Il giudice può emettere la sentenza non definitiva di separazione prima della pronuncia sull’addebito

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12057 del 22 giugno 2020, rigettando l’impugnazione proposta avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 419/2018, che aveva confermato la sentenza non definitiva del giudice di primo grado, il quale “…aveva pronunciato la separazione immediata dei coniugi prima della pronuncia di accertamento sulla domanda di addebito…”.

IL CASO. La moglie aveva interposto appello avverso la sentenza non definitiva del Tribunale di Firenze che aveva pronunciato la immediata separazione personale dei coniugi, rimettendo al prosieguo del giudizio l’esame delle domande consequenziali, tra cui le reciproche richieste di addebito. 

La Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza 419/2018, respingeva l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado, condannando l’appellante alla rifusione delle spese di lite nonché al pagamento in favore del convenuto della somma di € 5.000,00 ex art. 96, terzo comma c.p.c.. 

Avverso tale pronuncia la moglie proponeva ricorso per Cassazione denunciando, tra l’altro, “…la violazione e falsa applicazione degli artt. 99,100,112, 709 bis cpc e 151 cc …” sostenendo che il giudice “…nel caso in cui siano state proposte domande reciproche di addebito come nella fattispecie, non poteva emettere sentenza parziale ex art. 709 bis c.p.c. di separazione prima di accertare la condotta delle parti…”.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso ed ha ribadito che

“…l’art. 709 bis cpc prevede espressamente la possibilità di emettere una pronuncia immediata di separazione tra coniugi separatamente dalla pronuncia di addebito…”.

Inoltre ha sottolineato come, già prima dell’entrata in vigore dell’art. 709 bis cpc, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 13312/1999) avesse ritenuto applicabile anche ai giudizi di separazione “…la disposizione di cui all’art. 4, comma nono, della legge 898 del 1970 nella formulazione introdotta dall’art. 8 della legge n. 74 del 1987, in tema di procedimento di divorzio, secondo la quale il tribunale può emettere sentenza non definitiva, immediatamente appellabile, in ordine alla pronuncia relativa allo status, con remissione alla sentenza definitiva di ogni altra decisione sui provvedimenti accessori…”. 
Ciò evidenzia il particolare interesse della Suprema Corte ad evitare condotte processuali dilatorie che possano incidere sul diritto di una delle parti ad ottenere una pronuncia sollecita sullo “status” separativo. 

Va opportunamente sottolineato che, ad avviso della Corte di Cassazione, l’art. 709 bis c.p.c. legittimerebbe in modo esplicito la possibilità di una pronuncia sul vincolo anche ex officio: “...l’art. 709 bis c.p.c. stabilisce in modo espresso che si può procedere officiosamente alla decisione parziale sul vincolo separativo, quando il processo deve proseguire per le statuizioni consequenziali…” (Cass. Civ. Ord. 20166/19).

Sul punto si è espressa in senso critico autorevole dottrina, la quale ha sottolineato che “…le norme di legge non attribuiscono un potere di pronuncia officiosa in modo esplicito…” con la conseguenza che “…anche il meritorio obiettivo di una sollecita definizione del processo sullo status non pare  … sufficiente a dotare illico et immediate il giudice di un potere officioso incondizionato per detta pronuncia, il cui vaglio va comunque ponderato nella singola fattispecie di riferimento…” (Filippo Danovi, IPSOA, Famiglia e Diritto, 2/2020, pagg. 130 e ss.).
 

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