Domanda di revocazione ex art. 395 n. 3 c.p.c. a seguito di rinvenimento di scritture di ricognizione di dazioni di denaro dal de cuius al legittimario pretermesso

07 FEBBRAIO 2025 | Successioni e donazioni

di Avv. Alessandra Buzzavo

Con la sentenza pubblicata il 2.01.2024 n. 875/2024 il Tribunale di Rimini ha rigettato una domanda di revocazione di sentenza non definitiva promossa da una coerede sulla base del rinvenimento di scritture private tra il padre, poi defunto, ed il fratello (legittimario pretermesso dalla successione paterna), che davano ricognizione di dazioni di denaro dal primo al secondo.

IL CASO. La coerede Caia, soccombente in una causa di riduzione promossa dal creditore del fratello Tizio, totalmente pretermesso dalla successione del padre in ragione di testamento pubblico che istituiva eredi solo il coniuge e gli altri due figli, promuoveva giudizio di revocazione ex art. 395, n. 3, c.p.c. sulla base del rinvenimento di scritture private. Dette scritture risultavano sottoscritte dal padre e dal fratello legittimario pretermesso e davano ricognizione di elargizioni di somme di denaro dal primo al secondo. In tale contesto la coerede Caia chiedeva la revocazione della sentenza non definitiva, emessa nella causa di merito relativa all’azione di riduzione (nella quale Caia era rimasta contumace), che aveva accertato la legittimazione del creditore a revocare la rinunzia all’azione di riduzione da parte del legittimario pretermesso Tizio e la conseguente legittimazione ad agire in riduzione in surrogatoria, rimettendo la causa in istruttoria per la quantificazione della quota di legittima spettante. Nello specifico, secondo la coerede Caia, revocata la sentenza non definitiva, il Tribunale avrebbe dovuto negare l’azione del creditore del fratello Tizio, prendendo atto del ricevimento da parte dello stesso di somme di denaro dal padre, pari alla quota di legittima allo stesso spettante.

LA SENTENZA. Per quanto qui rileva, il Tribunale ha rigettato la domanda di revocazione promossa da Caia sotto due distinti profili.

In primo luogo, i giudici di primo grado hanno ritenuto che le scritture prodotte da Caia nella causa di revocazione non rivestissero il carattere della decisività in ordine alla statuizione assunta nella sentenza non definitiva relativa alla sussistenza della legittimazione del creditore di revocare la rinunzia di Tizio all’azione di riduzione e di surrogarsi allo stesso nell’azione di riduzione contro gli altri coeredi.

Nello specifico la sentenza ha rilevato che “nel caso in esame occorre, pertanto, verificare se i documenti sui quali fonda la domanda di revocazione avrebbero avuto natura di documento decisivo nel procedimento relativo alla sentenza impugnata e se la mancata conoscenza delle scritture private sia riconducibile a causa di forza maggiore o meno. Detta analisi presuppone una previa ricostruzione della nozione di documento decisivo e di causa di forza maggiore. In relazione alla decisività, la giurisprudenza di Cassazione ha affermato che ai fini dell’impugnazione per revocazione ex art. 395, primo comma, n. 3 c.p.c., deve ritenersi decisivo il documento che, oltre ad essere stato ritrovato dopo la sentenza, sia astrattamente idoneo, se acquisito agli atti, a formare un diverso convincimento del giudice, e perciò a condurre ad una decisione diversa da quella revocanda, attenendo a circostanze di fatto risolutive che il giudice non abbia potuto esaminare. Di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione per revocazione straordinaria, è necessario che la parte indichi nel ricorso anche le ragioni relative alla asserita decisività dei documenti stessi (Cassazione civile, sez. trib., 19.10.2023, n. 29122).

Pertanto, per documento decisivo si intende quello che dia la prova di fatti che, se il giudice avesse potuto conoscere al momento della sua decisione, avrebbero portato ad un diverso convincimento; il documento sopravvenuto, in sostanza, deve essere idoneo a fondare una diversa decisione.

Nel caso di specie, i documenti sui quali fonda la domanda di revocazione proposta dalla (coerede Caia) sono rappresentati da delle scritture private, nelle quali il (de cuius) e il figlio (Tizio) hanno dato atto della dazione che il primo ha effettuato nei confronti del secondo di somme di denaro. Più nel dettaglio, nei documenti identificati con l’appellativo di scritture private sono stati riconosciuti i versamenti che il (de cuius) ha corrisposto in favore del figlio, versamenti che per espressa statuizione delle parti il sig. (Tizio) avrebbe dovuto imputare quale quota anticipata della eredità in caso di morte del padre.

Dette scritture, pertanto, non sono qualificabili quali donazioni, in quanto per espressa statuizione normativa la donazione deve essere fatta per atto pubblico sotto pena di nullità (art. 782 c.c.). La donazione, quindi, è un contratto a struttura forte ossia un negozio per il quale ai fini della validità non è sufficiente l’accordo orale delle parti ma è richiesta la forma scritta dell’atto pubblico che deve essere redatto alla presenza di due testimoni. La ragione giuridica per la quale il legislatore postula tale forma quale requisito di validità dell’atto è rappresentato dalla cosiddetta debolezza causale della donazione. La donazione, infatti, determina uno spostamento patrimoniale unilaterale sorretto dall’animus donandi di colui che effettua la prestazione. Il donante non consegue alcuna prestazione quale corrispettivo della sua dazione e tale atto, di conseguenza, determina l’arricchimento unilaterale di una sola delle parti, ossia del donatario. Di conseguenza, il legislatore dispone che tale atto venga redatto da un pubblico ufficiale ossia un Notaio il quale, alla presenza di due testimoni, ha il compito di accertare la consapevolezza e la effettività del volere del donante.

Nel caso di specie gli atti che sono stati allegati dalla sig.ra (Caia), per le motivazioni sopra indicate, non sono qualificabili quali donazioni ma rivestono la natura di atti ricognitivi dell’avvenuto trasferimento di somme di danaro tra il (de cuius) e (il figlio Tizio).

Tali atti, pertanto, non avrebbero avuto natura decisiva nel giudizio relativo alla azione revocatoria e surrogatoria esercitata dalla società (creditore), in quanto le scritture private non costituiscono l’atto dal quale ha originato lo spostamento patrimoniale tra il (de cuius) e il figlio (Tizio) ma costituiscono una eventuale prova di tale negozio. Avrebbe avuto natura di documento decisivo il rinvenimento dell’atto di donazione intercorso tra il (de cuius) e il (figlio Tizio), poiché solo tale documento avrebbe potuto fondare un diverso convincimento del Collegio tale da condurre ad una diversa decisione nel procedimento RG n. XXX. Giova altresì evidenziare che il medesimo valore probatorio dei documenti posti a fondamento di questo procedimento di revocazione è assunto dalle disposizioni testamentarie del (de cuius) nelle quali egli ha espressamente pretermesso il figlio (Tizio) dando atto di avergli già corrisposto in vita somme di denaro equivalenti alla sua quota di legittima (“quanto a mio figlio ……, avendo lo stesso ricevuto negli anni importi di denaro almeno equivalenti alla quota di legittima a lui spettante per legge, nulla lascio a suo favore”).

In relazione alla qualifica giuridica e alla efficacia probatoria della dichiarazione contenuta in un testamento, con la quale il de cuius dà atto di aver effettuato una donazione in favore di un dato soggetto, tale disposizione deve essere qualificata quale atto avente efficacia di confessione stragiudiziale. Sul punto, la Corte di Cassazione ha affermato che il tratto peculiare della dichiarazione confessoria contenuta in un testamento, avente, per quanto detto, efficacia post mortem, è che essa assume necessariamente rilevanza probatoria non contro il de cuius, quanto, all'interno del giudizio in cui è dedotto il rapporto giuridico di cui il confitente era parte, contro l’erede che in tale rapporto sia subentrato. Pertanto, nella controversia promossa dai legittimari che agiscono in riduzione e per l’accertamento di una donazione dissimulata compiuta dal de cuius in favore di altro legittimario istituito erede, la dichiarazione contenuta nel testamento, con la quale il medesimo testatore assuma di aver donato il bene apparentemente venduto, deve essere assimilata ad una confessione stragiudiziale, trattandosi di affermazione vantaggiosa per i legittimari e sfavorevole per l’erede, al quale il valore confessorio di tale dichiarazione può essere opposto, in quanto subentrante nella medesima situazione del proprio dante causa (Cassazione civile, sez. II, 08.06.2022, n. 18550). La medesima efficacia probatoria può essere estesa anche ad una scrittura privata redatta in vita dal de cuius, nella quale questi riconosce di aver versato in favore di un dato soggetto una data somma di denaro.

Pertanto, le scritture private allegate dalla sig.ra (Caia) nel presente giudizio hanno il medesimo valore giuridico della dichiarazione contenuta nel testamento che era già noto alla sig.ra (Caia) e che la stessa avrebbe potuto far valere nel procedimento RG XXX qualora si fosse regolarmente costituita. Per le ragioni esposte, le due scritture private del ___ dicembre ___ e del ____ ottobre __ sono prive del requisito della decisività e da ciò consegue il rigetto della impugnazione proposta dalla (coerede Tizia).”

Sotto l’ulteriore profilo, il Tribunale ha ritenuto che la mancata costituzione di Caia nel giudizio di primo grado era dipesa da negligenza della stessa e non da forza maggiore così difettando i requisiti ed i presupposti dell’azione di revocazione dalla stessa promossa. In particolare nella sentenza è stato evidenziato che

L’esame della giurisprudenza citata conduce ad affermare che la sola forma di ignoranza che giustifica la revocazione ex art. 395 n. 3 c.p.c. è quella assoluta ed inevitabile. La ratio di questa interpretazione restrittiva della norma citata fonda su quella che è la stessa natura di tale mezzo di impugnazione. Trattandosi di un mezzo di impugnazione esperibile avverso una sentenza già passata in giudicato e che, quindi, deroga alla regola della intangibilità e della stabilità del giudicato, detto mezzo è esperibile alla condizione che il soggetto non abbia avuto alcuna possibilità di conoscere il documento fatto valere.

Nel caso di specie, la domanda di revocazione proposta dalla sig.ra (Caia)  fonda su delle scritture private che sono state da lei rinvenute dopo che in data 3 giugno XXX il fratello (Tizio) le ha comunicato di aver sottoscritto insieme al padre due scritture private contenenti la precisazione delle somme versategli in vita, per l’ammontare complessivo di euro XXXXXXX. La stessa attrice ha dichiarato di averle rinvenute in data 6 giugno XXX nella casa del defunto padre dopo aver ricevuto la dichiarazione del fratello, e di essersi prontamente costituita nel precedente giudizio chiedendo la rimessione in termini.

Pertanto, manca il requisito della non imputabilità alla sig.ra (Caia) della produzione di tali documenti nel precedente grado di giudizio per le seguenti ragioni.

Difetta il requisito richiesto ai fini della ammissibilità della domanda di revocazione della causa di forza maggiore, intesa quale ignoranza assoluta della esistenza del documento, in quanto la sig.ra (Caia) ha tenuto una condotta negligente, essendo nella condizione di conoscere della esistenza di donazioni fatte in vita dal padre in favore del fratello (Tizio) sulla base dello stesso contenuto delle disposizioni testamentarie. Nel testamento pubblico di data ______ si legge che: “quanto a mio figlio (Tizio), avendo lo stesso ricevuto negli anni importi di denaro almeno equivalenti alla quota di legittima a lui spettante per legge, nulla lascio a suo favore”. Detta disposizione testamentaria costituisce prova che la sig.ra (Caia) era a conoscenza del fatto che fossero state fatte delle donazioni dal padre in favore del fratello. Pertanto, la stessa, tenendo un comportamento conforme al canone della diligenza, avrebbe potuto ricostruire le dazioni ricevute dal fratello, anche cercando la relativa documentazione nella casa del padre prima della proposizione della impugnazione per revocazione. A ulteriore conferma della imputabilità alla condotta negligente della sig.ra (Caia) della mancata produzione nel giudizio R.G. n. XXX, si evidenzia che la stessa ha avuto piena contezza della esistenza delle scritture private poste a fondamento della revocazione non già da un soggetto a lei sconosciuto, ma dal fratello.

Lo stesso luogo nel quale le scritture private sono state rinvenute costituisce elemento dal quale è possibile desumere la imputabilità alla negligenza della sig.ra (Caia) della mancata produzione di tali documenti nel corso del procedimento R.G. n. XXX. I documenti, come riferito dall’attrice e come confermato dalle dichiarazioni rese dal suo compagno, sono stati trovati nella casa dove in vita abitava il padre della sig.ra (Caia) e alla quale la stessa aveva libero accesso. Più nel dettaglio, tali documenti sono stati scoperti il ___________, quindi, tre giorni dopo che la sig.ra (Caia) ha avuto conoscenza della loro esistenza. Il ridotto lasso temporale che è intercorso tra il giorno in cui il sig. (Tizio) ha comunicato alla sorella della esistenza delle scritture private e quello in cui sono state rinvenute conferma che l’attrice non fosse in una condizione di oggettiva e assoluta impossibilità di avere conoscenza di tali documenti. Le stesse attività di ricerca non hanno comportato uno sforzo tale da poter qualificare la causa della mancata produzione nel giudizio R.G. n. XXX  quale causa di forza maggiore”.

In conclusione il Tribunale ha rigettato la domanda di revocazione promossa da Caia ex art. 395, n. 3, c.p.c. sotto il duplice profilo della non decisività dei documenti posti a fondamento della domanda (le scritture private rinvenute) e della imputabilità alla stessa della mancata produzione nel giudizio di merito (esclusa pertanto la forza maggiore).

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