Nipoti trentenni: i nonni devono ancora provvedere al loro mantenimento?

di avv. Luana Momesso

IL CASO: La Corte d'appello, confermando la sentenza di primo grado, aveva respinto la domanda di G.A., nonno di due ragazzi nati nel 1991 e nel 1993, di revoca dell’assegno ex art. 148 c.c. riconosciuto a favore dei due nipoti.

Il Tribunale di Salerno aveva dichiarato la sussistenza dei presupposti per la concessione dell’assegno, in quanto il padre era premorto e la madre era titolare di un reddito molto modesto, mentre il nonno, oltre alla pensione, disponeva di rendite di proprietà.

La Corte territoriale confermava la decisione di primo grado, ritenendo irrilevante il prospettato mutamento delle condizioni dell’obbligato, in quanto i nipoti beneficiari, pur maggiorenni, non avevano ancora raggiunto l’autosufficienza economica.

Con un solo motivo di impugnazione il nonno ricorreva in Cassazione lamentando la violazione degli artt. 147, 148 e 1362 c.c. in quanto la Corte d’Appello non aveva distinto correttamente tra alimenti e mantenimento; non aveva inoltre considerato che l’obbligo dei nonni è sussidiario rispetto ai genitori e limitato alla parte in cui questi non vi possano provvedere: la madre, a seguito di accertamenti tributari, risultava percepire uno stipendio/pensione di € 770,00 mensili.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, accoglie il motivo di ricorso, ordinando alla competente Corte d’Appello di provvedere secondo le indicazioni rese nella decisione.

Il giudice di legittimità, richiamando un orientamento consolidato, evidenzia che l’obbligo di mantenimento dei figli minori spetta primariamente ed integralmente ai genitori: se uno dei due non adempie l’altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte alle loro esigenze per intero, con le proprie sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, fermo restando il diritto di agire nei confronti del genitore inadempiente.

L’obbligazione dei nonni, di fornire ai genitori i mezzi per adempiere ai loro doveri verso i figli, deve quindi intendersi esclusivamente di natura sussidiaria rispetto a quella primaria dei genitori, e non può essere invocata per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo economico ai figli, qualora l’altro genitore sia in grado di mantenerli. Deve sussistere, quindi, un’oggettiva impossibilità di entrambi i genitori a provvedere ai figli.

Dopo questa precisazione, la Corte ha valutato la situazione attuale dei beneficiari: il diritto dei nipoti, maggiorenni, a percepire l’assegno di mantenimento dai nonni risaliva al 1999, oltre 20 anni prima della pronuncia.

La Corte in merito osservava che: “ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente indipendenti ovvero il diritto all’assegnazione della casa familiare, il giudice è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l’assegnazione dell’immobile, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e misura”.

Tale principio deve ritenersi applicabile, in via analogica, anche all’obbligo di mantenimento nei confronti degli ulteriori discendenti: i nipoti, quindi, ormai adulti (trentenni), avendo raggiunto una maturità psico-fisica, ben avrebbero potuto inserirsi nel mondo del lavoro.

La Corte, ha compiuto un ulteriore passaggio rilevante, valorizzando il lungo periodo temporale decorso dall’ordinanza che accertò il diritto al mantenimento al momento attuale, anche alla luce dell’introduzione, da parte del legislatore, del “reddito di cittadinanza”, ovvero di uno strumento di sostegno al reddito quale misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, all’uguaglianza e all’esclusione sociale, ad integrazione dei redditi dei familiari, in particolare, nel caso in esame, di quello della madre.

Afferma la Corte, in conclusione, che “l’età dei beneficiari del mantenimento, il lungo tempo decorso dal riconoscimento del diritto, e la concreta possibilità normativa di accedere alla suddetta misura di sostegno sociale (c.d. reddito di cittadinanza), inducono a ritenere che la Corte territoriale non abbia correttamente valutato, nel loro insieme e nella complessità del quadro normativo, i presupposti dell’obbligo di mantenere i due nipoti del ricorrente”.

L’ordinanza in esame, riprende il proprio recente orientamento per cui: “l'accertamento dell'impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari non può poi prescindere dalla verifica dell'accessibilità dell'alimentando a forme di provvidenza che consentano di elidere, ancorché temporaneamente, lo stato di bisogno. E' da credere, infatti, che, nella partita del diritto agli alimenti, la colpevole mancata fruizione di tali apporti giochi lo stesso ruolo dell'imputabile mancanza di un reddito di lavoro; nell'uno e nell'altro caso si delinea l'insussistenza di quell'impedimento oggettivo ad ovviare al lamentato stato di bisogno che è condizione per l'insorgenza del diritto in questione” (Cass. Civ., I sez. del 20.12.2021, n. 40882).

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