L’affidamento dei minori ai Servizi sociali

di avv. Rebecca Gelli

Con decreto del 17 novembre 2021, nell’ambito di una controversia tra genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale e al regime di residenza e mantenimento di figli nati fuori dal matrimonio, il Tribunale di Venezia ha confermato l’affidamento dei minori ai Servizi sociali, aderendo alla soluzione cui era pervenuto il C.T.U. in corso di causa, in ordine all’opportunità di un collocamento presso l’abitazione del padre.

Il provvedimento ha, infatti, rilevato che, vista l’archiviazione, per manifesta infondatezza della notitia criminis, del procedimento penale promosso, a seguito alla denuncia della madre, per presunti abusi sessuali commessi dal padre ai danni dei minori, non sarebbero più attuali, né giustificate le esigenze di cautela che avevano spinto il Tribunale a discostarsi provvisoriamente dalle conclusioni rese, in sede di consulenza, dal perito.

I Giudici hanno ritenuto che fosse indispensabile e indifferibile la collocazione del minore fuori dall’abitazione della madre, la quale, decidendo unilateralmente di impedire ai figli la frequenza scolastica, non solo aveva manifestato un atteggiamento di opacità ed intransigenza, contravvenendo agli obblighi di istruzione obbligatoria nei confronti del primogenito, ma aveva anche dimostrato un’incapacità di collaborare nel superiore interesse dei figli, impedendo al padre ogni contatto, anche in modalità protetta (lo scambio con l’altro genitore era stato programmato mediante prelievo dei minori dopo l’orario scolare).

In tal senso, ad avviso del Collegio, le asserite ragioni sanitarie addotte dalla madre costituivano, in realtà, un pretesto per assicurare che i figli non uscissero dalla propria sfera di costante supervisione, nell’ambito di una relazione viziata da tentativi di condizionamento psicologico, finalizzati ad indurre il rifiuto della figura paterna.

Considerate le criticità della figura materna, il decreto ha, dunque, riallocato i figli presso il padre, stabilendo, tuttavia, nel contempo, una residua limitazione della responsabilità genitoriale anche nei confronti di quest’ultimo: sia per la lunga assenza dalla quotidianità dei figli, sia per le difficoltà emerse dall’elaborato peritale, riguardo alla sua capacità di assumere pienamente il proprio ruolo.

Il Tribunale ha, dunque, affidato i minori ai Servizi sociali del Comune di residenza del padre, delegando all’ente le decisioni di maggiore importanza, previa interlocuzione dei genitori, senza onere di preventiva autorizzazione da parte del Tribunale.

Agli assistenti sociali è stato, inoltre, demandato di svolgere un’attenta e marcata attività di monitoraggio sulle condizioni psico-fisiche dei minori, con obblighi di segnalazione immediata delle eventuali situazioni di pregiudizio, e delega ad avviare un percorso di supporto psico-pedagogico, in favore dei minori, e di predisporre un calendario di incontri per la frequentazione, in modalità protetta, con la madre.

La pronuncia rappresenta, anzitutto, un esempio di virtuoso coordinamento tra processo civile e processo penale: in funzione di tutela dei minori, il Tribunale ha, infatti, aderito alla soluzione proposta dal C.T.U. solo a seguito alla pronuncia del G.I.P. che ha definito il procedimento “pregiudiziale” di opposizione all’archiviazione.

Il decreto conferma, inoltre, l’orientamento di alcune sentenze di merito che, in presenza di situazioni problematiche e/o di marcata conflittualità endofamiliare, sono propense ad adottare soluzioni di affidamento extra-parentale dei figli, pur collocati presso un genitore, di fatto delegando le principali scelte relative all’esercizio della potestà genitoriale agli operatori degli uffici preposti degli enti territoriali competenti (da ultimo, Tribunale di Milano, 11 febbraio 2021, n. 1145: Genitori troppo litigiosi? I figli sono affidati al Comune, su APF, 19 marzo 2021).

La decisione pare, infine, in linea con il filone giurisprudenziale che valorizza la c.d. “sindrome da alienazione parentale”, nella forma della “sindrome della madre malevola”, quale possibile sintomo di carenza dei requisiti di idoneità genitoriale: presupposto che va misurato anche in funzione della capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto alla bigenitorialità e alla crescita serena e equilibrata della prole (sul punto si rinvia al Numero speciale PAS, su APF, 19 luglio 2021).

Nel caso di specie, i Giudici giungono, tuttavia, alla decisione, ravvisando una situazione di pregiudizio per i figli minori, all’esito di una valutazione ponderata, basata non soltanto sulle conclusioni della consulenza tecnica, ma anche sull’archiviazione del procedimento penale e sull’atteggiarsi dei rapporti tra la madre e le istituzioni socio-sanitarie e scolastiche, nell’ambito di una valutazione articolata e complessa.

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