Nomina di A.D.S.: l’audizione personale del beneficiario è fondamentale per tutelarne la dignità

di avv. Barbara Carnio

La madre di una ragazza di circa trent’anni con fragilità psichica ha impugnato il decreto della Corte D’Appello di Potenza confermativo del provvedimento con cui il Giudice Tutelare aveva aperto una procedura di amministrazione di sostegno in favore della figlia, nominando quale ADS una professionista di fiducia del Giudice “qualificata ed esperta della materia”.

Il G.T. aveva ritenuto inopportuna la nomina di uno dei genitori “stante il clima di profonda conflittualità esistente tra di essi”, nonostante esistesse agli atti una lettera in cui la stessa beneficiaria aveva manifestato la volontà di avere la madre quale amministratore di sostegno.

La nomina dell’ADS aveva peraltro fatto seguito al rigetto da parte del Tribunale della richiesta paterna, cui la madre si era opposta, di dichiarare l’interdizione della figlia per infermità mentale. Il Tribunale aveva, quindi, trasmesso il ricorso al G.T. per l’eventuale nomina di un amministratore di sostengo.

La madre, ricorrendo in Cassazione, non contesta l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno in favore della figlia. Critica, tuttavia, la nomina quale A.D.S. di un soggetto estraneo alla famiglia e l’aver privato la beneficiaria di qualsiasi diritto, compreso quello di poter disporre della (modesta) pensione di invalidità per poter soddisfare autonomamente i suoi primari bisogni di vita.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, rinviando la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione, perché il Giudice Tutelare non ha proceduto all’audizione della beneficiaria. La Suprema Corte non condivide, infatti, l’impostazione della Corte D’Appello che aveva ritenuto sufficiente l’ascolto della beneficiaria da parte del Tribunale durante il precedente procedimento promosso dal padre per l’interdizione.

Il quadro normativo nazionale e sovranazionale vigente configura l’audizione personale del beneficiario come “adempimento essenziale” per il procedimento di nomina di amministratore di sostegno.

L’art. 407, comma 2 c.c. per il quale “il giudice tutelare deve sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce” è conforme ai diritti sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità (approvata il 13.12.2006 e ratificata dall’Italia con la L. n. 18/2009) che ha lo scopo di “promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità”.

Sempre per la Convenzione gli Stati “devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per l più breve tempo possibile e siano soggetto a periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario”.

Rammenta poi la Corte che “la finalità dell’amministrazione di sostegno è la protezione delle persone fragili”: tutela che “deve realizzarsi con la minore limitazione possibile della sua capacità di agire” in modo da “non mortificare la persona”, e da non intaccarne la dignità personale del beneficiario”.

Per tale motivo “le disposizioni in materia di amministrazione di sostegno devono essere interpretate in modo da valorizzare tutte le capacità del beneficiario non compromesse dalla sua disabilità fisica, psichica o sensoriale”. L’audizione del beneficiario è, quindi, imprescindibile per individuare secondo lo stretto necessario le autonomie residue e le limitazioni delle capacità.

La Cassazione sottolinea che il Giudice Tutelare avrebbe dovuto rinnovare l’audizione della beneficiaria (sentita dal Tribunale quasi un anno e mezzo prima), per poter cogliere le sue specifiche condizioni psico-fisiche e calibrare al meglio i provvedimenti da adottare sulle sue esigenze e possibilità tenendo conto, per quanto possibile, della sua volontà.

L’audizione del beneficiario è, inoltre, utile anche per individuare il soggetto più adeguato a ricoprire l’ufficio di amministratore di sostegno la cui scelta, ai sensi dell’art. 408 c.c., deve avvenire “con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario” e, ove possibile, preferendo “il coniuge che non sia legalmente separato, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata”.

Non di meno, nel caso di specie, l’audizione avrebbe consentito di verificare l’effettiva volontà della beneficiaria che era stata manifestata nella missiva prodotta dalla madre, o di accertare in modo appropriato la sua capacità di intendere e volere, non apparendo sufficiente il generico riferimento della Corte D’Appello alla conflittualità tra i genitori.

Ciò anche in considerazione del principio generale vigente nel nostro ordinamento, riconducibile all’art. 2 della Costituzione, “che impone di rispettare la sfera di libera volizione dell’amministrato e di conservarne il più possibile la capacità di agire”.

La Corte di Cassazione rammenta il principio fondamentale per cui la “tutela dei diritti dei più fragili passa necessariamente attraverso la tutela della loro dignità e l’adozione di provvedimenti su misura (tailor made), proporzionati e adeguati alle effettive, concrete ed attuali esigenze del beneficiario (cfr. Cass. 4709 del 2018), con l’obbiettivo di salvaguardare, sempre nei limiti del possibile, la capacità e l’autodeterminazione della persona”.

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