Rette di ricovero della RSA: quando sono a carico del servizio sanitario nazionale?

12 DICEMBRE 2024 | Salute

di Avv. Rebecca Gelli

Nella controversia in oggetto, il figlio di una paziente affetta da morbo di Alzheimer agiva in giudizio contro la Regione Lombardia e l’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Milano, per chiedere l’accertamento della nullità del contratto con cui si era impegnato a compartecipare alla spesa relativa alle rette di ricovero della madre, ospite di una residenza sanitaria.

Il Tribunale di Milano, prima, la Corte d’Appello di Milano, poi, hanno rigettato la domanda. La Cassazione ha, invece, ribaltato l’esito dei primi due gradi di giudizio, condannando gli enti alla restituzione dei corrispettivi, indebitamente percepiti, nei due anni precedenti.

I resistenti invocavano le norme contenute nel D.P.C.M. 14 febbraio 2001, recante “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”, che distingue tra:

  1. prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, caratterizzate da particolare rilevanza e intensità della componente terapeutica, erogate nella fase post-acuta della patologia e poste a carico del fondo sanitario nazionale;
  2. prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento degli esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell’ambito di strutture residenziali e semiresidenziali e poste a carico delle aziende unità sanitarie locali;
  3. prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, destinate a supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione che ne condizionano la salute, erogate nelle fasi di lungoassistenza e prestate con ripartizione del costo, per metà, a carico del servizio sanitario nazionale e, per l’altra metà, a carico dei Comuni, con il contributo degli utenti.

Il ricorrente lamentava, invece, la violazione e falsa applicazione della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale e delle disposizioni che prevedono livelli essenziali e uniformi di assistenza, nel rispetto del bisogno di salute e della dignità della persona umana, con particolare riguardo all’art. 30 della l.n. 730/1983, che pone a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri economici delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali.

La sentenza in commento, richiamandosi a consolidata giurisprudenza di legittimità, ha accolto l’unico motivo di ricorso, ribadendo che, al fine di stabilire il regime di accollo delle spese di ricovero, non va attribuita alcuna rilevanza alla presunta prevalenza delle prestazioni di natura sanitaria, rispetto a quelle assistenziali, ma dev’essere compiuto uno scrutinio sull’effettiva esistenza di un nesso di strumentalità necessaria tra i due aspetti della prestazione.

Si riafferma, dunque, il principio di diritto in base al quale le prestazioni socio-assistenziali che appaiano inscindibilmente connesse a quelle sanitarie sono incluse in quelle a carico del servizio sanitario nazionale e soggette a regime di gratuità per il cittadino (Cass. civ. n. 34590/2023; Cass. civ. n. 2038/2023).

La valutazione in ordine all’inscindibilità delle prestazioni dev’essere effettuata in concreto, tenuto conto della patologia da cui è affetto il degente, del suo stadio di evoluzione al momento del ricovero e della prevedibile evoluzione successiva.

Con specifico riferimento ai soggetti gravemente affetti da morbo di Alzheimer o demenza senile, l’attività prestata dall’istituto di cura è, di norma, di competenza del servizio sanitario nazionale, senza oneri per il cittadino: in tali casi, infatti, salvo prova contraria, le prestazioni di natura sanitaria non possono essere eseguite se non congiuntamente a quelle di natura socio assistenziale; cosicché la componente alberghiera resta assorbita all’interno dei servizi comunque diretti alla tutela della salute (Cass. civ. n. 4558/2012).

Accolto quindi il ricorso, la Corte ha cassato la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'Appello di Milano, che in diversa composizione, dovrà procedere ad nuovo esame in applicazione dei suesposti principi.

Dalla nullità dell’accordo dovrebbe, infatti, discendere il venir meno l'impegno al pagamento delle rette, con conseguente ripetibilità delle somme già versate dai parenti del paziente ed irrecuperabilità di eventuali insoluti.

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