Quando la cessione di partecipazioni societarie dissimula un accordo illecito tra coniugi

11 GENNAIO 2024 | Matrimonio

di avv. Maida Milàn

IL CASO Riguarda due coniugi, Mevia e Caio: il marito, Caio, amministratore unico e, successivamente, liquidatore, della società Alfa, mentre la moglie, Mevia, deteneva alcune quote della società Beta. Insieme, Mevia e la società Alfa, rappresentata da Caio, concludevano un accordo in base al quale Mevia vendeva ad Alfa le proprie quote della società Beta.

Successivamente, la società Alfa conveniva in giudizio Mevia per sentir dichiarare la nullità o invalidità del contratto di cessione onerosa delle partecipazioni sociali stipulato tra le parti, per illiceità della causa, e condannare Mevia alla restituzione del corrispettivo ricevuto. Nel merito, Alfa argomentava che la cessione delle partecipazioni sociali aveva, in realtà, lo scopo di definire anticipatamente i rapporti patrimoniali tra i coniugi Mevia e Caio, in procinto di separazione, e non, invece, quello di regolare rapporti economici societari.

Mevia si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande avversarie, e la condanna della società Alfa al pagamento del corrispettivo residuo ancora dovuto e non ancora versato. Il Tribunale adito dichiarava la nullità del contratto di cessione. Mevia proponeva appello avverso la sentenza di primo grado. Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'Appello lo rigettava confermando integralmente la sentenza impugnata.

A sostegno della decisione adottata, la Corte territoriale rilevava che il contratto concluso tra Mevia e la società Alfa realizzava una simulazione oggettiva parziale. Il pagamento effettuato dalla società Alfa in favore di Mevia rappresentava, in realtà, il versamento di quanto sarebbe stato dovuto dal marito Caio a titolo di assegno di mantenimento e assegno divorzile, in previsione della imminente separazione. Di conseguenza, l'atto di cessione delle partecipazioni societarie risultava nullo ai sensi dell'articolo 160 del Codice civile, in quanto volto ad anticipare la definizione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi.

Avverso la sentenza d'appello, Mevia proponeva ricorso per Cassazione. La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza n. 32724 del 24/11/2023, ha accolto il suo ricorso.

Secondo gli Ermellini la Corte d'appello non ha fornito alcuna argomentazione a supporto della ricostruzione dell'operazione negoziale in termini di simulazione, la quale postula che le parti del contratto simulato pattuiscano che tale negozio costituisca una mera apparenza, non li vincoli e sia quindi privo di qualsiasi funzione (simulazione assoluta) ovvero che il negozio apparentemente posto in essere serva ad occultare un diverso ed effettivo impegno negoziale delle parti (simulazione relativa).

Ai fini dell'invalidità del contratto intercorso tra le parti la Corte d'appello ha genericamente richiamato l'intento di definire, in via anticipata, l'adempimento dei doveri coniugali, in sintonia con l'orientamento a mente del quale gli accordi con i quali i coniugi fissano preventivamente il regime giuridico-patrimoniale in vista della futura separazione o del futuro divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espresso dall'art. 160 del Codice civile (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 20745 del 28/06/2022; Sez. 1, Sentenza n. 2224 del 30/01/2017; Sez. 1, Sentenza n. 1810 del 18/02/2000).

Sebbene l'individuazione della causa simulandi, cioè del motivo concreto per il quale le parti abbiano posto in essere un contratto in realtà non voluto, dando vita ad una mera apparenza, sia rilevante per fornire indizi circa l'esistenza dell'accordo simulatorio, nel caso in esame la Corte d'appello non ha precisato se la cessione delle partecipazioni societarie sia effettivamente avvenuta nella sua interezza o solo in parte e, in conseguenza, in quali termini detta traslazione di partecipazioni abbia inciso sulla misura del corrispettivo, ossia quale parte del corrispettivo sia stata destinata a far fronte all'acquisto e quale alla finalità ulteriore programmata.

Inoltre, a fronte del richiamo alla paventata definizione anticipata delle condizioni di separazione, la Corte d’appello non ha nemmeno chiarito in quale modo sia stato regolamentato l'assetto dei rapporti coniugali in ragione dell'operazione negoziale effettuata, anche in vista della rinuncia a future pretese da esercitare in sede di separazione o divorzio.

Tali carenze sono talmente radicali da escludere che sia ravvisabile una fattispecie di simulazione secondo la definizione resa dall'art. 1414 del Codice civile, e, dunque, da implicarne la relativa violazione. Ne discende che il Giudice di rinvio dovrà nuovamente esaminare i fatti di causa, allo scopo di addivenire alla corretta qualificazione giuridica della fattispecie, fornendo gli elementi di riscontro e valutando, se necessario, l'integrazione del contraddittorio nei confronti del marito Caio.

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