Le condotte violente determinano di per sé l’addebito della separazione

14 MARZO 2024 | Addebito

di Avv. Barbara Carnio

La Cassazione con la recente ordinanza n. 5171 del 27.02.2024 ha confermato l’addebito della separazione alla moglie che ha aggredito il marito in un bar, nonostante la convivenza fosse già cessata (da circa sei mesi) e il giudizio di separazione fosse stato avviato soltanto due anni più tardi. Tale episodio costitutiva, invero, uno dei ripetuti atti di violenza agiti dalla moglie a danno del marito.

I giudici di legittimità hanno confermato il costante orientamento giurisprudenziale per il quale “le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole - quand'anche concretantisi in un unico episodio di percosse, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l'intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale” (cfr. Cass. n. 27324/2022 Cass. 3925/2018; Cass. n. 7388/2017 e Cass. n. 433/2016).

In presenza di un episodio di violenza è, quindi, irrilevante sia che la crisi matrimoniale si fosse già manifestata, sia che la convivenza tra i coniugi fosse già cessata. Né vi è la necessità che il giudice di merito, nel decidere sull’addebito, effettui una valutazione globale e comparativa del contegno di entrambi i coniugi.

La Cassazione ha, inoltre, ritenuto inammissibile il motivo di ricorso che denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 151, comma 2 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. In particolare l’appellante deduceva che la sentenza d’appello avesse totalmente ignorato la sentenza penale che l’aveva assolta dal reato contestatole, di maltrattamenti in famiglia per insussistenza del fatto.

La suprema Corte ha rammentato che “il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento” (cfr. anche Cass. n. 16818/2018 e Cass. n. 19150/2016).

Al contrario, nel caso de quo la Corte d’Appello ha espressamente ritenuto che l’episodio di violenza (verbale e fisica) commesso dalla ricorrente a danno del marito fosse di per sé sufficiente a giustificare l’addebito della separazione.

La sentenza penale di assoluzione (“prova atipica rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito all’esito di un confronto critico con le altre risultanze del processo”) non era quindi rappresentativa di alcun fatto decisivo e non avrebbe consentito di giungere a conclusioni diverse in merito alla domanda di addebito.

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