La Corte di Cassazione analizza i tratti dell’affidamento condiviso e di quello esclusivo

07 FEBBRAIO 2025 | Affidamento dei figli

di Avv. Valentina Alberioli

IL CASO. Nel 2019 Tizio adiva il Tribunale di Torino, chiedendo la modifica del provvedimento con cui lo stesso Tribunale aveva disposto, tra l’altro, l’affidamento condiviso del figlio Sempronio, con collocamento presso il padre.

A sostegno della propria domanda il ricorrente adduceva il comportamento oppositivo della madre Caia, la quale aveva impedito la prosecuzione di una terapia psicologica a beneficio del figlio, che aveva sortito effetti positivi. Egli chiedeva, quindi, che ne fosse disposta la prosecuzione, oltre all’affidamento super-esclusivo (o comunque esclusivo) di Sempronio al padre e la riduzione dei tempi di permanenza del figlio presso la madre.

Il Tribunale di Torino, tenuto conto della c.t.u. precedentemente espletata e del relativo supplemento, confermava l’affidamento condiviso di Sempronio, disponendo l’esercizio disgiunto della responsabilità genitoriale sulle questioni di ordinaria amministrazione, riduceva i tempi di permanenza del minore presso la madre, e disponeva “la presa in carico dei genitori da parte del Servizio sociale affinché fosse sostenuto un percorso di mitigazione della conflittualità tra loro e di ripresa delle loro modalità comunicative, necessarie per una sana crescita del figlio”.

Avverso tale provvedimento Tizio proponeva reclamo innanzi alla Corte d’Appello di Torino.

Quest’ultima riteneva non sussistessero i presupposti per l’affidamento super-esclusivo di Sempronio al padre, “applicabile nei casi di condotte di particolare gravità nei confronti del minore mentre, nella specie, pur emergendo alcune criticità della madre circa le modalità empiriche con cui si rapportava al figlio, l'incapacità di coinvolgerlo emotivamente in attività divertenti nonché l'incapacità decisionale mostrata, era indubbio il reciproco forte legame tra madre e figlio””; inoltre, “sebbene fosse emerso un rapporto ambivalente, con difficoltà emotive rilevate anche durante gli incontri, dalla c.t.u. si desumeva che per la non assoluta gravità degli aspetti critici riscontrati, essi potessero essere mitigati attraverso una psicoterapia”, né “poteva dirsi che [Caia] fosse stata colta da ‘paralisi decisionale’, in quanto si era sempre dimostrata disponibile e collaborativa in ordine alla decisioni da assumere per il figlio”.

Per tali ragioni, la Corte d’Appello di Torino confermava l’affidamento condiviso di Sempronio, rimodulando però il calendario degli incontri madre-figlio e stabilendo che - fermo restando che “le decisioni di maggiore interesse relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore, dovessero essere sempre concordate da entrambi i genitori sia nei contenuti sia nelle modalità attuative” - le decisioni sulle “questioni ordinarie di tipo scolastico, sportivo e ricreativo” potessero essere assunte “in autonomia” dal genitore collocatario cioè il padre.

Avverso il suindicato decreto Tizio ricorreva in cassazione, in base a tre motivi.

Con il primo motivo il ricorrente denunciava violazione ex art. 360, comma 1 n. 3) c.p.c. per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli artt. 337 ter e 337 quater c.c., sostenendo che la Corte d’Appello, nell’avergli attribuito, nell’ambito di un affidamento condiviso, la possibilità - riservata, invece, ad un affidamento esclusivo - di assumere decisioni in autonomia sulle questioni ordinarie di tipo scolastico, sportivo e ricreativo, avesse creato una “figura di affidamento condiviso 'spuria', non prevista dalla normativa, né dall'interpretazione giurisprudenziale”.

Con il secondo motivo Tizio deduceva, invece, nullità della sentenza ex art. 360, comma 1 n. 4) c.p.c., per aver la Corte d’Appello adottato “contraddittorie motivazioni, tra loro del tutto inconciliabili” nella parte in cui aveva delineato i tratti dell’affidamento esclusivo rispetto a quelli dell’affidamento esclusivo cd. rafforzato e aveva ritenuto che, nel caso di specie, non sussistessero i presupposti né per l’uno, né per l’altro, ciò nonostante fosse stata la stessa Corte a “confermare” - richiamando e facendo propri “tutti gli aspetti critici evidenziati dalla c.t.u.” -che Caia non fosse “allo stato … idonea a svolgere la sua funzione genitoriale”.

Con il terzo motivo Tizio denunciava, poi, violazione ex art. 360, comma 1 n. 5) c.p.c., per aver la Corte d’Appello disatteso le conclusioni del c.t.u. in punto affidamento esclusivo “senza sostanziale motivazione di carattere tecnico-scientifico … non potendo, a tal fine, essere considerata valida ragione il riferimento all'insussistenza di una ‘paralisi decisionale’”, “non motivando invece in alcun modo in merito al mancato accoglimento della domanda di affidamento super-esclusivo”.

Caia proponeva ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, con il quale denunciava violazione e falsa applicazione dell’art. 337 ter commi 2 e 3, c.c., in quanto a suo dire l’attribuzione al solo padre del potere di assumere alcune decisioni in autonomia e la previsione del calendario di visita siccome stabilito dalla Corte d’Appello (con incontri madre-figlio limitati a poche ore settimanali e senza alcun pernotto nei periodi scolastici/non festivi) violavano il principio di bigenitorialità e la disciplina dell’affidamento condiviso, “che mira a preservare e a favorire i rapporti costanti e continuativi del minore con tutti e due i genitori”.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 31571 del 2024, ha dichiarato l’inammissibilità di tutti e tre i motivi del ricorso principale.

In particolare, nello statuire sul terzo motivo, il Giudice di legittimità ha colto l’occasione per precisare che

la mera conflittualità riscontrata tra i genitori non coniugati, che vivono separati, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso dei figli ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse (Cass. n. 6535/19)” e che “il disporre l'affidamento congiunto, anziché quello esclusivo, è questione rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale deve avere come parametro normativo di riferimento l'interesse del minore medesimo e, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di riesame in sede di legittimità (Cass. n. 1202/2006)”.

La Corte di Cassazione ha evidenziato come, nel caso di specie, la Corte d’Appello di Torino, confermando l’affidamento condiviso di Sempronio, avesse fatto corretta applicazione dei suddetti principi, in quanto la CTU aveva “escluso la gravità della situazione e, di conseguenza, i presupposti dell’affidamento esclusivo, rilevando che l'affidamento condiviso potesse, allo stato, garantire comunque il miglior interesse del minore”.

La stessa Corte ha, poi, dichiarato l’infondatezza dell’unico motivo del ricorso incidentale, richiamando le norme di rilievo in materia di affidamento dei figli, precisamente l’art. 337 ter, terzo comma, c.c. e l’art. 337 quater, ultimo comma, c.c..

Il Giudice di legittimità ha, infatti, ritenuto che la Corte d’Appello di Torino, nell’attribuire, nell’ambito dell’affidamento condiviso, al solo padre le decisioni relativamente ad alcune questioni di ordinaria amministrazione “nell'implicito presupposto che ciò corrispond[esse] al miglior interesse del minore”, avesse fatto corretta applicazione dell’art. 337 ter, terzo comma c.c., che appunto “conferisce al giudice, limitatamente alle questioni di ordinaria amministrazione, il potere di stabilire l'esercizio separato della responsabilità genitoriale”, così

operando una distinzione tra le “decisioni di maggior interesse” relative ai figli (id est quelle “di indirizzo”), che sono necessariamente rimesse ad entrambi i genitori, e quelle “di ordinaria amministrazione” (legate alla “gestione della vita quotidiana” o, comunque, di “mera attuazione alle decisioni di maggior interesse”), le quali, invece, nell’interesse del minore, possono essere attribuite anche ad un solo genitore.

La Corte ha, altresì, ritenuto che il provvedimento impugnato non avesse violato il principio di bigenitorialità neppure laddove aveva stabilito un collocamento preponderante del minore presso il padre.

Ciò perché

in tema di affidamento condiviso, la frequentazione, del tutto paritaria, tra genitore e figlio che si accompagna a tale regime, nella tutela dell'interesse morale e materiale del secondo, ha natura tendenziale ben potendo il giudice di merito individuare, nell'interesse del minore, senza che possa predicarsi alcuna lesione del diritto alla bigenitorialità, un assetto che se ne discosti, al fine di assicurare al minore stesso la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena (Cass. n. 4790/22)”.

All’esito, la Corte di Cassazione, per le suindicate ragioni, ha, quindi, dichiarato inammissibile il ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale, compensando le spese del giudizio.

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