Obbligo di ascolto dei minori anche nel caso si ipotizzi la collocazione in comunità

IL CASO. Nell’ambito di una procedura di regolamentazione della responsabilità genitoriale, in relazione a due figli nati da una coppia non coniugata, iniziata con un ricorso al Tribunale di Verona ex art. 709 ter cpc, con cui il padre lamentava comportamenti asseritamente ostacolanti della madre, veniva disposta ctu al fine di accertare le capacità genitoriali e le migliori condizioni di affido.

Con provvedimento urgente, durante le operazioni peritali, il Tribunale collocava temporaneamente i figli minori presso i nonni materni.

All’esito della ctu il Tribunale disponeva l’affidamento dei minori al Servizio e il loro collocamento presso la residenza del padre, disponendo altresì le visite con la madre in modalità protetta e con affiancamento al padre per alcune ore di un educatore domiciliare.

La madre proponeva reclamo avverso tale decreto che veniva rigettato dalla Corte d’appello di Venezia, salvo recepire una necessaria modifica dovuta al rifiuto da parte della figlia di vivere con il padre la quale veniva pertanto collocata in comunità. La Corte provvedeva anche alla nomina di un legale con funzioni di curatore speciale e anche ai sensi dell’art. 473-bis n. 7 cpc.

Ricorreva per Cassazione la madre lamentando con i primi due motivi che il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi avessero:

  • Operato un’adesione acritica alla ctu le cui risultanze erano fondate su diagnosi inficiate da errori metodologici e valutativi, per di più la nominata CTU non risultava nemmeno nell’albo del Tribunale

con il terzo motivo

  • che non avessero proceduto all’ascolto dei minori prima della grave decisione limitativa della frequentazione della relazione con la madre, con gravi ingerenze nella loro vita privata mediante la previsione del controllo persino delle telefonate con la stessa

con il quarto motivo

  • veniva dedotta la violazione dell’art. 112 cpc per omessa pronuncia da parte della Corte sulle domande proposte

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, ritenuto il secondo motivo in parte infondato e in parte inammissibile e inammissibile anche il quarto, assorbito il primo nel terzo ha accolto quest’ultimo per le seguenti motivazioni:

  • dalla lettura del provvedimento impugnato non si evince che i figli siano stati sentiti seppur divenuti dodicenni, la figlia maggiore già in primo grado e il minore in sede di reclamo, nonostante il provvedimento adottato abbia inciso profondamente sulla vita della ragazza che, non volendo tornare a vivere con il padre, è stata collocata in comunità separandola anche così dal fratello;
  • nessuna motivazione è contenuta nel provvedimento impugnato in ordine alle ragioni del mancato ascolto dei minori da parte del giudice;
  • richiamata la precedente univoca giurisprudenza, nonché tutte le normative nazionali e sovranazionali la Corte ha ribadito che “l’ascolto è un diritto del minore, che esiste già al di fuori del processo ma si esercita nel processo, quando è il giudice e non i genitori (o chi esercita la responsabilità genitoriale) a dover adottare decisioni importanti per la sua vita.
  • L’art. 336-bis cc (applicabile all’epoca) prevede che “il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, è ascoltato dal presidente del Tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore o manifestatamente superfluo il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato.
  • Il mancato ascolto è causa di nullità, anche se non espressamente sancita dalla legge, ma che si desume dal complessivo sistema normativo, ed è una nullità assoluta perché attiene alla regolarità del processo e alla tutela del contraddittorio del minore laddove debbano essere adottate disposizioni che incidono sulla sua vita. In quanto nullità assoluta, essa è rilevabile anche d’ufficio nel grado di giudizio in cui si verifica e si converte in motivo di gravame ai sensi dell’art. 161 cpc.

Essendo nel caso di specie stati adottati provvedimenti che hanno grandemente inciso sulla vita dei minori senza che siano stati sentiti, Il Supremo Collegio ha pertanto, in accoglimento del terzo motivo (assorbito il primo), cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia che, in diversa composizione, dovrà procedere all’ascolto, disciplinando altresì la statuizione delle spese di lite, comprese quelle per il giudizio di legittimità.

La pronuncia si segnala per un preciso excursus sia della normativa sovranazionale che di quella nazionale, che delle pronunce di legittimità dal 2009 ad oggi sul tema.

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