Patti successori: la Cassazione ne definisce gli elementi costitutivi

16 FEBBRAIO 2024 | Successioni e donazioni

di avv. Fulvia Cattarinussi

La Corte di Cassazione, sez. II civile, con sentenza n. 722 del 9 gennaio 2024, ha chiarito che “per stabilire se una determinata pattuizione rientra nell’ipotesi stabilita dall’art. 458 c.c., è necessario accertare: 1) che il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) che la cosa o i diritti formanti l’oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione o siano comunque compresi nella stessa; 3) che il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così dello ius poenitendi; 4) che l’acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) che il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, avvenga mortis causa, ossia a titolo di eredità o di legato”.

IL CASO.

IL TRIBUNALE. Tizio, con atto di citazione, chiedeva al Tribunale la revoca, ex art. 803 c.c., della donazione di quote di partecipazione della società Alfa avvenuta in data 18.12.2008 che il medesimo Tizio aveva disposto in favore delle sorelle Caia e Sempronia.

Le sorelle si costituivano eccependo che l’atto, formalmente intestato come donazione, in realtà costituiva di fatto l’esecuzione di un accordo formalizzato con scrittura privata del 15.11.2008, con il quale i genitori avevano inteso definire, assieme ai figli, il futuro assetto della divisione dei propri beni tra i figli medesimi.

Le convenute deducevano che detto accordo (sottoscritto da tutti i membri della famiglia) contemplava appunto anche l’impegno di Tizio di cedere alle sorelle le quote della società Alfa di cui era titolare, al fine di riequilibrare precedenti attribuzioni dei genitori effettuate in favore dello stesso Tizio. 

Secondo le convenute, pertanto, la donazione di cui Tizio chiedeva la revocazione veniva in realtà a dissimulare un negozio con funzione solutoria, in adempimento dell’impegno precedentemente assunto dall’attore stesso con la citata scrittura privata.

Tizio replicava deducendo la nullità della scrittura privata datata 15.11.2008 in quanto in violazione del divieto dei patti successori di cui all’art. 458 c.c.

Il Tribunale definiva il giudizio respingendo la domanda di Tizio, escludendo la sussistenza dei presupposti per poter qualificare l’atto pubblico del 18.12.2008 come donazione dal momento che (i) risultava del tutto assente in capo al disponente lo spirito di liberalità, risultando che l’attore medesimo aveva operato in esecuzione della scrittura privata del 15.11.2008 e che (ii) mancava l’effettivo depauperamento dell’attore, in quanto era emerso che, pur essendo le quote formalmente intestate a Tizio, l’attribuzione patrimoniale proveniva di fatto dai genitori delle parti ed aveva la finalità di riequilibrare precedenti attribuzioni fatte al medesimo Tizio dai genitori stessi.

Per il Tribunale in sostanza l’atto pubblico di donazione del 18.12.2008 dissimulava un negozio meramente solutorio, in esecuzione della scrittura privata datata 15.11.2008.

LA CORTE D’APPELLO.   Sull’appello di Tizio si pronunciava la Corte d’appello di Milano, accogliendo il gravame. Secondo i Giudici di secondo grado, pur avendo il giudice di prime cure correttamente negato all’atto pubblico del 18.12.2008 la natura di donazione (data l’assenza dei due requisiti di cui all’art. 769 c.c.), ed altrettanto correttamente concluso che detto atto pubblico doveva collegarsi funzionalmente alla scrittura privata del 15.11.2008 (perseguendo lo scopo di realizzare un progetto divisionale del patrimonio dei genitori), aveva proceduto ad una errata interpretazione della scrittura privata del 15.11.2008.

Infatti secondo la Corte quest’ultima integrava un patto successorio, avendo le parti stipulato l’intesa in qualità di aventi diritto alla successione non ancora aperta dei genitori. In tale contesto risultava che la comune intenzione delle parti medesime era quella di riequilibrare le rispettive situazioni patrimoniali nell’ottica della futura successione dei genitori, con rinunzia altresì al diritto di contestare in futuro le donazioni effettuate dai genitori.

La relativa nullità, potendo essere rilevata d’ufficio anche in grado di appello, comportava sia la nullità della scrittura privata datata 15.11.2008 sia la nullità del successivo atto pubblico del 18.12.2008, il quale veniva a consistere in un atto solutorio privo di causa meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. e quindi nullo. Inoltre la nullità derivava anche dall’essere in frode alla legge ex art. 1344 c.c., essendo finalizzato a realizzare uno scopo illecito. 

LA CORTE DI CASSAZIONE. Per cassazione ricorrevano Caia e Sempronia sulla base di sette motivi, di cui:

  • col sesto motivo, deducevano la violazione o falsa applicazione degli artt. 458, 1322, 1362 c.c. per avere la Corte d’appello di Milano erroneamente ritenuto che la scrittura privata 15.11.2008 costituisse un patto successorio dispositivo e abdicativo nullo. Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe attribuito alla decisione di primo grado conclusioni che invece in quest’ultima non sono formulate, avendo il Tribunale affermato unicamente che l’intesa in questione mirava a riequilibrare le posizioni dei contraenti ed a realizzare un progetto divisionale del patrimonio ereditario. La decisione si poneva quindi in contratto con l’art. 1362 c.c.
  • col settimo motivo, deducevano la violazione o falsa applicazione dell’art. 1344 c.c. per avere la Corte d’appello di Milano erroneamente ritenuto che l’atto pubblico del 18.12.2008 costituisse un contratto in frode alla legge.

Le ricorrenti impugnavano la decisione nella parte in cui questa aveva ritenuto che l’atto pubblico costituisse un contratto in frode alla legge in quanto finalizzato ad eludere il disposto di cui all’art. 458 c.c., argomentando che sia la scrittura privata datata 15.11.2008 sia il menzionato atto pubblico del 18.12.2008 concernevano beni che erano già nella titolarità di Tizio e quindi non potevano integrare una violazione dell’art. 458 c.c..

In sostanza, secondo le ricorrenti, la Corte d’appello avrebbe erroneamente attribuito al contenuto della scrittura privata datata 15.11.2008 una finalità abdicativa rispetto ai diritti derivanti ai legittimari dall’apertura della successione, senza che invece una simile volontà emergesse in modo univoco dalla scrittura medesima.

LA SENTENZA. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso ritenendo fondati i suindicati motivi, ricordando che

per stabilire se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all’art. 458 c.c. occorre accertare: 1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa; 3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così dello ius poenitendi; 4) se l’acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, debba aver luogo mortis causa, ossia a titolo di eredità o di legato”.

Infatti, “in tema di patti successori, l’atto mortis causa, rilevante gli effetti di cui all’art. 458 c.c., è esclusivamente quello nel quale la morte incide non già sul profilo effettuale (ben potendo il decesso di uno dei contraenti fungere da termine o condizione), ma sul piano causale, essendo diretto a disciplinare rapporti e situazioni che vengono a formarsi in via originaria con la morte del soggetto o  che dalla sua morte traggono comunque una loro autonoma qualificazione, sicché la morte deve incidere sia sull’oggetto della disposizione sia sul soggetto che ne beneficia: in relazione al primo profilo l’attribuzione deve concernere l’id quod superest, ed in relazione al secondo deve beneficiare un soggetto solo in quanto reputato ancora esistente al momento dell’apertura della successione”.

La Corte di Cassazione ha evidenziato che la Corte territoriale, con la sentenza impugnata, ha omesso di verificare la presenza di almeno due dei presupposti individuati dalla stessa Corte ai fini dell’applicazione dell’art. 458 c.c. e cioè, (i) da un lato, se i promittenti – e cioè i genitori delle parti – avessero inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi così dello ius poenitendi e, (ii) dall’altro lato, se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, avesse avuto luogo mortis causa, ossia a titolo di eredità o di legato, dovendosi osservare, anzi, che la stessa scrittura del 18.12.2008 costituiva di fatto una donazione e non un’attribuzione mortis causa.

In conclusione, la Corte di cassazione, ribadito anche “il principio per cui l’impegno assunto da fratelli, d’intesa con i genitori, di procedere a forma di conguaglio o compensazione per la differenza di valore dei beni loro donati in vita dai genitori non viola il divieto di patti successori, in quanto non viene ad investire i diritti spettanti sulla futura successione mortis causa del genitore ed anzi non trova in quest’ultima il presupposto causale”, ha stabilito che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto di ravvisare, in simile pattuizione, una ipotesi di violazione del disposto di cui all’art. 458 c.c..

Alla luce di quanto sopra, la Corte di cassazione quindi accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

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