Effetti della mancata redazione dell’inventario sull’esperimento dell’azione di riduzione

30 SETTEMBRE 2024 | Successioni e donazioni

di avv. Alessandra Buzzavo

Con l’ordinanza di data 11.7.2024 n. 19010 la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema relativo agli effetti della mancata redazione dell’inventario sull’esperimento dell’azione di riduzione promossa dal legittimario nei confronti di un terzo.

IL CASO.

La moglie ed i figli di Tizio hanno convenuto in giudizio avanti il Tribunale di Caltanissetta Caio, nipote di Tizio, deducendo che il de cuius aveva trasferito al convenuto tutti gli immobili del quale era proprietario.

Gli attori chiedevano quindi l’annullamento degli atti di compravendita posti in essere dal defunto in favore del nipote per incapacità naturale del venditore e, in subordine, l’accertamento della simulazione delle compravendite dissimulanti donazioni, con conseguente riduzione delle stesse nella misura necessaria alla reintegra delle quote di legittima degli attori.

Il Tribunale di primo grado ha dichiarato prescritta l’azione di annullamento per incapacità naturale e ha dichiarato l’improponibilità dell’azione di riduzione non avendo gli attori eseguito l’inventario nel termine di tre mesi dall’accettazione beneficiata, come previsto dall’art. 487, II co., c.c., oltre a non aver fornito la prova della loro totale pretermissione.

La Corte d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda di simulazione degli atti di compravendita stipulati dal de cuius, in quanto dissimulanti delle donazioni, procedendo altresì alla riduzione degli stessi nella misura della metà in favore del coniuge del defunto e di un quarto in favore dei figli.

I giudici di secondo grado hanno ritenuto che gli attori fossero terzi rispetto alle compravendite poste in essere dal de cuius e pertanto non avessero limiti della prova della simulazione, che - a giudizio della Corte - era stata assolta dai medesimi.

CORTE DI CASSAZIONE.

Caio proponeva ricorso per Cassazione per tre motivi.

Per quanto qui rileva, con il primo motivo veniva denunciata la violazione degli artt. 484, 487 e 564 c.c..

In particolare, secondo il ricorrente, la condizione di erede pretermesso deve essere provata da colui che la allega; inoltre, l’accettazione beneficiata degli attori non era stata seguita da tempestivo e completo inventario, così che gli stessi erano da considerarsi eredi puri e semplici e pertanto non erano legittimati all’esperimento di azione di riduzione nei confronti del terzo Caio, nipote del de cuius.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi.

Richiamati i principi elaborati dalla giurisprudenza secondo cui il legittimario pretermesso non è chiamato all’eredità, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento dell’azione di riduzione, nella sentenza della Suprema Corte viene anzitutto precisato che la condizione della preventiva accettazione beneficiata stabilita dal primo comma dell’art. 564 c.c. vale soltanto per il legittimario che ricopra anche lo status di erede e non già per il legittimario totalmente pretermesso dal testatore (Cass. 28632/2011).

La totale pretermissione di un legittimario può verificarsi sia nella successione testamentaria laddove il testatore abbia disposto delle proprie sostanze in favore di altri, sia nella successione ab intestato qualora il de cuius abbia disposto in vita a titolo di donazione di tutti i suoi beni e non vi siano beni relitti.

Da qui l’ulteriore corollario secondo cui il legittimario totalmente pretermesso che agisca a tutela dei propri diritti, impugnando per simulazione atti posti in essere dal de cuius, agisce in qualità di terzo e non in veste di erede e non è pertanto soggetto alla condizione della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario in quanto sarà chiamato alla successione solo all’esito del positivo esperimento dell’azione di riduzione.

Viceversa l’erede che voglia promuovere azione di simulazione nei confronti di un atto dispositivo del defunto posto in essere in favore di un terzo, soggiace all’obbligo della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario come disposto dall’art. 564 cc., a tutela dei legatari e dei terzi che devono essere messi nelle condizioni di conoscere l’entità del patrimonio ereditario rispetto al quale il legittimario lamenta la lesione della propria quota di legittima.

Nel caso di specie la moglie ed i figli di Tizio avevano accettato l’eredità con beneficio di inventario prima dell’esperimento dell’azione di riduzione ed a nulla valeva l’assenza di beni immobili nell’eredità, circostanza valorizzata dalla Corte d’appello, in quanto ciò non escludeva l’esistenza di qualche attività. Sarebbe invece spettato agli attori, che secondo gli Ermellini avevano acquistato la qualità di eredi con l’accettazione, dare prova di aver accettato una damnosa hereditas ovvero un’eredità del tutto passiva.

Né gli attori avrebbero potuto far valere il disposto di cui all’art. 564 c.c. laddove permette l’esperimento dell’azione di riduzione anche nel caso in cui vi sia stata la decadenza dal beneficio, perché nel caso di specie gli attori non avevano compiuto l’inventario nel termine di tre mesi previsto dalla legge e non sussisteva quindi un’ipotesi di decadenza.

Al riguardo la Corte di Cassazione ha ben ricordato che l’accettazione beneficiata è fattispecie a formazione progressiva e l’accettazione va preceduta o seguita dall’inventario nei termini dettati dal legislatore. Gli attori quindi non avevano perduto ex post il beneficio, ma non lo avevano mai conseguito.

La decadenza del beneficio viene infatti collegata a condotte dell’erede successive alla redazione dell’inventario correttamente compiuto.

In conclusione, la Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte d’appello di Caltanissetta in diversa composizione.

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli