Il coniuge che rimane nella casa familiare in assenza di un provvedimento di assegnazione deve corrispondere l’indennità di occupazione?

di avv. Gabriella Dal Molin

Il marito che, dopo la separazione, ha continuato ad abitare l'intera casa familiare da solo, nonostante il rigetto della sua domanda di assegnazione, è tenuto a corrispondere alla moglie, comproprietaria dell'immobile,  quale ristoro per la privazione dell'utilizzo pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili con decorrenza dalla data in cui allo stesso è pervenuta manifestazione della volontà dell'altra comproprietaria di avere un uso turnario o comunque di godere della sua parte dell'abitazione.

Questo quanto deciso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 10264 del 18 aprile 2023.

La Corte d'Appello di Milano, con sentenza n. 5456 del 2017, confermava la pronuncia del Tribunale di Milano con la quale il marito veniva condannato al pagamento in favore della moglie di una somma a titolo di indennità di occupazione della casa familiare - acquistata in costanza di matrimonio in regime di comunione dei beni - nella quale egli era rimasto ad abitare nonostante il rigetto della domanda di assegnazione.

Avverso la pronuncia il marito ha proposto ricorso per Cassazione, adducendo, tra l'altro, la violazione degli artt. 155 e 1102 c.c. "...nella parte in cui la Corte territoriale aveva riconosciuto alla [moglie] il diritto al risarcimento da mancato godimento del bene nonostante il mancato dissenso all'utilizzo dell'immobile da parte della stessa e per avere, in ogni caso, erroneamente quantificato la relativa indennità...".

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del marito osservando, in via preliminare, che quando i comproprietari non possano godere direttamente del bene in comproprietà, l'uso comune può realizzarsi in maniera indiretta, oppure mediante avvicendamento con un uso turnario.

In tale contesto "...pur essendo pacifica nella giurisprudenza di questa Corte l'affermazione secondo cui il condividente che non tragga godimento dal bene in comunione, possa chiedere la propria quota parte dei frutti del bene al condividente che, invece, ne abbia il concreto godimento, non appare condivisibile la decisione del giudice di secondo grado che ha ritenuto di riconoscere il diritto ad indennità [della moglie] ... a far tempo dalla sentenza di separazione dei coniugi ... in mancanza di una richiesta di rilascio del bene in favore della controricorrente ovvero di istanza di uso turnario del bene medesimo o di richiesta da parte della stessa di ricevere la quota parte dei frutti non goduti...".

Sulla base di queste considerazioni la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Milano, in differente composizione, che, nel decidere la controversia dovrà attenersi al seguente principio di diritto "...in materia di diritto di proprietà, allorché per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non sia possibile un godimento diretto tale da consentire a ciascun partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune ... i comproprietari possono deliberarne l'uso indiretto. In mancanza di deliberazione,

il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto, per l’intero bene, da solo, senza un titolo che giustificasse l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi… i frutti civili con decorrenza dalla data in cui allo stesso perviene manifestazione di volontà degli altri comproprietari di averne un uso turnario o comunque di godere per la loro parte del bene..

Ai sensi dell'art. 385 c.p.c. terzo comma, le spese del giudizio verranno liquidate dal giudice del rinvio.

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