Le regole sulla sinteticità degli atti: una prima controversa applicazione del Giudice di Pace di Verona

04 DICEMBRE 2023 | Varie

di Avv. Massimo Osler

Con decreto del 29.09.2023 il Giudice di Pace di Verona, dopo aver accolto la richiesta di ingiunzione di pagamento formulata dal ricorrente, ha compensato le spese di lite tra le parti “per violazione dei criteri di forma e redazione degli atti giudiziari ex art. 46 disp. att. cpc in riferimento agli artt. 6 e 8 DM n. 110 del 07.08.2023 (dimensioni carattere ed interlinea)”.  

Per la precisione, unico motivo per cui il Giudice di Pace di Verona non ha condannato il resistente soccombente al pagamento delle spese legali a favore del ricorrente è il fatto che quest’ultimo aveva redatto l’atto introduttivo usando una dimensione del carattere e un’interlinea diversi da quelli indicati all’art. 6 del DM n. 110/2023, il quale dispone le seguenti tecniche redazionali: “gli atti sono redatti  mediante  caratteri  di  tipo  corrente, preferibilmente: a) utilizzando caratteri di dimensioni di 12 punti; b) con interlinea di 1,5; c) con margini orizzontali e verticali di 2,5 centimetri”.

Tale decisione ha determinato la reazione di molti organismi istituzionali, a partire dall’Unione Nazionale delle Camere Civili, che, attraverso il proprio Presidente, ha segnalato la vicenda al Ministro della Giustizia, osservando che “non sembra giusto lasciare interamente a carico di chi ha ragione il costo di un procedimento per problemi di carattere e di interlinea”. Allo stesso modo, l’Organismo Congressuale Forense ha osservato che “l’abnormità del provvedimento dà corpo, da un lato, all’irragionevolezza della norma, che ha il solo effetto di introdurre odiose sanzioni lasciate alla discrezionalità del giudice e, dall’altro lato, la sua totale inutilità ai fini processuali, non favorendo in alcun modo il contenimento dei tempi del giudizio”.

La decisione in commento rappresenta un’erronea interpretazione della norma de qua, in quanto l’art. 6 del DM n. 110/2023 non ha affatto carattere perentorio, limitandosi a fornire una mera indicazione di preferenza: dunque, il mancato rispetto delle indicazioni in essa contenute non avrebbe comunque potuto giustificare l’applicazione di una sanzione, tantomeno in deroga alla regola della soccombenza che disciplina le spese di lite.

L’art. 46 delle disposizioni di attuazione al cpc prevede che il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla redazione degli atti possa essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo, ma il medesimo non si può certo applicare anche alle indicazioni meramente preferenziali, quali sono quelle sulla dimensione del carattere e sull’interlinea.

Sia pur in occasione di una pronuncia così abnorme, si è riacceso il dibattito in ordine alle criticità del nuovo regolamento ministeriale che definisce i criteri per la redazione di atti giudiziari chiari e sintetici (DM n. 110 del 07.08.2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 187 in data 11.08.2023, da applicarsi ai procedimenti introdotti dopo il 01.09.2023).

In sintesi e in termini di novità il predetto decreto prevede:

- un massimo venti parole chiave per individuare l’oggetto del giudizio e la preferenza per i collegamenti ipertestuali con riferimento ai documenti offerti in comunicazione (cfr. art. 2 del DM n. 110/2023);

- dei limiti dimensionali per gli atti processuali relativi al giudizio civile quando il valore della causa è inferiore ad € 500.000 (cfr. artt. 1 e 3 del DM n. 110/2023);

- i predetti limiti dimensionali si differenziano poi a seconda del tipo di atto: 80.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 40 pagine, per gli atti introduttivi, di intervento e chiamata di terzi, per le comparse e note conclusionali, nonché per gli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione; 50.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 26 pagine per le memorie, le repliche e in genere per tutti gli altri atti del giudizio; 10.000 caratteri, corrispondenti  approssimativamente a 5 pagine per le note scritte in sostituzione dell’udienza “quando non è necessario svolgere attività difensive possibili soltanto all'udienza” (cfr. art. 3 del DM n. 110/2023);

- la conseguente previsione di deroghe a detti limiti dimensionali, ove la controversia presenti questioni di particolare complessità con la precisazione che, in tal caso, il difensore è tenuto ad esporre sinteticamente nell’atto le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento dei limiti, ovvero in caso di proposizione di una domanda riconvenzionale, di una chiamata di terzo, di un atto di integrazione del contraddittorio, di un  atto di  riassunzione  o  di  un'impugnazione  incidentale e che, in ogni caso, non sono subordinate all’autorizzazione del giudice (cfr. art. 5 del DM n. 110/2023);

- l’indicazione (preferenziale) dei caratteri di redazione degli atti (carattere di tipo corrente, dimensioni, interlinea e margini orizzontali e verticali) (cfr. art. 6 del DM n. 110/2023);

- la disposizione che gli atti giudiziari siano corredati dalla compilazione di schemi informatici conformi alle specifiche tecniche di cui all’art. 34 del DM n. 44/2011 (cfr. art. 8 del DM n. 110/2023).

Si noti, infine, che, per i provvedimenti dei giudici, la disciplina risulta diversa, in quanto non sono previsti per gli atti del giudice i limiti dimensionali di cui all’art. 3 e i criteri di cui agli artt. 2 e 6 sono applicabili solo “in quanto compatibili”, con una formulazione che ha quindi poca utilità pratica, riferendosi i predetti criteri agli atti di parte. 

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