari. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 79 del 28/3/2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui, mediante rinvio all’art. 300, secondo comma, del codice civile, prevede che l’adozione in casi particolari non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante. A seguito di tale pronuncia il minore adottato ai sensi dell’art. 44 della suddetta legge 184/1983, risulterà instaurare rapporti familiari anche con i parenti dell’adottante, completando lo stato unico di figlio previsto dalla disciplina della filiazione come aggiornata dalla legge 219/2012. 

La Cassazione ricorda che “La Corte Costituzionale ha affermato che la tutela dell'interesse del minore impone di garantire a tutti i bambini adottati il riconoscimento dei rapporti di parentela che nascono dall'adozione. Pertanto, il minore adottato nelle ipotesi di "adozione in casi particolari" ha lo status di figlio e non può essere privato dei legami parentali, che il legislatore della riforma della filiazione "ha voluto garantire a tutti i figli a parità di condizioni, perché tutti i minori possano crescere in un ambiente solido e protetto da vincoli familiari, a partire da quelli più vicini, con i fratelli e con i nonni.” In pratica, la Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha confermato che nel nostro ordinamento non è consentita la filiazione da genitori dello stesso sesso, ma solamente nei confronti del genitore legato da un rapporto genetico con il figlio: tuttavia, il genitore d’intenzione può ottenere l’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44 legge 184/1983, i cui effetti, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 79/20220 sono quelli di instaurare lo status di figlio. In questo modo, viene a realizzarsi la piena tutela del minore e si raggiungerebbe per la coppia lo stesso risultato da sempre desiderato ed invocato, cioè la sussistenza del rapporto di filiazione con entrambi i componenti della coppia.

Recentissima ed altrettanto rilevante l’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. 1a Civile, n. 23527 del 2 agosto 2023, nella quale viene affrontato e respinto il ricorso di due donne contro la Corte di Appello di Venezia che aveva confermato la cancellazione dell’atto di nascita e relativa annotazione disposta dal Tribunale di Belluno, nel quale entrambe erano state indicate come madri. La Corte richiama precedenti proprie sentenze nelle quali aveva più volte affermato che in Italia non è consentita la formazione di un atto di nascita da genitori dello stesso sesso, precisando inoltre “… come affermato dalle Sezioni Unite, in relazione ai casi di minori nati all'estero da maternità surrogata, con principio che è applicabile anche alla fattispecie in cui il minore sia nato in Italia mediante il ricorso a tecniche di p.m.a., eseguite all'estero perchè non consentite nel territorio nazionale a richiesta di una coppia omoaffettiva, il minore ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione e "tale esigenza è garantita attraverso l' istituto dell'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d) della l. n. 184 del 1983 che, allo stato dell'evoluzione dell'ordinamento, rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo "status" di figlio e, dall'altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il "partner" del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita." 

La rilevanza di tale decisione risulta, in particolare, dalla conferma della cancellazione, disposta dal Tribunale, dell’atto di nascita a suo tempo formato dall’ufficiale di stato civilein contrasto con alcune recenti decisioni dei giudici di merito.

Infine, dopo tanta giurisprudenza della Corte di Cassazione, può essere utile, anche solamente come ulteriore orientamento che, se non altro, non smentisce la linea della Cassazione, richiamare tre recenti decisioni della CEDU, rese in data 23 giugno 2023, che vedevano coinvolta l’Italia, nelle specifiche problematiche inerenti il riconoscimento dei rapporti di filiazione dei nati a seguito di fecondazione eterologa o surrogazione di maternità. In un caso (app. n. 47998/20 e n. 23142/21) la CEDU ha dichiarato l’irricevibilità di due ricorsi presentati contro il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di ricevere dichiarazione di nascita e riconoscimento di minori – concepiti all’estero tramite PMA, ma nati in Italia – da parte di due coppie di donne italiane e residenti in Italia. In altri casi (app. n. 10810/20, n. 29038/20 e n. 2738/21 e app. n. 59054/19, n. 12109/20 e n. 45426/21) la CEDU ha, invece, dichiarato irricevibili sei ricorsi proposti avverso il rifiuto di trascrivere gli atti di nascita, formati all’estero, di minori nati a seguito di surrogazione di maternità. La Corte ha ritenuto che l’adozione di minori in casi particolari, di cui all’art. 44 legge 184/1983, avrebbe potuto soddisfare le legittime aspettative dei ricorrenti, al fine di instaurare un rapporto di filiazione ed il fatto che tale percorso non fosse stato nemmeno tentato dai ricorrenti, ha indotto la Corte stessa a dichiarare irricevibili i ricorsi presentati.

 

Conclusioni

Possiamo riassumere brevemente quanto finora esposto:

  • il quadro normativo esistente, non consente di formare un atto di nascita e/o riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso;
  • la Corte Costituzionale non ha mai dichiarato l’illegittimità di quelle norme che impediscono di formare un atto di nascita e/o riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso;
  • la Corte di Cassazione, con un numero impressionante di decisioni, ben 10 dal 2016 ad oggi, ha sempre confermato che non è possibile formare un atto di nascita e/o riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso. Si tratta di un orientamento granitico, costante nel tempo, un principio di diritto che viene continuamente riaffermato, senza il minimo dubbio o tentennamento,  che si  esprime confermando la legittimità del rifiuto dell’ufficiale dello stato civile, o cassando le sentenze dei giudici di merito che avevano accettato la formazione degli atti che non potevano essere formati, o confermando l’annullamento da parte dei giudici di merito degli atti illegittimamente formati con la genitorialità same-sex. Probabilmente, è difficile trovare un’altra posizione della Suprema Corte, tanto ripetuta e costante.

Ogni decisione sopra brevemente riportata, poteva essere ampiamente commentata, ma l’orientamento è così netto, deciso e chiaro, da rendere scarsamente utili ulteriori commenti. La domanda che ci eravamo posti all’inizio, se con dichiarazione resa all’ufficiale dello stato civile in un comune, in Italia, fosse possibile formare un atto di nascita, con contestuale riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso, oppure formare un atto di nascita con un solo genitore e, successivamente, ricevere il riconoscimento di filiazione da parte dell’altro genitore, dello stesso sesso del primo e con il consenso del medesimo, non può che avere una risposta negativa: tali atti non sono consentiti dal nostro ordinamento, anzi espressamente vietati, in forza del quadro normativo esistente e di costante giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione. 

La filiazione potrà essere registrata solamente nei confronti di un genitore, quello biologico, escludendo in ogni caso il secondo genitore dello stesso sesso, il quale potrà tuttavia fare ricorso all’adozione ex art. 44 legge 184/1983.

Naturalmente, il legislatore potrà intervenire con nuove disposizioni o i giudici della Consulta e della Suprema Corte rivedere il loro orientamento attuale, ne prenderemo atto volentieri: ma, in mancanza, il quadro normativo e giurisprudenziale è quello sopra esposto.

 

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli