Adozione di maggiorenne: finalità patrimoniale e finalità solidaristica

07 FEBBRAIO 2025 | Adozione

di Avv. Chiara Curculescu

IL CASO. Il Tribunale di Asti, nel marzo 2023, respingeva la domanda proposta da una signora novantenne volta all’adozione di un ragazzo maggiorenne che la stessa considerava alla stregua di un nipote, unitamente alla domanda di posposizione del cognome dell’adottante a quello dell’adottando.

La Corte d’Appello di Torino, nell’ottobre 2023, confermava la pronuncia di primo grado sul presupposto che non erano emersi elementi circa l’esistenza di “una storia personale” o di “un contesto familiare tra adottante ed adottando” e che, al di là del rapporto di amicizia tra la signora e la famiglia dell’adottando, quest’ultimo ricoprisse più una funzione di sostegno e assistenza dell’adottante per le sue necessità di cura.

Avverso tale decisione, con la quale sostanzialmente veniva dato rilievo preponderante all’aspetto solidaristico dell’istituto e veniva nel caso di specie negata la sussistenza di un inserimento di fatto dell’adottando nel contesto familiare dell’adottante, questi proponevano ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi: con il primo veniva lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art.291 c.c. nella parte in cui non era stato in alcun modo tenuto conto della funzione anche patrimoniale dell’istituto dell’adozione di maggiorenne; con il secondo si evidenziava che la Corte ben avrebbe potuto verificare che, in realtà, anche nell’ottica solidaristica, erano presenti tutte le condizioni previste agli artt. 291, 296, 297, 311 e 312 c.c.; con il terzo veniva denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali e dell’art. 8 CEDU; infine, con l’ultimo motivo, veniva censurata la violazione dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 299 c.c. con riguardo alla richiesta di posposizione del cognome dell’adottante a quello dell’adottando.

LA DECISIONE.  Con ordinanza n. 29684 del 19 novembre 2024 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dalla adottante e dall’adottando, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Torino.

La Suprema Corte si è soffermata anzitutto su un conciso riepilogo dei presupposti per l’applicazione dell’istituto dell’adozione di maggiorenne, evidenziando – così come rilevato nella sentenza 89/1993 della Corte Costituzionale – che tale tipo di adozione è “essenzialmente determinata dal consenso dell'adottante e dell'adottando, giacché il controllo del Tribunale verte sui requisiti che legittimano l'adozione, essendo rimesso al giudice il ristretto potere di valutare se l'adozione "conviene" all'adottando” rilevando inoltre come “al giudice non è attribuito alcun discrezionale apprezzamento dell'interesse della persona dell'adottando, né possono essere effettuati quegli incisivi controlli previsti per l'adozione di minori, che significativamente rispecchiano la diversità di presupposti e di finalità dei due istituti”.

Le condizioni e i requisiti che debbono essere vagliati dal Tribunale rimangono fermi anche alla luce della linea evolutiva adottata dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità in relazione alla configurazione sociologica dell’istituto in questione, quale “strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, in cui assumono crescente rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali” (sentenza Corte Costituzionale n.5/2024).

Pertanto, oltre alla tradizionale funzione patrimoniale, l’adozione di maggiorenne è oggi caratterizzata da una funzione solidaristica, ferme restando le condizioni previste per l’autorizzazione da parte del Tribunale.

Sul presupposto di tali principi, tenuto conto che comunque nel caso di specie dovevano ritenersi soddisfatti tutti i requisiti di legge, la Suprema Corte ha anche ritenuto sussistere un reale e autentico rapporto affettivo e accuditivo tra adottante e adottando.

Sotto il profilo rilevato con il quarto motivo di censura, avente ad oggetto la questione della posposizione del cognome, la Suprema Corte, pur ritenendo assorbita la questione che è stata rimessa al giudice del rinvio, ha richiamato la sentenza n.135/2023 della Corte Costituzionale, la quale ha statuito l’illegittimità costituzionale dell’art. 299 c.c. nella parte in cui non consente di aggiungere, con la sentenza di adozione, il cognome dell’adottante a quello dell’adottato maggiorenne, laddove vi sia il consenso di entrambi.

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